Urbanistica e edilizia – Realizzazione di un’opera entro un certa data e prova del non necessario permesso di costruire

Urbanistica e edilizia – Realizzazione di un’opera entro un certa data e prova del non necessario permesso di costruire

1. Le società in epigrafe sono proprietarie dei fabbricati siti nel Comune di Rocchetta a Volturno, e segnatamente ubicati sulle aree identificate nei registri catastali al fg. A/17 p.lle nn. 686, 695, 697, 698 (sub 1 e 2) e 699, per averli acquistati in forza del decreto di assegnazione del 30 agosto 2022 reso dal G.E. del Tribunale di Isernia nella procedura esecutiva immobiliare n. 125/2010 R.G..

2. I suddetti fabbricati sono stati recentemente attinti dall’ordinanza di demolizione n. 1/2024 del 13 febbraio 2024, con la quale l’Ufficio Tecnico comunale di Rocchetta a Volturno, all’esito di un’attività di controllo, intimava alle due società “la demolizione degli immobili realizzati in assenza di titolo edilizio individuati in catasto al fg. 17/A p.lla 686, 695/697 (tettoia) 698, 696; senza pregiudizio delle sanzioni penali ai sensi dell’art. 31 comma 2 del DPR 380/2001. La rimessione allo stato autorizzato dell’immobile fg. 17/A p.lla 886 rispetto alla concessione edilizia n., 1/1997, senza pregiudizio delle sanzioni penali; di provvedere a propria cura e spese alla delle opere eseguite in assenza del titolo abilitativo ed al ripristino dello stato dei luoghi originario entro 90 giorni …” (cfr. l’ordinanza di demolizione n. 1 del 2024, all. n. 1 alla produzione della parte ricorrente del 15 aprile 2024).

Con la seguente ordinanza n. 2 del 4 aprile 2024 il medesimo Ufficio Tecnico rettificava poi la precedente ordinanza n. 1 del 2024, precisando che “le corrette particelle oggetto della stessa sono le n. 686, 695, 697, 698, 699, in particolare si rettifica l’ordinanza sostituendo l’errata p.lla 696 con la corretta 699” (cfr. l’ordinanza n. 2 del 2024, all. n. 2 alla produzione della parte ricorrente del 15 aprile 2024).

3. Contro le citate ordinanze le società interessate hanno proposto allora la presente impugnativa, affidandosi ai seguenti rilievi: «VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 9 BIS, 31 E 46 DEL DPR 380/2001. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 40 della L. 47/1985; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ARTT. 3, 7, 8 DELLA L. 241/1990; ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA; CONTRADDITTORIETA».

In estrema sintesi, con il ricorso ci si è doluti:

a) della violazione degli art. 7 e 8 della L. n. 241/1990;

b) dell’eccesso di potere desumibile dalla contraddittorietà e dal difetto istruttorio inficiante, in particolare, la collocazione temporale dei fabbricati in un periodo successivo al 1967, senza tenere in considerazione il fatto che, nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare svoltasi dinanzi al G.E. del Tribunale di Isernia n. 135/2010 R.G., una Consulenza Tecnica d’Ufficio aveva attestato la legittimità dei fabbricati in parola proprio sul presupposto della loro costruzione in data antecedente al 1967.

4. Il Comune di Rocchetta a Volturno non si è costituito in giudizio, sebbene regolarmente raggiunto dalla notifica del ricorso.

5. Con l’ordinanza cautelare n. 54 del 9 maggio 2024 questo Tribunale ha accolto la domanda di sospensione cautelare degli effetti dei provvedimenti impugnati, sulla base della seguente motivazione.

«Premesso che:

– la parte ricorrente ha acquistato i fabbricati successivamente attinti dalle ordinanze di demolizione in epigrafe in forza del decreto di assegnazione del 30 agosto 2022, reso dal G.E. del Tribunale di Isernia nella procedura esecutiva immobiliare n. 125/2010 R.G.;

– nell’ambito del procedimento di esecuzione, il consulente tecnico d’ufficio nominato dal G.E. per la verifica degli immobili oggetto della procedura e la loro stima aveva dichiarato, nella propria relazione, che i fabbricati, oggetto dei provvedimenti in questa sede gravati, potevano reputarsi regolari in quanto anteriori al 1967;

