1.Parte ricorrente ha impugnato il provvedimento n. 30205 del 21 giugno 2022 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con cui l’amministrazione ha accertato che ONE s.c.ar.l. (“ONE”) e quindici sue consorziate hanno posto in essere un abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 del TFUE, con riferimento all’ambito del trasporto pubblico locale (TPL) su gomma nel territorio delle Regione Toscana.
Il provvedimento ha inflitto sedici distinte sanzioni pecuniarie per un totale di circa 3,6 milioni di euro.
Quanto a ATAF Gestioni S.r.l., odierna ricorrente, l’Autorità ha irrogato una sanzione pari a 253.807,18 euro.
2. Il procedimento de quo è iniziato a seguito di segnalazioni (presentate a fine 2019), rispettivamente, da Autolinee Toscane S.p.A. (di seguito anche “AT”) e dalla Regione Toscana (di seguito anche “RT”), che hanno denunciato talune condotte abusive che avevano interessato la gara per il servizio di Trasporto Pubblico Locale (“TPL”) su gomma bandita dalla Regione Toscana nel 2012 e, in particolare, i comportamenti ostruzionistici che sarebbero sati posti in essere dai gestori uscenti consorziati in ONE, i quali, secondo i denuncianti, avevano omesso di trasmettere informazioni indispensabili (descritte al par. 153 del Provvedimento) per la stipula degli atti di subentro nei beni essenziali. In data 3 giugno 2020, l’Autorità ha avviato il procedimento A536, nei confronti di ONE e delle società in essa consorziate, per accertare l’effettiva attuazione di tale condotta ostruzionistica e dilatoria.
Deve precisarsi che ONE è la società consortile costituita in data 21 dicembre 2017 tra i gestori uscenti dei servizi di TPL nella RT allo scopo di consentire a questi ultimi e alla Regione di coordinare nel modo più efficiente lo svolgimento dei servizi di TPL oggetto del c.d. “Contratto Ponte”, vale a dire del contratto stipulato con la RT per garantire i servizi nelle more del contenzioso concernente il nuovo affidamento del servizio.
Contestualmente all’avvio del procedimento, l’Autorità ha adottato misure cautelari ai sensi dell’art. 14-bis della l. n. 287/1990, con cui ha intimato alle consorziate in ONE, ciascuna per la parte di propria competenza, la trasmissione: 1) delle informazioni necessarie per la cancellazione delle ipoteche sui beni immobili; 2) dei dati e documenti sui beni immobili essenziali, indispensabili alla stipula degli atti di trasferimento (c.d. rogitabilità); 3) dei dati e documenti sui sistemi Automatic Vehicle Monitoring (“AVM”); 4) delle informazioni concernenti gli elenchi abbonati in corso di validità.
Tali misure cautelari provvisorie sono state confermate con delibera dell’Autorità del 23 giugno 2020. Nei termini previsti dai provvedimenti di adozione e conferma delle misure cautelari, le parti hanno depositato le proprie relazioni di ottemperanza. Successivamente, con comunicazione del 23 ottobre 2020, l’Autorità ha trasmesso alle parti la presa d’atto delle attività da esse svolte al fine di ottemperare alle misure cautelari di cui alle citate delibere del 3 giugno 2020 e 23 giugno 2020.
In data 22 dicembre 2020, l’Autorità ha deliberato l’estensione soggettiva ed oggettiva del procedimento, ampliando, sotto il profilo oggettivo, la contestazione anche al mancato trasferimento, anche in via transitoria, dei beni essenziali (beni immobili in vendita e/o locazione, autobus e altri beni mobili) per il subentro di AT nel servizio.
Gli accertamenti istruttori hanno confermato le ipotesi formulate in avvio e in sede di estensione oggettiva con riferimento ad alcune delle società, nei cui confronti era stato avviato o esteso soggettivamente il procedimento.
Con la comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI), inviata alle imprese in data 30 marzo 2022, è stata quindi contestata la violazione dell’art. 102 TFUE per non avere tali società trasmesso le informazioni essenziali e proceduto alla cessione dei beni essenziali al gestore entrante AT. In data 30 marzo 2022, le consorziate e ONE hanno chiesto l’audizione al Collegio.
