Con ricorso notificato in data 28 novembre 2024 la società ha impugnato: a) l’ordinanza contingibile e urgente del Sindaco di Riposto n. 18 del 16 novembre 2024, con cui è stato prorogato il servizio di spazzamento, raccolta e trasporto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani differenziati e indifferenziati, compresi quelli assimilati, oltre altri servizi di igiene pubblica, per il periodo “17 novembre 2024-16 febbraio 2025”, alle condizioni tecnico-esecutive ed economiche di cui al contratto n. 2080 in data 11 ottobre 2016; b) la determinazione del Responsabile del Servizio n. 219 del 15 aprile 2024 (di proroga del servizio sino al 16 ottobre 2024), l’ordinanza contingibile e urgente n. 9 del 16 ottobre 2024 (di proroga del servizio sino al 16 novembre 2024) e la nota n. 28910 del 28 novembre 2024 (di riscontro all’atto di significazione e diffida).
La società ha anche chiesto la condanna del Comune di Riposto a corrispondere, anche a titolo risarcitorio o indennitario, il corrispettivo equo per lo svolgimento dei servizi di igiene urbana per il periodo coincidente con quello oggetto dei menzionati provvedimenti dell’Amministrazione.
Nel ricorso, in sintesi, si rappresenta in fatto e diritto quanto segue: a) la ricorrente ha gestito i servizi di cui si è detto presso il Comune di Riposto a seguito di cessione di ramo d’azienda e sulla base del menzionato contratto stipulato nell’anno 2016, con scadenza nell’anno 2023; b) dopo la scadenza del contratto il Comune ha adottato proroghe tecniche, senza avviare la procedura per un nuovo affidamento; c) secondo l’art. 120, comma 11, del decreto legislativo n. 36/2023, le proroghe sono consentite solo in casi eccezionali e per un periodo limitato (art. 120, comma 11, del decreto legislativo n. 36/2023); d) l’ultima proroga (disposta con ordinanza n. 18 del 16 novembre 2024) è stata adottata senza indizione di una nuova gara; e) i provvedimenti contestati sono stati assunti in difetto dei presupposti della eccezionalità e dell’urgenza, in quanto non si riferiscono a situazioni temporanee e imprevedibili, ma a circostanze imputabili al Comune; f) il corrispettivo stabilito per il servizio si riferisce ai valori del contratto scaduto nell’anno 2023, senza alcun adeguamento, e ciò ha determinato uno squilibrio di natura economica e finanziaria per la società; g) il Comune non ha tenuto conto delle difficoltà economiche rappresentate dalla società, la quale ha più volte segnalato l’impossibilità di proseguire il servizio alle condizioni prescritte; h) l’Amministrazione avrebbe potuto far ricorso ad un affidamento diretto temporaneo (art. 76 del decreto legislativo n. 36/2023), garantendo così il servizio senza ricorrere a proroghe; i) il Comune ha anche applicato penali e decurtazioni, aggravando ulteriormente la posizione economica della società; l) non è stato garantito alla ricorrente un contraddittorio procedimentale adeguato e non è stata effettuata alcuna verifica in ordine all’idoneità del corrispettivo a coprire i costi del servizio.
L’Ufficio Territoriale del Governo di Catania si è costituito in giudizio con memoria formale in data 9 dicembre 2024.
Con memoria in data 14 dicembre 2024 il Comune di Riposto ha svolto, in sintesi, le seguenti difese: a) l’ente ha adottato le ordinanze di proroga del servizio per l’impossibilità di procedere all’individuazione di un nuovo contraente a causa dei ritardi imputabili alla Società per la Regolamentazione del Servizio di Gestione dei Rifiuti; b) le ordinanze contingibili e urgenti si sono rese necessarie per garantire la continuità di un servizio essenziale e prevenire emergenze sanitarie; c) è stato osservato il disposto dell’art. 120 del decreto legislativo n. 36/2023 in materia di proroghe tecniche; d) il Comune ha aggiornato i corrispettivi sulla base delle richieste della società; e) il ricorso è, inoltre, parzialmente irricevibile (quanto all’impugnazione delle ordinanze pregresse); f) la richiesta di liquidazione dell’equo compenso non rientra nella giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale.