Considerato, ai fini dello scrutinio dell’istanza cautelare, che dal bilanciamento degli interessi in conflitto risulta meritevole di salvaguardia, sotto il profilo del periculum in mora, quello della parte ricorrente di buona fede alla sospensione dell’efficacia delle ordinanze impugnate, avuto riguardo ai gravosi effetti dalle medesime discendenti (demolizione dei fabbricati, ulteriori sanzioni previste dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, ripristino d’ufficio dello stato dei luoghi in danno degli interessati);

Ritenuto altresì, in punto di fumus boni iuris, che risulta a un primo esame meritevole di apprezzamento la seconda sottocensura del primo motivo di ricorso, sotto il profilo che sarebbe spettato in concreto all’Amministrazione comunale, per poter legittimamente emettere l’ordine di demolizione, fornire una prova contraria, circa l’epoca di costruzione delle opere in rilievo, per disattendere le valutazioni fornite dal predetto C.T.U. nella propria relazione» (cfr. T.A.R. Molise, ordinanza cautelare n. 54 del 2024).

6. All’udienza pubblica del 2 aprile 2025, udito l’avvocato della parte ricorrente riportarsi ai propri scritti, la causa è infine stata trattenuta in decisione.

7. Il ricorso va accolto per l’assorbente fondatezza del suo secondo motivo, nella parte in cui con questo si è lamentata la presenza del vizio di eccesso di potere per il deficit istruttorio-motivazionale dei provvedimenti impugnati.

8. Come il Tribunale ha già rilevato in occasione della propria ordinanza cautelare n. 54 del 9 maggio 2024, risulta invero fondata e assorbente la censura appuntata sulla mancata considerazione, da parte del Comune, della attestazione che era stata resa dal C.T.U. nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 135/2010 R.G., svoltasi dinanzi al G.E. del Tribunale di Isernia: una simile relazione, infatti, nella parte in cui attestava che i fabbricati de quibus erano stati realizzati in data antecedente al 1967, costituiva un serio principio di prova, dinanzi al quale l’Amministrazione, per ordinare legittimamente la demolizione degli stessi manufatti, avrebbe dovuto fornire un altrettanto adeguato principio di prova contraria.

9. Più in dettaglio, deve ricordarsi che nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 135/2010 R.G. il C.T.U., appositamente officiato, aveva attestato la legittimità dei fabbricati de quibus, collocandone nel tempo l’edificazione, quasi senza eccezioni, a una data anteriore al 1967.

Il suddetto C.T.U. attestava difatti nella propria relazione (in particolare, alle sue pag. 22 e ss., nel rispondere al quesito n. 6 rivoltogli, relativo alla “conformità edilizia” dei beni) le seguenti caratteristiche del compendio oggetto della procedura esecutiva immobiliare:

– “C) PORTICO; Attualmente ricade in zona “E” del PDF, lo stesso è stato costruito in data antecedente al 1967 a servizio dell’antico casolare che risale al 1600 – 1700” (in relazione alla p.lla n. 695 fg. 17);

– “D) PORTICO; Attualmente ricade in zona “E” del PDF, lo stesso è stato costruito in data antecedente al 1967 a servizio dell’antico casolare che risale al 1600 – 1700” (in relazione alla p.lla n. 697 fg. 17);

 “E) DEPOSITO; Via Ialimiti – Foglio 17 – Part. 686; Il fabbricato adibito a rimessa per attrezzi agricoli ricade in zona E del PDF ed è stato autorizzato concessione edilizia: – n. 1 del 15/01/1997; Nella realizzazione del deposito, rispetto ai grafici oggetto di concessione edilizia si evince un’irregolarità delle aperture, una diversa partenza della scala che accede al terrazzo ed una lieve differenza dell’altezza del fabbricato. Si precisa che tali difformità, possono essere sanate con pratica in sanatoria urbanistica ed ambientale, così come previsto dal DPR 380/2001. Le spese tecniche per la sanatoria ammontano ad € 2000,00 oltre alle sanzioni urbanistiche che ammontano a € 516,00 ed a quelle ambientali che ammontano a circa € 516,00. L’importo complessivo della suddetta sanatoria è di circa € 3032,00 … Non risulta alcuna documentazione riguardate il certificato di agibilità” (in relazione alla p.lla n. 686 fg. 17);

