Concorsi ed esami – Giudizio commissione di sindacabilità solo per macroscopico errore logico

Concorsi ed esami – Giudizio commissione di sindacabilità solo per macroscopico errore logico

1. Il ricorso è parzialmente inammissibile e infondato nel resto, sulla scorta delle seguenti ragioni.

2. Va anzitutto accolta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’università e della ricerca, tenuto conto del fatto che non risulta impugnato alcun atto riferibile all’anzidetta amministrazione.

3. Dando seguito all’avviso di cui all’ordinanza n. 1686/2025, il ricorso va poi dichiarato parzialmente inammissibile sotto i profili ivi rilevati.

3.1. Sono in primo luogo inammissibili le doglianze di cui al primo motivo di ricorso su nomina e composizione della commissione di concorso, posto che parte ricorrente non ha mai chiesto l’integrale annullamento degli atti impugnati, ma il loro annullamento nella parte in cui ella non ha conseguito una valutazione favorevole nella seconda prova.

Ciò rende inammissibili i profili di ricorso, articolati con il primo ordine di censure, volti a contestare pretese illegittimità nell’individuazione dei commissari. Dal loro eventuale accoglimento discenderebbe, infatti, la caducazione dell’intera procedura concorsuale; non il mero inserimento in graduatoria della ricorrente. La quale, laddove avesse inteso ottenere l’integrale caducazione della graduatoria al fine di una possibile riedizione della procedura concorsuale avrebbe potuto (e dovuto) formulare un’apposita istanza in tale senso.

Com’è noto, il processo amministrativo è retto:

– dal principio dispositivo, sicché la sua funzione è quella di dare soddisfazione all’interesse del ricorrente, nei termini voluti dal ricorrente stesso, che della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio può, entro certi limiti, disporre (Cons. St., sez. II, 9 gennaio 2023, n. 249);

– dal principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, che comporta il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene della vita non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda (Cons. St., Ad. pl. n. 5/2015).

Tali principi, se consentono indubbiamente alla parte di gradare i motivi di ricorso, vincolando il giudice all’ordine di esame preferito dalla parte (Cons. St., Ad. pl. n. 5/2015), d’altra parte non possono spingersi sino a proporre domande del tutto incoerenti con i motivi posti alla base delle medesime.

Diversamente opinando si addiverrebbe all’assurda conclusione per cui, a fronte di un motivo di ricorso volto a contestare in radice la corretta composizione di una commissione di concorso, la conseguente pronuncia giurisdizionale dovrebbe essere quella di inserire in graduatoria il concorrente valutato in modo insufficiente dalla commissione di concorso (e non quella di caducare a monte l’intera procedura concorsuale; pronuncia che, come detto, andrebbe espressamente richiesta dalla parte).

Con il conseguente venir meno della necessaria coerenza tra oggetto della domanda (art. 40, c. 1, lett. b, c.p.a.), motivi specifici su cui si fonda il ricorso (art. 40, c. 1, lett. d, c.p.a.) e provvedimenti chiesti al giudice (art. 40, c. 1, lett. f, c.p.a.).

3.2. Parimenti inammissibile è la doglianza di parte ricorrente in ordine alla mancata previa predeterminazione dei titoli di servizio, posto che – al di là di quanto già detto in ordine alla mancanza di una domanda caducatoria dell’intera graduatoria – la ricorrente non ha nemmeno prospettato una differente valutazione degli stessi, a sé più favorevole.

3.3. Così come è inammissibile la doglianza inerente alla genericità dei criteri di valutazione della prova non superata dalla ricorrente medesima, in quanto detta censura è stata articolata unicamente in sede di memoria, laddove parte ricorrente – che ben conosceva gli anzidetti criteri, avendo prodotto in uno al ricorso anche il verbale n. 6, che detti criteri ha articolato – avrebbe dovuto contestarli con il ricorso introduttivo, concentrato invece sulla differente questione dell’omessa predeterminazione dei suddetti criteri.

4. Ciò posto, può dirsi dell’infondatezza della restante parte del ricorso.

4.1. Il primo motivo di ricorso – ammissibile limitatamente alla doglianza dell’omessa predeterminazione dei criteri di valutazione di cui all’art. 7, c. 13, del bando di cui alla seconda prova pratica – non può trovare accoglimento per le seguenti considerazioni.

L’art. 7, c. 13, del bando prevede che la commissione debba predeterminare “i criteri specifici di valutazione che verranno pubblicati sul sito dell’istituzione prima dell’inizio dei lavori, coerentemente con i criteri determinati nel presente bando di partecipazione“.