Dopo aver depositato le proprie memorie conclusive, in data 17 maggio 2022 si è svolta l’audizione finale e, all’esito dell’istruttoria, l’Autorità ha definitivamente accertato che le società consorziate in ONE avevano realizzato una complessa strategia, in violazione dell’art. 102 del TFUE, volta a ritardare e/o ostacolare “il subentro dell’aggiudicatario della procedura di gara per l’affidamento in concessione dei servizi di TPL su gomma nel lotto unico regionale toscano”.
In fatto, deve ricordarsi che i servizi di TPL su gomma erano stati posti in gara dalla RT con decreto dirigenziale n. 3546 dell’8 agosto 2012. La gara aveva previsto l’obbligo per l’aggiudicatario di acquisire i mezzi, i depositi e il personale dei gestori uscenti. La durata della concessione del servizio era stata fissata a 11 anni e, per la prima volta dall’emanazione della legge regionale n. 65/2010, era stato individuato come ambito territoriale ottimale l’intera circoscrizione territoriale regionale. Tale elemento rappresentava un’importante discontinuità nella definizione e nella gestione del TPL in Toscana. Infatti, mentre la precedente gestione del servizio si articolava su 14 bacini (lotti) territoriali distinti, la nuova gara individuava un solo e unico lotto, coincidente con l’intero territorio regionale (il c.d. lotto unico regionale). Alla gara TPL avevano partecipato AT e Mobit S.c.a r.l., ente di nuova costituzione che riuniva i principali gestori uscenti dei servizi di TPL nei vari bacini territoriali, già consorziati in ONE. A seguito della procedura di gara, AT ha conseguito l’affidamento della concessione, giusta aggiudicazione definitiva di cui al decreto dirigenziale della Regione Toscana n. 6585 del 19/4/2019, con stipula del relativo contratto in data 10 agosto 2020.
Tuttavia, la gara è stata interessata da un lungo contenzioso amministrativo che ha rinviato i tempi di affidamento. Infatti, con decreto dirigenziale n. 973 del 2/3/2016, la RT ha aggiudicato per la prima volta la gara in favore di AT. A seguito del contenzioso instauratosi a causa della impugnazione degli atti di gara, il TAR Toscana, con sentenza n. 1548 del 28 ottobre 2016, ha accolto sia il ricorso principale di Mobit sia il ricorso incidentale di AT, individuando dei vizi nei rispettivi Piano Economico Finanziario (“PEF”).
Mobit ha presentato appello al Consiglio di Stato avverso la suddetta decisione e, in via incidentale, anche AT e la RT. Nelle more dell’appello, con decreto dirigenziale n. 13939 del 14/12/2016, RT ha dato attuazione alla citata sentenza del TAR Toscana, richiedendo ai due concorrenti di presentare dei nuovi PEF emendati dai vizi censurati dal TAR, mantenendo però inalterate le rispettive offerte tecniche ed economiche. Sia Mobit sia AT hanno presentato il nuovo PEF e così è seguita una nuova aggiudicazione provvisoria in favore di AT in data 13 marzo 2017.
In sede di appello, il Consiglio di Stato, con le ordinanze nn. 2554 e 2555 del 29 maggio 2017, ha sospeso il giudizio e ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE (“CGUE”), sottoponendo quattro quesiti in merito all’interpretazione del Reg. (CE) n. 1370/2007, concernenti la possibilità di partecipazione alla procedura di gara da parte di AT (in quanto controllata da RATP – società francese di proprietà statale). Con decreto n. 11613 del 4/8/2017, la Regione Toscana ha differito l’adozione dei successivi provvedimenti all’esito della pronuncia della CGUE conseguente al rinvio pregiudiziale. A fine 2017, nelle more della definizione del contenzioso, la regione ha stipulato, quindi, con il consorzio ONE il c.d. “Contratto Ponte” avente a oggetto la gestione del TPL, il quale era volto a garantire la continuità dei servizi di TPL per il biennio 2018-2019 nell’ambito regionale toscano, nelle more della stipula del contratto con l’aggiudicatario della gara unica.