– “F) STALLA, RIMESSA ATTREZZI, RIMESSA PRODOTTI AGRICOLI; Un fabbricato rurale di vecchia costruzione, adibito da sempre per la rimessa degli attrezzi agricoli utilizzati per la lavorazione degli ulivi. Lo stesso ricade in zona E del PDF ed è stato costruito in data anteriore al 1967 così come dichiarato dal sig. Pagliaroli” (in relazione alla p.lla n. 699 fg. 17);

– “G) TETTOIA, LEGNAIA, DEPOSITO TETTOIA – LEGNAIA; Una tettoia di vecchia costruzione, adibita da sempre per la rimessa della legna. La stessa ricade in zona E del PDF ed è stata costruita in data anteriore al 1967 così come dichiarato dal sig. Pagliaroli” (in relazione alla p.lla n. 698 sub. 1, fg. 17);

– “DEPOSITO; Un fabbricato adibito a deposito di sementi utilizzati per la lavorazione dei terreni. Lo stesso ricade in zona E del PDF ed è stato costruito in data anteriore al 1967 così come dichiarato dal sig. Pagliaroli …” (in relazione alla p.lla n. 698 sub. 2, fg. 17) (cfr. pagine 22 e ss. della relazione del C.T.U. resa nella procedura esecutiva immobiliare n. 125/2010 R.G. innanzi al G.E. del Tribunale di Isernia, all. n. 4 alla produzione della parte ricorrente del 15 aprile 2024).

10. A fronte di simili attestazioni, l’Ufficio Tecnico comunale di Rocchetta a Volturno, lungi dal valorizzare elementi di segno diverso ai fini della precisa collocazione nel tempo della realizzazione degli abusi in contestazione, si è limitato ad affermare quanto segue:

– “… in merito alla conformità urbanistica e alla corretta individuazione dell’epoca di realizzazione dei manufatti individuati al foglio 17/A p.lla 695/697, 698 e 696 il lavoro di ricerca di archivio dell’Ente non ha permesso di rilevare titoli edilizi per la loro edificazione e l’analisi degli allegati della Concessione edilizia dell’immobile 17/A datata 1997 non rileva la presenza degli altri manufatti nel lotto …”;

– “… ad oggi la legittimità dei fabbricati di cui al fg. 17/A p.lle 695, 696, 698, 699 è attestata solo secondo le dichiarazioni e informazioni contrastanti tra loro, attestazioni di legittimità che seppur riportate nelle perizie allegate al Procedimento esecutivo RGE 125/2010 non sono corroborate da documentazione o altra prova …”;

– “… non compete a questo ufficio l’onere di fornire la prova della preesistenza, rispetto al 1967, dell’immobile realizzato in assenza di titolo…” (cfr. l’ordinanza di demolizione n. 1 del 13 febbraio 2024, all. n. 1 alla produzione di parte ricorrente).

11.1 Ora, come è noto, in via generale grava sul proprietario (o sul responsabile dell’abuso) che sia stato assoggettato a ingiunzione di demolizione l’onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui abusività si tratta, collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla cosiddetta legge “ponte” n. 761 del 1967, fonte che con il suo art. 10, novellando l’art. 31 della l. n. 1150 del 1942, ha esteso l’obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano (cfr., ex multis, da ultimo T.A.R. Campania, Sez. I, 27 gennaio 2025, n. 678). E la preesistenza di un manufatto all’avvento della l. n. 765 del 1967 può essere provata dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza (ex multis, T.A.R. Sicilia, Sez. II, 17 giugno 2021, n. 1971).

Tale indirizzo giurisprudenziale sull’onere della prova trova fondamento nella evidenza che solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone, e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, laddove l’Amministrazione non può invece, di solito, materialmente accertare quale fosse la condizione dei singoli manufatti esistenti all’interno dell’intero suo territorio (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 903).

11.2 Tuttavia il principio appena esposto sulla titolarità dell’onere della prova non risulta applicabile al caso di specie, venendo qui in rilievo la repressione di presunti abusi relativi ad un compendio immobiliare che era stato, in quella stessa consistenza, fatto oggetto di acquisto nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare, sulla scorta di un’affidabile C.T.U..