Con specifico riguardo alla seconda prova pratica, l’art. 9, c. 4, del bando prevede la predeterminazione dei criteri di valutazione “in sede di primo insediamento“. È dunque a tale norma specifica che occorre fare riferimento con riguardo alla prova in questione; e non alla generica previsione di cui all’art. 7, c. 13, del bando, richiamata invece da parte ricorrente.

Per quanto, nel caso di specie, i criteri di valutazione della seconda prova pratica sono stati definiti con il verbale n. 6 del 18 maggio 2024 nei seguenti termini: “insufficiente, sufficiente, discreto, buono, ottimo relazionati rispetto al soggetto di fuga assegnato e all’elaborato svolto (cfr. all. 8 di parte ricorrente, p. 2) e, dunque, non in sede di primo insediamento, tale irregolarità non può sfociare nella radicale illegittimità della valutazione, posto che i criteri di valutazione sono stati comunque stabiliti prima dello svolgimento della specifica prova in questione.

Tale conclusione è coerente con la giurisprudenza del giudice di appello, il quale ha avuto modo di affermare che “la conoscenza dei criteri di valutazione delle prove concorsuali dopo lo svolgimento delle stesse non sembra contrastare né con l’art. 12, comma 1, del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (per cui: “Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove”), né con i principi di imparzialità e trasparenza cui è finalizzata tale norma, essendo incontestato, nel caso di specie, che i criteri valutativi, comunque, sono stati elaborati prima dell’inizio dell’avvio delle prove tra i concorrenti” (C.g.a.r.s., sez. giurisd., 29 giugno 2023, n. 427; nello stesso senso, Cons. St., sez. V, 10 novembre 2022, n. 9845).

4.2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso.

Al riguardo, è appena il caso di rammentare che ” ai fini della contestazione del giudizio negativo di una prova scritta di un concorso, la perizia di parte, così come un parere pro veritate non può essere contrapposta all’attività di valutazione della commissione connotata da discrezionalità tecnica. Valutazioni di tale genere sono sostanzialmente irrilevanti ai fini di confutare il giudizio della commissione, in quanto spetta a quest’ultima la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi e, a meno che non ricorra l’ipotesi residuale del macroscopico errore logico, non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo (Cons. Stato, IV, 7 giugno 2021, n. 4331; III, 24 maggio 2021, n. 4018)” (Cons. St., sez. VII, 4 aprile 2024, n. 3070).

Nel caso di specie, la perizia prodotta da parte ricorrente parte peraltro dal presupposto che la prova del candidato n. 285 “non è stata visionata dal sottoscritto docente” ed è stata quindi resa “esclusivamente sul giudizio dato dalla commissione“. Tale circostanza erode in radice l’attendibilità delle conclusioni del perito.

Nel merito, da un mero confronto tra la valutazione resa dal ricorrente all’esito del reclamo e quella del candidato n. 285 emergono giudizi sintetici del tutto differenti:

– quanto alla ricorrente, il giudizio sintetico è il seguente: “fuga correttamente strutturata. Presenta numerosi e reiterati errori di alterazioni, errori armoni, contrappuntistici. L’armonia è spesso orientata a toni assai lontani dal contesto“;

– quanto al candidato n. 285, il giudizio sintetico è il seguente: “fuga ben strutturata ma stilisticamente poco coerente. Presenta passaggi con figurazioni poco pertinenti col contesto. Presenta errori nella conduzione delle parti. Spesso il flusso armonico è contorto e non sempre chiaro“.

I giudizi sintetici sono poi esplicitati in ulteriori considerazioni di dettaglio, in cui sono esplicitati i differenti errori dei candidati.

Dalla mera lettura delle anzidette valutazioni si comprende come esse siano profondamente differenti; risulta pertanto coerente che, in un caso,

la presenza di “numerosi e reiterati errori” abbia determinato l’insufficienza e, nell’altro caso, in presenza di una “fuga ben strutturata“, gli errori rilevati (non numerosi, né reiterati) abbiano determinato la sufficienza.

5. Stante quanto precede, estromesso dal giudizio il Ministero resistente, il ricorso è in parte inammissibile e va rigettato nella restante parte perché infondato.

Tenuto conto del fatto che parte ricorrente è già stata condannata in fase cautelare alla rifusione delle spese di lite (la cui statuizione è qui espressamente confermata ex art. 57, c.p.a.) e che le ragioni del mancato accoglimento del ricorso sono in buona parte le medesime già espresse in sede cautelare, queste ultime possono trovare in questa sede compensazione tra le parti costituite.

Nulla sulle spese di lite con riguardo alle parti private non costituite.

TAR SICILIA – PALERMO, II – sentenza 29.09.2025 n. 2107

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