Con memoria in data 16 dicembre 2024 la ricorrente, nel confermare le proprie difese, ha osservato, in particolare, quanto segue: a) nella specie viene in rilievo l’esercizio di un potere extra ordinem da parte dell’Amministrazione, con determinazione unilaterale del canone – non il mero pagamento di corrispettivi contrattuali – sicché la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo; b) la determinazione unilaterale del canone costituisce una compressione indebita dell’iniziativa economica privata, in violazione degli articoli 23 e 41 della Costituzione, nonché dell’art. 1366 c.c.; c) altre Amministrazioni, come il Comune di Villabate, hanno indetto una gara-ponte per la gestione dei rifiuti; d) il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha stabilito che il protrarsi dell’esecuzione di un contratto scaduto, senza adeguata remunerazione, configura un danno ingiusto e risarcibile; e) alla ricorrente spetta anche il risarcimento dei danni subiti per il pregiudizio patrimoniale derivante dal regime di disequilibrio economico-finanziario che è stato imposto dal Comune.
Con memoria in data 10 marzo 2025 la ricorrente, nel ribadire le proprie difese, ha precisato, in particolare, quanto segue: a) la proroga dei contratti pubblici è vietata dall’art. 6 della legge n. 537/1993, salvo i casi eccezionali regolati dall’art. 120 del decreto legislativo n. 36/2023; b) la giurisprudenza ha chiarito che le proroghe devono essere disposte solo in presenza di circostanze straordinarie e che il mancato avvio di una nuova procedura di gara non giustifica il ricorso sistematico a tale strumento; c) la mancata attivazione di una procedura competitiva configura, altresì, una violazione dei principi di trasparenza e concorrenza, oltre ad esporre l’ente pubblico a possibili censure da parte delle autorità di vigilanza; d) alla data di adozione del provvedimento impugnato il Comune non aveva ancora indetto la procedura di gara per la gestione integrata dei rifiuti e, secondo la normativa, la proroga può esser disposta solo se è già in corso la gara per il nuovo affidamento; e) il Consiglio di Stato ha ribadito che una proroga non può esser disposta senza revisione del corrispettivo; f) la normativa regionale consente ai Comuni di bandire autonomamente gare per l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti, previa autorizzazione del competente Assessorato Regionale e della S.S.R., e l’ANAC ha chiarito che i Comuni possono far ricorso a gare temporanee per evitare l’uso improprio della proroga tecnica; g) a nulla rileva la circostanza che il canone fosse stato adeguato nell’anno 2023, in quanto la normativa impone un aggiornamento periodico in base agli indici di inflazione stabiliti dall’Autorità di regolazione; h) il metodo tariffario MTR 2 di cui alla delibera Arera 3 agosto 2021 363/2021/R/rif, relativa al periodo 2022-2025, contempla un tasso di inflazione dell’8,8% per l’anno 2024, parametro che il Comune avrebbe dovuto applicare per adeguare il corrispettivo riconosciuto alla società.
Con memoria in data 20 marzo 2025 il Comune di Riposto, nel confermare le proprie difese, ha precisato, in particolare, quanto segue: a) una proroga tecnica è stata disposta con determina del 15 aprile 2024 (non impugnata nei termini), mentre le successive “proroghe” sono effetto di ordinanze contingibili e urgenti adottate per motivi di igiene pubblica; b) le censure della ricorrente in merito alle ordinanze n. 9 del 16 ottobre 2024 e n. 18 del 16 novembre 2024 si basano sulla disciplina che regola le proroghe ordinarie, non essendo contestato in via diretta l’esercizio del potere di ordinanza; c) la prima ordinanza, comunque, è ormai priva di efficacia e il suo eventuale annullamento non avrebbe alcuna utilità ai fini della domanda risarcitoria, che, ad ogni buon conto, risulta generica, sfornita di prove e contraddittoria, in quanto da un lato si contesta l’affidamento del servizio e dall’altro se ne assume la validità per richiedere maggiori compensi; d) per ciò che attiene al corrispettivo la società non ha mosso contestazioni specifiche, né ha effettuato raffronti con prezzi di mercato o costi medi.
