1. Con istanza di accesso documentale del 28.3.2025 il sig. -OMISSIS- ha chiesto alla Polizia Provinciale di Rovigo di conoscere l’autore e il contenuto delle segnalazioni pervenute al detto ufficio, a seguito delle quali sono stati avviati a suo carico due procedimenti, amministrativo e penale, in relazione ad ipotetiche condotte di pratica venatoria nelle immediate pertinenze della propria abitazione, usando un fucile modificato e dotato di silenziatore inamovibile, con abbattimento di specie volatili protette ed utilizzazione di mezzi da caccia vietati.
2. La Provincia ha riscontrato l’istanza con nota prot. n. -OMISSIS- dell’11.4.2025, opponendo all’accesso il segreto istruttorio di cui all’art. 24, comma 1°, lett., della L. n. 241/1990, essendo a suo dire in corso atti di indagine del pubblico Ministero e della Polizia Giudiziaria, anche su delega all’Amministrazione, e dunque essendo vietata la divulgazione di quanto richiesto dall’istante ai sensi dell’art. 329 del cod. proc. pen..
3. Con nota trasmessa via p.e.c. il 16.4.2025, il legale del sig. -OMISSIS- ha inoltrato alla Provincia l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis del cod. proc. pen., intervenuto nelle more, rappresentando che dunque non sussistevano più ragioni di tutela del segreto istruttorio, ed auspicando la rivisitazione del precedente provvedimento.
4. Nel prendere atto della conclusione delle indagini preliminari la Provincia di Rovigo, con nota via p.e.c. del 5.5.2025, ha successivamente invitato l’istante alla consultazione del fascicolo di indagine ai sensi del comma 2° dell’art. 415 bis del cod. proc. pen..
5. Con il ricorso in esame il sig. -OMISSIS- ha indi chiesto l’annullamento degli atti della Provincia di Rovigo reiettivi della sua istanza di accesso, con pedissequa richiesta di accertamento del suo diritto di prendere visione ed estrarre copia dei documenti oggetto dell’istanza di accesso del 28.3.2025, e conseguente condanna dell’Amministrazione intimata all’esibizione, anche mediante la nomina un Commissario ad acta in caso di inottemperanza. Il ricorrente, in estrema sintesi, sostiene l’illegittimità del diniego per violazione di legge ed eccesso di potere, rappresentando in buona sostanza che esso poggerebbe sull’erroneo presupposto della sussistenza di esigenze di tutela di un segreto istruttorio in realtà non più attuale a valle della conclusione delle indagini preliminari. L’ordinamento non offrirebbe tutela alla segretezza delle denunce, e vi sarebbero ragioni di tutela della proprietà e della vita privata, anche familiare, del ricorrente a sostegno della richiesta ostensiva. Ragioni che vengono indicate anche in una memoria difensiva dimessa in questo giudizio il 5.9.2025, ove il ricorrente ipotizza che l’autore o gli autori delle segnalazioni si possano essere appostati presso la sua casa di abitazione o addirittura nell’abitazione stessa, e questo lo legittimerebbe a conoscere in quali termini ciò sia avvenuto anche per evitare future intrusioni di malintenzionati.
6. La Provincia di Rovigo si è costituita in giudizio in opposizione al ricorso, concludendo per la sua infondatezza in rito e nel merito. In particolare, l’Amministrazione ha messo in evidenza l’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza di accesso, che a suo dire non specificherebbe l’interesse alla visione di documenti e difetterebbe pure del requisito della strumentalità di questi ultimi rispetto ad una, nuovamente imprecisata, situazione da tutelare. A quest’ultimo proposito viene allegato che, da un lato, la sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dal Comune di -OMISSIS- al termine del relativo procedimento risulterebbe estinta per adempimento da parte del ricorrente, e, quanto al procedimento penale, il ricorrente avrebbe ottenuto accesso a tutto il fascicolo d’indagine: non sussisterebbero dunque esigenze difensive cui parametrare il requisito della strumentalità dell’accesso. A nulla varrebbero le motivazioni addotte solo in questo giudizio, che sarebbero postume ed estemporanee. E si aggiunge anche che le segnalazioni e/o gli esposti non sarebbero di per sé accessibili in quanto non rilevanti in via autonoma, attesa la loro natura di meri atti di impulso dell’attività ispettiva che, questa sì, sarebbe accessibile nel rispetto della normativa a tutela del segreto.