La CGUE, con sentenza del 21 marzo 2019, resa nelle cause C 350/17 e C 351/17, ha poi statuito che l’articolo 5 e l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70, devono essere interpretati nel senso che l’articolo 5 di tale regolamento non è applicabile a un procedimento di aggiudicazione svoltosi prima del 3 dicembre 2019, cosicché un’autorità competente che, mediante una decisione di aggiudicazione conclusiva di una procedura di gara, attribuisca prima di tale data un contratto di concessione di un servizio pubblico di trasporto locale di passeggeri su strada non è tenuta a conformarsi al citato articolo 5.
Pertanto, la RT, con decreto n. 6585 del 19/4/2019 (efficace dal 3 maggio 2019), ha aggiudicato definitivamente la gara ad AT. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 8411 dell’11 dicembre 2019, ha respinto l’appello di Mobit contro la sentenza n. 1548/2016 del Tar Toscana, confermando la legittimità dell’aggiudicazione provvisoria in favore di AT.
Mobit ha impugnato dinanzi al TAR Toscana il provvedimento di aggiudicazione definitiva del 19 aprile 2019, contestando il nuovo PEF presentato da AT in esecuzione della sentenza del TAR Toscana n. 1548/2016 (secondo la tesi della ricorrente il leasing per l’acquisto degli autobus proposto da AT non era di tipo operativo, bensì finanziario; talché il nuovo PEF di AT non sarebbe stato finanziariamente sostenibile).
Il TAR Toscana, con sentenza n. 344 del 19 marzo 2020, ha respinto il ricorso di Mobit e, proposto appello, il Consiglio di Stato ha rigettato la domanda cautelare (ordinanza n. 3507 del 15 giugno 2020), lasciando a RT di valutare le più opportune modalità di cessione dei beni dei gestori uscenti in favore di AT, dovendo comunque garantire la reversibilità di tali trasferimenti in caso di accoglimento dell’appello di Mobit.
In data 10 agosto 2020, la RT ha stipulato il contratto di concessione con AT, prevedendo che l’avvio del servizio risultasse subordinato all’acquisizione dei beni essenziali da parte del concessionario. A seguito della firma del contratto, attesa l’indisponibilità di ONE a siglare contratti di locazione temporanei, la RT ha presentato ricorso al Tribunale civile di Firenze, richiedendo ai sensi degli artt. 669-ter e 700 c.p.c. di mettere a disposizione di AT i beni essenziali per lo svolgimento dei servizi di TPL, che, anche dopo l’avvio dell’istruttoria antitrust e le misure cautelari disposte dall’Autorità, non erano ancora stati trasferiti dai gestori uscenti consorziati in ONE. 20.
Il Tribunale di Firenze, con ordinanza n. 8552 del 31 agosto 2020, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione. Proposto reclamo, il Tribunale di Firenze in composizione collegiale, con ordinanza n. 9449 del 24 novembre 2020, ha riconosciuto la propria giurisdizione e ha rilevato l’insussistenza del requisito del fumus boni iuris ai fini della domanda cautelare. Al riguardo, il Giudice ha evidenziato che, sebbene il trasferimento dei beni dovesse avvenire al loro prezzo di mercato ovvero ad un prezzo provvisorio comunque commisurato al valore di mercato del bene, era comunque “indubitabile che sussiste[va] un obbligo per i precedenti gestori di trasferire i beni al nuovo aggiudicatario […]”.
Nel giudizio di appello, con ordinanza n. 6324 del 20 ottobre 2020, il Consiglio di Stato ha disposto un approfondimento istruttorio attraverso una verificazione tecnica, che veniva depositata in data 16 marzo 2021. Secondo i verificatori, il PEF di Mobit risultava economicamente sostenibile. Al contrario, i verificatori rinvenivano un errore nel calcolo del DSCR effettuato da AT: essi sottolineavano altresì che una sua correzione avrebbe reso l’offerta economica presentata da AT bancabile. Con sentenza definitiva n. 4779 del 21 giugno 2021, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello di Mobit, ritenendo l’ammissibilità di una correzione del PEF di AT in corso di causa; ne conseguiva la conferma della legittimità dell’aggiudicazione definitiva della gara in favore di AT disposta con decreto dirigenziale n. 6585 del 19 aprile 2019. 23. Infine, la Giunta Regionale, con delibera n. 860 del 9 agosto 2021, ha individuato la data dell’1° novembre 2021 per l’avvio del servizio di TPL da parte del nuovo gestore AT, così perfezionandosi a partire da tale data il subentro nella concessione.