Con motivi aggiunti, notificati in data 21 marzo 2025 e affidati sostanzialmente alle stesse censure di cui al ricorso introduttivo, la ricorrente ha impugnato l’ordinanza contingibile e urgente del Sindaco di Riposto n. 7 del 16 febbraio 2025, di ulteriore proroga del servizio per il periodo dal 17 febbraio 2025 al 16 giugno 2025 alle condizioni tecnico-esecutive ed economiche di cui al contratto n. 2080 in data 11 ottobre 2016.
Con memoria in data 30 maggio 2025 il Comune di Riposto ha sostanzialmente ribadito le proprie difese.
Anche la ricorrente, con memoria del 12 giugno 2025, ha ribadito le proprie difese.
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio osserva quanto segue.
Va, in primo luogo, affermata la giurisdizione di questo Tribunale sulla controversia in esame.
La ricorrente ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati nella parte in cui dispongono la proroga del servizio di spazzamento, raccolta e trasporto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani differenziati e indifferenziati, compresi quelli assimilati, alle condizioni tecnico-esecutive ed economiche di cui al contratto n. 2080 in data 11 ottobre 2016, nonché la condanna dell’Amministrazione a corrispondere, anche a titolo risarcitorio e/o indennitario, l’equo corrispettivo per lo svolgimento dei servizi di igiene urbana nel periodo oggetto dei predetti provvedimenti.
È pacifica la giurisdizione amministrativa in tema di ordinanze contingibili ed urgenti volte a consentire la prosecuzione del servizio di igiene urbana oltre i periodi di proroga dei contratti scaduti, come già affermato da questo Tribunale con sentenza in data 18 gennaio 2017, n. 98, la quale – anche tenuto conto del potere del giudice di qualificazione dell’azione, ai sensi del secondo comma dell’art. 32 c.p.a. – ha, altresì, chiarito che la domanda di accertamento del giusto corrispettivo del servizio va qualificata come domanda di risarcimento del danno (per equivalente pecuniario) causato dall’illegittimità delle ordinanze contingibili e urgenti, nella parte in cui hanno determinato il corrispettivo per il servizio di igiene urbana in via unilaterale ed antieconomica.
Appartiene, quindi, alla giurisdizione del giudice amministrativo la “domanda di risarcimento dei danni proposta da una ditta appaltatrice del servizio di raccolta rifiuti solidi urbani nei confronti del Comune, per averle quest’ultimo imposto, con ordinanze contingibili e urgenti, di proseguire la raccolta dei rifiuti ad un prezzo non remunerativo, nonostante l’avvenuta cessazione del rapporto… considerato che l’illegittimità delle suddette ordinanze – che se posta a base della domanda di annullamento delle stesse avrebbe comportato la predetta giurisdizione, ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come modificato dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 – comporta la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche laddove non sia stato preventivamente domandato l’annullamento delle ordinanze contingibili e urgenti” (Cass. Civ., Sez. Un., ordinanza 17 aprile 2009, n. 9152).
Non conduce a conclusioni differenti in punto di giurisdizione la giurisprudenza citata dal Comune nelle proprie difese, la quale afferisce a fattispecie concernente esclusivamente l’esecuzione del rapporto di natura privatistica intercorso tra le parti, “senza involgere il sindacato, in via diretta o incidentale, della legittimità dell’attività provvedimentale urgente posta “a monte” dello stesso” (Cass. Civ., Sez. Un., 24 giugno 2020, n. 12483).
In rito, va, poi, ritenuta – con riferimento al terzo motivo di ricorso – l’inammissibilità dell’impugnazione della determinazione di proroga del servizio n. 219 in data 15 aprile 2024, la quale non è stata tempestivamente impugnata, nonché, in parte qua, la decadenza dalla domanda risarcitoria, ai sensi dell’art. 30, terzo comma, c.p.a..