Beninteso, “Nel nostro ordinamento non si rinviene alcun dato normativo positivo da cui inferire che la vendita all’asta nell’ambito di una procedura espropriativa importerebbe effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2 maggio 2017, n. 1996).

Nondimeno, le attestazioni rese dal C.T.U. nell’ambito di quella procedura esecutiva immobiliare erano tali da far legittimamente sorgere, nello specifico, una presunzione in ordine alla risalenza ante 1967 delle opere de quibus: presunzione che sarebbe stato quindi onere dell’Amministrazione comunale tentare di superare fornendo una adeguata prova contraria.

11.3 Sul punto il ricorso coglie quindi nel segno nella parte in cui sostiene che alla menzionata relazione del C.T.U. non può essere negato quanto meno un valore di principio di prova, come tale idoneo a far sorgere, secondo la giurisprudenza amministrativa, “un obbligo della P.A. di fornire la prova contraria che al tempo di realizzazione dell’opera l’ordinamento prevedeva la necessità del previo rilascio di uno specifico titolo legittimante l’edificazione” (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Sez. VIII, 18 marzo 2024, n. 1788).

E infatti, per quanto l’Autorità amministrativa non debba normalmente fornire, quale condizione di legittimità per l’irrogazione della sanzione demolitoria, una prova certa dell’epoca di realizzazione dell’abuso, secondo la giurisprudenza, però, “Un temperamento è ammesso nel caso in cui l’Amministrazione procedente ometta del tutto qualsivoglia riferimento cronologico in ordine alla realizzazione del manufatto e rimanga inerte in giudizio, nulla opponendo a un serio principio di prova contraria offerto dal ricorrente” (cfr. T.A.R. Campania, sez. III, 6 luglio 2016, n. 3367; id. 15 gennaio 2013, n. 290).

Il Collegio è pertanto dell’avviso che la relazione del C.T.U. resa nell’ambito della procedura di vendita all’asta configurasse un serio e adeguato principio di prova in ordine alla risalenza ante 1967 dei fabbricati in parola, onde l’Amministrazione, per poter legittimamente emettere un ordine di demolizione sugli stessi fabbricati, avrebbe avuto l’onere di fornire una decisiva prova contraria.

Il fatto è che nel caso di specie l’Amministrazione, pur al cospetto di un serio principio di prova offerto dagli interessati, ha mancato di fornire risultanze di sorta in merito a una qualsivoglia precisa collocazione temporale del presunto abuso.

Il Comune, difatti, nei provvedimenti impugnati si è limitato ad affermare, in modo oltretutto apodittico, che le “attestazioni di legittimità … seppur riportate nelle perizie allegate al Procedimento esecutivo RGE 125/2010 non sono corroborate da documentazione o altra prova …” (cfr. l’ordinanza di demolizione n. 1 del 13 febbraio 2024, all. n. 1 alla produzione della parte ricorrente del 15 aprile 2024).

Ma è evidente come non sia corretto negare rilevanza alcuna a una C.T.U. espletata nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare, che, già per sua natura, costituisce un adempimento rivestito invece di un’affidabilità tale da integrare, da un lato, un indice della completa buona fede delle parti acquirenti, e, dall’altro, una legittima presunzione della risalenza ante 1967 delle opere in contestazione.

11.4 Nel caso di specie l’Amministrazione non ha quindi tenuto conto della serietà del principio di prova che era stato fornito dalle società interessate sulla preesistenza delle opere mediante richiamo, appunto, alla sopra citata C.T.U.; né il Comune si è fatto carico di una qualche forma di prova contraria in ordine alla precisa collocazione temporale del presunto abuso, quando invece le circostanze del caso concreto con ogni evidenza lo richiedevano.

Da qui l’illegittimità dei provvedimenti impugnati sotto il profilo indicato.

12. In conclusione, il ricorso va per questa ragione accolto, con assorbimento di tutte le altre doglianze formulate dall’impugnativa, con la conseguenza che le ordinanze impugnate devono essere pertanto annullate.

13. Le spese processuali, sussistendone le eccezionali ragioni previste dalla legge, possono essere infine integralmente compensate tra le parti del giudizio.

TAR MOLISE, I – sentenza 24.09.2025 n. 274

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