3. Tanto ricordato in fatto, l’Autorità ha ritenuto che i comportamenti di ONE e delle consorziate fossero riconducibili ad una strategia ostruzionistica e dilatoria dei principali gestori uscenti, volta a ritardare il subentro di AT nell’erogazione del servizio TPL sul bacino unico toscano ben oltre i termini stabiliti dalla RT per l’avvio del servizio da parte del nuovo gestore. Infatti, AT era risultata legittima aggiudicataria della gara, così come disposto dal decreto dirigenziale n. 6585 del 19 aprile 2019, atto che, nonostante l’ampio contenzioso intrapreso da Mobit, sopra descritto, non è stato mai sospeso o annullato dalle pronunce del TAR e del Consiglio di Stato. Pertanto, RT e AT erano tenute a dare corso alle attività e procedure volte a consentire il subentro di AT, ossia ottenere le informazioni necessarie per la definizione dei contratti di cessione dei beni e delle modalità operative per il subentro nonché procedere al passaggio dei beni essenziali in favore di AT, come previsto dalla normativa di settore, dalla lex specialis di gara e dai contratti conclusi tra le parti. Il mancato/ritardato trasferimento, da parte dei gestori uscenti, ad AT dei beni essenziali (beni immobili, autobus e altri beni mobili) per l’erogazione del servizio TPL, attuato attraverso la mancata trasmissione di informazioni e dati indispensabili alla positiva conclusione delle attività propedeutiche alla cessione dei beni essenziali in favore della stessa AT, nonché attraverso la mancata stipula dei contratti di cessione, ha fatto sì che i gestori uscenti continuassero a erogare i servizi di TPL ben oltre la scadenza del Contratto Ponte (31 dicembre 2019) in virtù degli atti d’obbligo emanati dalla RT. Gli atti d’obbligo, a partire da gennaio 2020, avevano durata mensile, con decorrenza dal primo giorno del mese e scadenza l’ultimo giorno del mese di riferimento. Solo per i periodi marzo-aprile 2020 e agosto-settembre 2021, gli atti d’obbligo avevano valenza bimestrale. L’Amministrazione ha quantificato altresì il costo connesso al ritardo del subentro del nuovo gestore in complessivi € 24.064.138,1985.
4. Così ricordati i fatti alla base del gravato provvedimento e venendo al contenuto dell’atto di impugnazione, si osserva come la società ricorrente ha contestato la legittimità della sanzione in ragione di articolati motivi di diritto, chiedendone l’annullamento. Si è costituita in giudizio l’Autorità intimata, ampiamente argomentando nel senso dell’infondatezza del gravame. Si sono anche costituite la Regione Toscana e Autolinee Toscane spa, anch’esse instando per il rigetto della domanda e per l’accertamento della legittimità del provvedimento adottato dall’Antitrust. La causa è stata chiamata e discussa all’udienza pubblica del 7 maggio 2025 e quivi trattenuta in decisione.
5. Tanto esaustivamente premesso in fatto, rileva il Collegio l’infondatezza de ricorso.
6. Per mezzo del primo motivo di diritto, parte ricorrente assume l’inesistenza dell’abuso come accertato dall’Autorità con il provvedimento impugnato.
Secondo la deducente società, vi sarebbero stati seri dubbi sulla legittimità dell’aggiudicazione della gara in favore di Autolinee Toscane spa e tale incertezza (che poteva far propendere anche per le giuste ragione dell’ex gestore) avrebbe reso impossibile la prefigurazione di un qualsivoglia illecito imputabile all’esponente. Ciò, in particolare, varrebbe quanto meno sino alla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n.4779 del 21 giugno 2021, posto che, al limite, solo dopo tale decisione sarebbe stato definitivamente accertato il corretto operato della stazione appaltante.
Il Collegio ritiene di non poter condividere tale argomentazione.