Nel merito, va respinto il primo motivo di impugnazione, con il quale la parte censura il ricorso allo strumento extra ordinem sotto il profilo del contrasto con la normativa che disciplina la proroga, in via eccezionale, dei contratti pubblici (cfr., da ultimo, l’art. 120, comma 11, del decreto legislativo n. 36/2023).
Viene in rilievo, invero, il carattere di specialità della disciplina in materia ambientale nonché l’esigenza (non contestata nel caso di specie) di prevenire situazioni di pericolo alla salute o all’ambiente, la quale è idonea a giustificare l’esercizio dei poteri d’urgenza attribuiti all’autorità comunale dagli artt. 191, primo comma, del decreto legislativo n. 152/2006 e 50, quinto comma, del decreto legislativo n. 267/2000, a prescindere dall’accertamento dell’eventuale responsabilità nella causazione della situazione di pericolo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2022, n. 11207), “trattandosi non solo di interessi pubblici ma anche di diritti soggettivi fondamentali (quali il diritto alla salute e all’incolumità personale) minacciati da emergenze sanitarie o di igiene pubblica” (T.A.R. Sicilia, Catania, 18 gennaio 2017, n. 98, cit.).
Come già ritenuto da questo Tribunale in fattispecie analoga, invero, “L’esecuzione del servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani deve, in generale, essere svolto con efficacia ed immediatezza a tutela del bene pubblico indicato dalla legge; pertanto qualora la necessità di provvedere si appalesi imperiosa — specie al fine di prevenire eventuali ipotesi di emergenze sanitarie e di igiene pubblica — il Sindaco può legittimamente ricorrere allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, ai sensi dell’art. 50, comma 5, del d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, anche se sussiste una apposita disciplina che regoli, in via ordinaria, la materia. L’acclarato legittimo esercizio del potere di ordinanza — in presenza dei presupposti di cui all’art. 191 del T.U. ambiente — giustifica la deroga ad ogni altra normativa di settore, essendo caratteristica propria delle ordinanze ambientali di cui all’art. 191 del d.lg. 152/2006 (così come, in genere, di tutte le ordinanze extra ordinem contemplate dall’ordinamento) quella di poter operare in deroga alle disposizioni vigenti” (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 16 settembre 2019, n. 2196; in senso conforme, cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 30 gennaio 2024, n. 1811).
Va, poi, disattesa la censura secondo cui l’Amministrazione comunale avrebbe potuto fare ricorso allo strumento ordinario di cui all’art. 76, secondo comma, lettera c), del decreto legislativo n. 36/2023 (cd. contratto-ponte).
In particolare, la ricorrente invoca l’art. 5, co. 2-ter, della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, che, come dalla stessa parte prospettato (cfr. memoria in data 10 marzo 2025, pag. 9), “attribuisce anche ai Comuni, in forma singola o associata, la fondamentale funzione riconosciuta alla S.R.R. di procedere, autonomamente, all’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti, previa autorizzazione dell’Assessorato regionale e/o della S.R.R.”.
Nel caso di specie difettava la prescritta autorizzazione, in quanto dalla nota della S.R.R. in data 24 ottobre 2022 (prodotta in giudizio dal Comune) si evince che l’Assessorato regionale, a fronte di una richiesta inoltrata dalla S.R.R. per conto del Comune in merito alla possibilità per quest’ultimo di procedere autonomamente all’affidamento del servizio (v. nota del Comune di Riposto in data 10 marzo 2022), aveva “chiarito che, ai sensi dell’art. 8 della L.R. 9/2010, la SRR debba “provvedere all’espletamento delle procedure per l’individuazione del gestore del servizio integrato di gestione dei rifiuti, con le modalità di cui all’art. 15” (cfr. art. 15 della legge regionale n. 9/2010).
È, invece, fondato il secondo motivo di ricorso, con il quale è dedotta l’illegittimità delle ordinanze impugnate nella parte in cui hanno imposto la prosecuzione del servizio alle condizioni economiche di cui al contratto n. 2080 in data 11 ottobre 2016.
