Giurisdizione e competenza – Atto giudiziario, notifica a mezzo PEC e avviso di “casella piena” del destinatario

Giurisdizione e competenza – Atto giudiziario, notifica a mezzo PEC e avviso di “casella piena” del destinatario

1. Con il primo motivo di ricorso, sostanzialmente articolato in riferimento al n. 3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., l’architetto Onorati ha lamentato la violazione dell’art. 149 bis cod. proc. civ. come inserito dall’art. 4, comma 8, del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modif., in l. 22 febbraio 2010, n. 24, osservando che il primo procedimento di notificazione del provvedimento disciplinare non si sarebbe perfezionato, attesa la mancata ricezione, da parte dell’organo notificante, della ricevuta di avvenuta consegna, effettivamente preclusa dalla casella piena; in conseguenza, il Consiglio avrebbe dovuto considerare soltanto, quale decorrenza iniziale del termine di impugnazione,  la seconda notifica, eseguita a mezzo raccomandata. Il motivo è fondato.  Il Consiglio Nazionale ha reputato valida ai fini della decorrenza del termine di impugnazione la prima notifica perché ha considerato equipollente il messaggio di «casella piena» al messaggio di avvenuta consegna: richiamando la sentenza n. 5646 del 2021 della Sezione lavoro di questa Corte (non massimata) e l’ordinanza n.3164 del 2020 della Sezione terza, sottosezione VI, ha sottolineato, infatti, che, per il principio di autoresponsabilità, l’imputabilità al destinatario -3- Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2022 n. 6625 sez. S2 – ad. 11-3-2025                                                                            dell’omesso svuotamento della casella  giustifica la fictio iuris della equiparazione tra consegna effettiva e consegna soltanto tentata.  Tale motivazione, tuttavia, non è condivisibile da questo Collegio perché l’equiparazione pregiudica il diritto di difesa e il diritto al contraddittorio come sanciti dagli art. 24 e 111 della Cost.  È necessario, infatti, considerare che la notifica della delibera disciplinare è stata eseguita dall’Ufficiale giudiziario a mezzo posta elettronica certificata, ai sensi dell’art. 149 bis cod proc. civ. (nella formulazione applicabile ratione temporis, come introdotta dall’art. 4, comma 8, del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modif., in l. 22 febbraio 2010, n. 24, vigente  fino al 28 febbraio 2023, prima della modifica operata dall’art. 3, comma 11, lett. e), numero 2), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149). Con la sentenza n. 28452 del 05/11/2024, le Sezioni Unite, chiamate a stabilire se la notificazione a mezzo PEC di un atto processuale, eseguita dall’avvocato in base alla legge 21 gennaio 1994, n. 53, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, possa ritenersi perfezionata nel caso in cui il sistema restituisca al mittente un avviso di mancata consegna al destinatario con l’attestazione di «casella piena», hanno, prima ancora, rimarcato che le garanzie di difesa e di tutela del contraddittorio devono essere improntate a canoni di effettività e di parità” (Corte cost., sentenza n. 3 del 2010; analogamente Corte cost., sentenza n. 67 del 2019), essendo lo scopo della comunicazione/notificazione proprio quello di assicurare al destinatario la possibilità, non meramente teorica, di conoscere l’atto del processo (Corte cost., sentenze 346 del 1998 e n. 175 del 2018; tra le altre anche Cass., 4 marzo 2020, n. 6089). -4- Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2022 n. 6625 sez. S2 – ad. 11-3-2025                                                                            Pertanto, la violazione dell’onere di diligenza e la connessa autoresponsabilità per aver lasciato la casella satura e, in conseguenza, l’omessa consegna possono essere posti a carico del destinatario della notificazione soltanto se risulti comunque assicurata la conoscibilità dell’atto/attività processuale che del diritto di difesa è presupposto necessario (Corte cost., sentenza n. 146 del 2016).  Le Sezioni Unite hanno anche sottolineato – per quel che qui rileva – che, secondo il comma terzo dell’art. 149-bis cod. proc. civ., il perfezionamento della notifica si determina nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. Il sintagma «rende disponibile» utilizzato dal legislatore non soltanto è, di per sé, neutro (così la citata Cass. n. 40758/2021), ma rinviene un significato suo proprio se letto nell’intero sviluppo del periodo nel quale è inserito e, quindi, nel contesto della norma complessivamente considerata: il documento informatico notificato telematicamente dall’ufficiale giudiziario deve, dunque, essere reso disponibile al destinatario nella sua casella di PEC e ciò non accade nel caso di mancata consegna, sia per causa imputabile al destinatario, sia per ragioni oggettive ad esso estranee.  