7. Alla camera di consiglio del 18 settembre 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Il ricorso va respinto.
8.1. Il Collegio osserva introduttivamente che, per pacifico e costante indirizzo della giurisprudenza amministrativa, il giudizio in materia di accesso agli atti e documenti amministrativi, pur atteggiandosi a strumento formalmente impugnatorio esperibile avverso il provvedimento di diniego, verte essenzialmente sull’accertamento della sussistenza o meno del titolo all’accesso nella particolare situazione dedotta in giudizio: e ciò indipendentemente dalla correttezza o meno delle ragioni formalmente addotte dall’Amministrazione per giustificare il proprio diniego (cfr. sul punto C.d.S., n. 4560/2021).
Il giudizio ex art. 116 del cod. proc. amm. avverso il diniego dell’accesso ha, quindi, per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto medesimo, alla luce della normativa vigente applicabile al caso di specie.
8.2. Nel presente procedimento viene in rilievo un accesso classico regolato dalla L. n. 241/1990, la quale, come è noto, subordina l’esercizio del diritto di accesso alla sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (cfr. in proposito l’art. 22, comma 1°, lett. b, della L. n. 241/1990).
8.3. Nel caso di specie, come anticipato, il ricorrente ha chiesto alla Polizia Provinciale di Rovigo di conoscere l’autore e il contenuto delle segnalazioni pervenute agli uffici provinciali e dalle quali hanno preso avvio gli accertamenti che hanno poi condotto sia all’irrogazione nei suoi confronti della sanzione amministrativa che all’apertura del procedimento penale.
Il Collegio dubita della sussistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile all’ostensione di tali segnalazioni e vieppiù ritiene che siano carenti le condizioni previste dall’ordinamento giuridico per il legittimo esercizio del diritto di accesso.
8.3a. Difatti, sotto un primo angolo visuale, l’istanza di accesso del privato non rappresenta le ragioni giuridiche meritevoli di tutela che consentirebbero l’ostensione dei dati richiesti. Il ricorrente si è limitato ad asserire di avere interesse a “conoscere la fonte da cui sono stati effettuati gli accertamenti stante l’incidenza nella sfera giuridica dello stesso”. E tanto non basta a radicare l’interesse personale, attuale e concreto che costituisce il presupposto per l’ottenimento dell’accesso, perché appunto la precisazione del ricorrente nulla chiarisce in merito alla natura del suo interesse e al rapporto di strumentalità, che pur deve sussistere ai sensi dell’art. 22 della L. n. 241/1990, tra la conoscenza (nel caso di specie) dell’autore o del contenuto dell’esposto e la situazione finale che l’istante intenderebbe tutelare.
8.3b. In disparte il contenuto estremamente generico di queste affermazioni, non è comunque l’esposto che ha avuto una incidenza sulla sfera giuridica del ricorrente, essendo esso in rapporto di mera occasionalità rispetto all’attività ispettiva e/o accertativa posta in essere dalla Provincia, questa sì impattante e perciò passibile di ostensione come in effetti risulta portata a conoscenza del privato nel procedimento amministrativo esitato nella sanzione pecuniaria e in quello penale. Circostanza, quest’ultima, che esclude pure la sussistenza di una (peraltro nemmeno specificata) esigenza di accesso per ragioni difensive. E del resto, a quest’ultimo proposito, giova anche ricordare che (riassuntivamente) il privato ha estinto la sanzione amministrativa mediante pagamento e, quanto al procedimento penale, il P.M. ha chiuso le indagini avvisando l’indagato della possibilità di accedere al fascicolo penale.
Ostano dunque all’accoglimento dell’istanza del privato sia la genericità della richiesta in relazione all’interesse da tutelare che l’insussistenza del nesso di strumentalità tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intenderebbe curare.