Deve innanzitutto precisarsi come i comportamenti abusivi contestati sono stati posti in essere già dalla scadenza del cd. “Contratto Ponte”, con l’effetto di ritardare il subentro dell’aggiudicataria nell’affidamento e di prolungare gli atti d’obbligo in essere tra Regione Toscana e ex gestori. Si aggiunga che, in ogni caso, l’asserita incertezza si scontra con il fatto incontestabile che gli effetti dell’aggiudicazione definitiva non sono stati mai sospesi da nessun provvedimento del giudice amministrativo, con conseguente attuale obbligo dei gestori uscenti di dare corso alle attività volte a consentire il subentro del nuovo soggetto nella concessione.
Tale obbligo, per altro, risultava chiaramente dall’articolo 10 del Contratto Ponte secondo cui ONE e tutte le consorziate avevano l’obbligo di “…trasmettere tempestivamente a seguito della richiesta della Regione tutta la documentazione e le informazioni riguardanti i beni essenziali di cui ha la disponibilità per l’esercizio del servizio…”. L’art. 15 del medesimo contratto specificava altresì che i gestori uscenti consorziati in ONE: “… si obbligano a trasmettere all’aggiudicatario definitivo nel termine di 60 giorni dalla richiesta, dandone comunicazione alla Regione, le informazioni e i documenti convenuti allegati al presente contratto sotto la lettera M ed eventualmente regolarizzare la documentazione necessaria agli atti di trasferimento dei beni mobili, immobili e del personale”. Con ragionamento del tutto coerente, l’Autorità ha ritenuto in alcun modo giustificabile il ritardo nel mancato rilascio delle informazioni indispensabili e la consegna dei beni essenziali, con le connesse modalità di subentro nel servizio.
Si noti che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, anche il citato provvedimento del Tribunale Ordinario di Firenze non ha affatto escluso il vigente obbligo carico degli ex affidatari, avendo il giudice fiorentino criticato la sola soluzione alternativa proposta, in via collaborativa, dalla stazione appaltante e dal nuovo aggiudicatario per superare lo stallo nel subentro nel servizio.
Nè può ritrarsi dalla successione dei fatti storici un atteggiamento di acquiescenza da parte del nuovo affidatario, che possa atteggiarsi a esimente rispetto all’inadempimento della ricorrente. AT ha subìto il ritardo nella consegna dei beni e, nelle more del contenzioso sull’aggiudicazione, ha solo cercato di trovare una soluzione pratica che superasse l’impasse creatasi e consentisse il subentro nel servizio.
Parte istante deduce inoltre che il proprio comportamento sarebbe stato imposto dall’esigenza di salvaguardare il proprio diritto di proprietà. Infatti, assume l’istante, se il proprio patrimonio aziendale fosse stato “distratto” in favore del nuovo aggiudicatario senza attendere gli esiti del giudizio sull’aggiudicazione, un eventuale annullamento sarebbe stato inutile, posto che, in ogni caso, l’integrità della posizione giuridico-patrimoniale del soggetto uscente sarebbe stata irrimediabilmente pregiudicata.
L’argomento è suggestivo, ma non può essere condiviso. L’evenienza paventata dalla parte istante non è altro che il rischio insito in ogni giudizio che abbia ad oggetto una gara pubblica e i tempi del giudizio non possono di certo incidere sul rapporto controverso. È principio generale che la soccombenza nel giudizio è un rischio a carico di chi ha impugnato l’atto e che la durata del processo non può incidere sulla spettanza del diritto (riconosciuta da un provvedimento non sospeso dal giudice) in favore della parte aggiudicataria.
Quanto all’argomentazione secondo cui sarebbe in ogni caso insussistente l’elemento soggettivo necessario per la configurazione di un abuso di posizione dominante, vale ricordare il granitico orientamento secondo cui l’abuso di posizione dominante è una nozione di tipo oggettivo nella quale non assume rilevanza decisiva l’elemento psicologico tipico dell’atto illecito puro (dolo o colpa). Né è necessario dimostrare l’esistenza di un preciso intento anticoncorrenziale in capo alle imprese in posizione dominante, ritraendosi l’illecito dalla oggettiva alterazione della struttura concorrenziale del mercato e potendo, eventualmente, l’intenzionalità della condotta essere considerata come un mero indice della più vasta situazione di abuso. Dal procedimento è inequivocabilmente emerso l’effetto escludente prodotto in danno dall’aggiudicatario, impossibilitato per circa 22 mesi a subentrare nei servizi di TPL; è altresì emerso il fatto oggettivo della strategia unitaria delle imprese consorziate (che rileva ipso facto) nel ritardare il rilascio delle informazioni essenziali e il passaggio dei beni essenziali in favore di AT.