La conferma in tal senso si rinviene dalla ulteriore disciplina dettata dall’art. 149-bis cod. proc. civ., laddove non è imposta l’esclusività del canale telematico per la notificazione (primo comma), ma è previsto, segnatamente, che l’ufficiale giudiziario, «(e)seguita la notificazione» (quinto comma), restituisca al mittente, oltre all’atto notificato e alla relazione di notificazione, anche gli allegati previsti dal quinto comma (comma sesto) e, cioè, le «ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via -5- Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2022 n. 6625 sez. S2 – ad. 11-3-2025                                                                            telematica» (quinto comma). La restituzione al mittente della ricevuta di consegna è da intendersi, allora, come prova della consegna effettivamente avvenuta ai sensi del citato art. 6 del d.P.R. n. 68/2005 (la RdAC), ossia di consegna che abbia avuto buon fine alla stregua della modalità di volta in volta stabilita dal legislatore. Ciò perché è l’effettività della conoscibilità a rilevare: per le notifiche/comunicazioni effettuate nel procedimento civile ai soggetti obbligati a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, il legislatore ha previsto, infatti, che, in ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario (per casella satura, ad esempio), la conoscibilità sia assicurata dall’avviso al portale dei servizi telematici dell’avvenuto deposito in cancelleria. La mancata verifica della effettiva conoscibilità preclude, pertanto, l’operatività di una fictio iuris. Diversamente non può ritenersi neppure considerando l’equiparazione, prevista dall’art. 138, secondo comma, cod. proc. civ., tra la notificazione in mani proprie e il rifiuto della notifica da parte del destinatario: il rifiuto di ricevere la copia dell’atto che l’ufficiale giudiziario sta tentando di consegnare è, infatti, espressione di un intenzionale contegno del destinatario stesso, che non è dato assimilare alla responsabilità, in ipotesi anche colposa, di lasciare satura la casella di p.e.c. (così Cass. n. n. 40758/2021) e che, soprattutto, presuppone comunque l’avvenuta cognizione della tentata notifica da parte del destinatario; come detto, nella mancata consegna della notificazione telematica ad istanza di parte, invece, non risulta  che il destinatario abbia avuto la possibilità di conoscere l’avvenuto tentativo di consegna. -6- Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ric. 2022 n. 6625 sez. S2 – ad. 11-3-2025                                                                            Per queste considerazioni la decisione impugnata deve essere cassata, non risultando verificata la conoscibilità della delibera non consegnata nella casella perché satura e, in conseguenza, il perfezionamento della notifica ai fini della decorrenza del termine di impugnazione. 2. Dall’accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento del secondo motivo, con cui il ricorrente ha denunziato la violazione del comma 8 dell’articolo 8 del regolamento recante la riforma degli ordinamenti professionali secondo cui il collegio che esercita funzioni disciplinari non può essere composto da consiglieri che esercitino funzioni amministrative (in particolare, alcuni dei componenti sarebbero stati competitori nelle elezioni per la nomina dei Consiglieri nazionali). 3. Logicamente assorbito è, altresì, il terzo motivo, con cui l’architetto ha dedotto la violazione dell’art. 44 del regio decreto 2537 del 1925, degli articoli 24 e 11 della Costituzione e 6 CEDU per indeterminatezza delle contestazioni. Per effetto della cassazione della pronuncia, il Consiglio Nazionale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori provvederà in diversa composizione all’esame dell’impugnazione proposta da Francesco Onorati avverso il provvedimento del 6 ottobre 2020 del Consiglio di disciplina dell’Ordine degli architetti di Foggia in applicazione dei principi esposti al punto 1.2. In applicazione dell’art. 385 comma III prima parte cod. proc. civ., le spese di legittimità, liquidate in dispositivo, sono poste a carico del Consiglio dell’ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Foggia.

CORTE DI CASSAZIONE, II CIVILE – ordinanza 12.09.2025 n. 25084

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live