8.3c. Peraltro il Collegio condivide le indicazioni chiarificatrici, in tema di diritto di accesso agli esposti e agli atti di impulso che abbiano dato origine a verifiche, ispezioni o altri procedimenti di accertamento di illecito a carico di privati, recentemente fornite e ribadite dal Consiglio di Stato in relazione ai due diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia: il primo contrario a che sia reso noto il nome dell’autore della denuncia; il secondo favorevole all’accesso alle segnalazioni, al di fuori di particolari ipotesi in cui il denunciante potrebbe essere esposto ad azioni discriminatorie o indebite pressioni e comunque limitatamente ai casi in cui emerga chiaramente la strumentalità della conoscenza degli atti per la difesa dell’interessato. È stato infatti precisato che “gli esposti di cui la società chiede l’ostensione non costituiscono documenti amministrativi, ma atti provenienti da uno o più privati, diretti a sollecitare l’Amministrazione all’esercizio dei poteri di controllo ad essa assegnati dall’ordinamento giuridico; la fondatezza o infondatezza di quanto riportato negli esposti è del tutto giuridicamente irrilevante in relazione agli atti successivamente adottati dalla Amministrazione comunale, ponendosi detti atti privati, come sopra evidenziato, in rapporto di mera occasionalità rispetto all’esercizio (doveroso) dei poteri di controllo della pubblica Amministrazione.
8.4. Questo Consiglio ha già avuto modo di precisare che la segnalazione è meramente sollecitatoria dell’esercizio della funzione amministrativa di controllo e di verifica che compete alla P.A.; la conoscenza degli atti relativi a quest’ultima fase soddisfano, di norma, l’interesse conoscitivo del richiedente (Consiglio di Stato, Sezione III, 1° marzo 2021 n. 1717).
8.5. A fronte della insussistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile all’ostensione dell’esposto e della carenza delle condizioni previste dall’ordinamento giuridico per il legittimo esercizio del diritto di accesso (art. 22 e ss. della l. n. 241/1990), nel caso di specie, vengono in rilievo anche le esigenze di tutela della riservatezza del terzo, che potrebbero essere pregiudicate da un accesso documentale indiscriminato, esponendo inutilmente l’autore della segnalazione a forme di curiosità, svincolate da obiettive ragioni giuridiche, o a fenomeni di carattere ritorsivo, che l’ordinamento giuridico non può tollerare” (C.d.S., n. 8651/2024, che richiama e consolida il precedente dello stesso Giudice d’appello n. 1717/2021. Vd. altresì C.d.S., n. 5779/2014).
Sicché in forza di quest’orientamento che il Collegio condivide non sussiste comunque un interesse giuridicamente apprezzabile all’ostensione dell’esposto (o delle segnalazioni).
Conclusione che, per vero, allo stato non muterebbe accedendo alla tesi giurisprudenziale opposta, per il fatto che il ricorrente nulla ha comunque chiarito in ordine alla sussistenza del rapporto di strumentalità con sue ipotetiche esigenze difensive, e così l’Amministrazione non è stata nemmeno messa in grado di accordare prevalenza alla trasparenza rispetto alla riservatezza del denunciante.
8.3d. Le deduzioni contenute nel ricorso introduttivo, ove il sig. -OMISSIS- afferma di vivere in una casa colonica in aperta campagna e di avere il sospetto che i segnalanti si siano introdotti nella sua proprietà o che possano ripetere tali ipotetiche condotte di reato in futuro, sono postume. E in ogni caso esse non sono idonee ad inverare situazioni giuridicamente rilevanti tutelabili con lo strumento dell’accesso documentale.
Siamo infatti al cospetto di mere congetture del tutto incompatibili con il carattere concreto e non meramente potenziale dell’interesse ostensivo azionato dal privato.
E comunque non è dalla conoscenza del nome del denunciante che dipende la difesa del denunciato o della sua proprietà. Sicché per i presunti fatti di reato già commessi (in tesi: violazione di domicilio piuttosto che interferenze illecite nella vita privata) il ricorrente ben può presentare, se lo ritiene, apposite denunce, querele o segnalazioni alle Autorità pubbliche, competenti in via esclusiva alla repressione di tali forme di illeciti, anche facendo riferimento agli esposti e sollecitando le indagini da parte degli organi competenti. Mentre per scongiurare ingressi abusivi nella proprietà valgono le più comuni misure di sicurezza valevoli per tutti i potenziali malintenzionati (recinzioni, cancellate od offendicula) in grado di limitare l’accesso non consentito.
8.4. Per quanto sin qui rilevato non sussiste dunque un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza ed ostensione dell’esposto e parimenti del nominativo dell’esponente.
9. Il ricorso va perciò rigettato.
10. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del ricorrente per il principio di soccombenza.
TAR VENETO, IV – sentenza 24.09.2025 n. 1610