7. Anche il secondo motivo di ricorso deve essere respinto. Parte istante contesta il divisato ritardo nella trasmissione delle informazioni essenziali e nel trasferimento dei beni essenziali. Quanto alle prime, contesta altresì che le ridette informazioni fossero effettivamente indispensabili per il trasferimento dei beni necessari per realizzare il subentro.
Osserva il Collegio, per converso, che l’essenzialità delle informazioni da trasmettersi a AT era già così ritenuta dall’obbligo previsto dall’Accordo Ricavi (artt. 10 e15), sottoscritto dalle parti del procedimento ai sensi della l.r. 42/1998 e degli atti di gara. Il provvedimento ha ben puntualizzato, con motivazione logica che resiste al sindacato estrinseco del TAR, che la tecnologia AVM, cofinanziata dalla Regione, era gravata da vincolo di destinazione al servizio TPL e costituiva un bene essenziale per il subentro.
Al fine di determinare il corretto valore di trasferimento, era dunque indispensabile conoscere varie informazioni presenti nel know how dei gestori uscenti (tipologia e quantità degli apparecchi, costo storico, anno di acquisto, quota di ammortamento, valore residuo, finanziamenti pubblici non ancora ammortizzati ecc.). Il provvedimento ha anche evidenziato come, con riguardo ai ridetti sistemi AVM, la ricorrente operava (insieme a BusItalia) in qualità di “capofila” e conseguentemente era il soggetto in possesso delle relative informazioni.
Tanto precisato in ordine alla essenzialità, con riguardo al ritardato invio delle informazioni medesime, l’istruttoria ha palesato la risalenza nel tempo della condotta ostruzionistica, già sostantiva all’epoca dell’aggiudicazione definitiva della gara. A tale data, come visto, in base a quanto previsto dal “Contratto Ponte”, era vigente l’obbligo della ricorrente di mettere a disposizione del nuovo gestore le informazioni in possesso. L’invio è stato risollecitato dalla Regione Toscana dopo la scadenza del detto contratto e cioè dal 31 dicembre 2019. Le informazioni relative ai sistemi AVM sono state trasmesse solo in data 15 giugno 2020 in ottemperanza alle misure cautelari dell’Antitrust e, per altro, ancora residuavano carenze informative a causa delle quali la stessa Regione, nel luglio del 2021, ha dovuto effettuare analisi supplementari al fine di stabilire il valore provvisorio dell’infrastruttura tecnologica.
Circa la mancata cessione, anche in via transitoria dei beni essenziali, devono essere confutate le difese della parte ricorrente che si basano su dedotte problematiche nelle fasi negoziali e su di un dedotto atteggiamento ostruzionistico dello stesso gestore subentrante. È piuttosto emerso dall’istruttoria che il ritardo si è accumulato in modo sensibile e solo dopo la pronuncia definitiva del Consiglio di Stato (che ha confermato l’aggiudicazione della gara in favore di AT), tutte le parti del procedimento hanno stipulato gli atti di cessione dopo un anno e mezzo dalla scadenza del contratto ponte (incombente assolto nel periodo compreso tra il 20 luglio e il 30 agosto 2021). Dunque, le evidenze istruttorie hanno dimostrato che il trasferimento dei detti beni essenziali è iniziata con ritardo sia rispetto alle tempistiche previste dagli atti di gara sia rispetto a quelle previste dal Contratto Ponte. Il ritardo è stato stigmatizzato dalla stessa Regione Toscana che ha diffidato, nel giugno del 2020, i gestori uscenti che non avevano ancora venduto i beni a siglare gli atti di cessione temporanea in modo da consentire il subentro di AT.
A riprova del colpevole ritardo, si evidenzia come gli ex affidatari, invece di dare corso alla trasmissione dei beni, hanno proposta una soluzione alternativa optando per una cessione con clausola di risoluzione o in alternativa per una locazione degli interi rami d’azienda.