Come affermato da consolidata giurisprudenza, infatti, la situazione di urgenza “non può giustificare la definizione in via autoritativa e definitiva dell’importo dei canoni da corrispondere al gestore, atteso che il profilo dell’economia del rapporto non può in alcun modo essere attratto dai presupposti di contingibilità e urgenza” (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 21 febbraio 2024, n. 660; cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 maggio 2015, n. 2610, secondo cui “il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall’Amministrazione al privato; all’obbligo di proseguire nell’espletamento del servizio si ricollega un’esigenza di giusto compenso per il destinatario del provvedimento… la situazione di urgenza non giustifica la definizione in via autoritativa e definitiva dell’importo dei canoni da corrispondere al gestore, poiché il profilo economico del rapporto in alcun modo può essere attratto dai presupposti di contingibilità e urgenza, posti a fondamento dell’ordinanza”).
In altri termini, “se è legittimo l’esercizio dei poteri d’urgenza attribuiti all’Autorità comunale dall’art. 50 del D.Lgs. n. 267/2000 per prevenire situazioni di pericolo alla salute o all’ambiente derivanti da emergenze sanitarie o di igiene pubblica, il provvedimento contingibile e urgente non può però spingersi sino alla indebita compressione di posizioni giuridiche di pari rilevanza costituzionale, imponendo prestazioni patrimoniali che comportano un ingiustificato sacrificio dell’iniziativa economica privata a beneficio della P.A., con violazione dei principi desumibili dagli artt. 23 e 41 della Costituzione. E ciò in omaggio anche al principio generale secondo il quale in materia di provvedimenti contingibili e urgenti deve essere arrecato al privato destinatario dell’ordinanza il minor sacrificio possibile (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6486/2010)” (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. IV, 29 aprile 2024, n. 1451; in senso conforme, cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 30 gennaio 2024, n. 1811; T.A.R. Reggio Calabria, 14 ottobre 2019, n. 598; 2 luglio 2019, n. 437).
Per quanto precede, in parziale accoglimento del ricorso, anche per motivi aggiunti, va dichiarata l’illegittimità delle ordinanze contingibili e urgenti impugnate nella parte in cui hanno imposto le medesime condizioni economiche del servizio previste dal risalente contratto ormai scaduto, con conseguente annullamento delle ordinanze in parte qua, e il Comune resistente va condannato a risarcire il danno cagionato per effetto di tali determinazioni illegittime (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 8 settembre 2010, n. 6486, che, premessa l’illegittimità della proroga dell’affidamento del servizio agli stessi patti e condizioni del contratto non più remunerativo, ha riconosciuto, in favore dell’impresa, il risarcimento del danno pari alla differenza tra il corrispettivo percepito e il reale costo del servizio, da individuarsi secondo i valori di mercato).
Per la quantificazione del risarcimento spettante può farsi riferimento alla delibera Arera 363/2021/R/rif in data 3 agosto 2021, relativa al periodo 2022-2025, richiamata da parte ricorrente, la quale stabilisce che “Ai fini dell’aggiornamento biennale delle predisposizioni tariffarie per gli anni 2024 e 2025 si considerano i seguenti tassi di inflazione: II 2023 = 4,5% e II 2024 = 8,8%. Per l’anno 2025 si assume inflazione nulla”; misura che non risulta specificamente contestata dal Comune resistente, il quale nei propri scritti difensivi si è limitato ad eccepire la genericità della domanda risarcitoria (cfr. memoria di replica in data 20 marzo 2025).
Pertanto, il Comune è tenuto a risarcire il danno alla società ricorrente in misura pari all’adeguamento del corrispettivo al tasso previsto dalla menzionata delibera Arera 3 agosto 2021 363/2021/R/rif per il periodo di riferimento.
Il parziale accoglimento delle domande e la particolarità della vicenda giustificano la compensazione tra le parti delle spese processuali.
TAR SICILIA – CATANIA, II – sentenza 24.09.2025 n. 2729