Il Collegio osserva come le soluzioni proposte sono irrilevanti ai fini della configurazione della condotta ostruzionistica della ricorrente, in quanto si trattava di modi alternativi rispetto alla dovuta condotta principale, idonea a consentire il subentro dell’affidatario. Del resto, come dedotto in modo condivisibile dalla difesa erariale, esiste una prova “controfattuale”, che dimostra la agevole possibilità di adempiere all’obbligo de quo, rappresentata dal comportamento degli altri gestori uscenti, i quali, in tempi rapidi, hanno proceduto sia all’invio delle informazioni richieste dagli atti di gara sia al trasferimento dei beni essenziali in favore del nuovo aggiudicatario.
In sostanza, rileva anche qui il dato oggettivo, imputabile al soggetto sanzionato, il quale ha pregiudicato il corretto dispiegarsi degli effetti positivi generati dalla concorrenza “per” il mercato, generati dalla competizione della gara pubblica, con riveniente danno sia alla stazione appaltante sia agli utenti del servizio.
Venendo alle questioni inerenti alle proposte modifiche contrattuali (inserimento di una clausola risolutiva espressa e di una clausola di manleva per eventuali questioni fiscali o contributive), va rilevato come quelle proposte dalla parte ricorrente si palesino dilatorie, manifestando un tentativo di rendere squilibrata in proprio favore la pattuizione. Difatti, quanto alla clausola risolutiva, va rilevato come la proposta dell’esponente prevedesse il ritrasferimento in ogni caso dei beni, indipendentemente dall’effettiva aggiudicazione in proprio favore del servizio: viceversa, quella avanzata da Autolinee Toscane prevedeva la risoluzione della cessione solo nelle ipotesi di annullamento dell’aggiudicazione in proprio favore e successivo affidamento del servizio alla controparte. Orbene, è evidente che la mancata accettazione di tale seconda opzione contrattuale dimostra che l’intento negoziale delle consorziate fosse semplicemente dilatorio: appare superfluo osservare che nell’ipotesi di accoglimento dell’appello avverso la sentenza del Tar Toscana 344/2020 e di mancata aggiudicazione del servizio a Mobit, l’eventuale ritrasferimento dei beni alle consorziate si paleserebbe inutile, anzi addirittura dannoso per l’espletamento del servizio da parte dell’affidatario. Circostanza che smentisce anche la tesi di parte ricorrente secondo cui AT non avrebbe voluto subentrare nel servizio nel periodo caratterizzato dalla pandemia da Sars-Cov-2. Difatti, le delibere regionali richiamate (sulla cui legittimità v. Cons. Stato, sez. V, 5 dicembre 2022, n.10635) hanno semplicemente adeguato il contratto al mutamento dei tempi, dovuto al ritardo nel subentro: in altre parole, proprio il lungo arco temporale impiegato per avviare il servizio, cui ha contribuito anche la condotta illecita della ricorrente, faceva emergere la necessità di riequilibrare le pattuizioni del contratto.
Circa poi la mancata conclusione dei contratti di locazione, va osservato come tale opzione effettivamente non era prevista dal bando di gara: nondimeno, essa veniva avanzata dalla Regione proprio per ovviare allo stallo nella trattativa circa la cessione della proprietà dei beni. In tal senso, la pronuncia del giudice civile non poteva che rilevare l’insussistenza dell’obbligo giuridico di concludere il contratto: nondimeno, in questa sede preme osservare come il generale dovere di correttezza che regola i rapporti tra soggetti di diritto impone di valutare le varie ipotetiche soluzioni finalizzate a garantire il risultato migliore tenuto conto degli interessi delle parti.
8. Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce ancora una volta che i dubbi relativi alla legittimità dell’aggiudicazione in favore di AT renderebbero impossibile ipotizzare l’abuso accertato con il provvedimento impugnato. I ritardi nel subentro dell’affidatario, addebitati dall’Autorità all’istante, sarebbero riconducibili all’esercizio del legittimo diritto di difesa e alle prerogative negoziali dell’esponente stessa.
Deve ribadirsi quanto già osservato con riguardo all’infondatezza del primo motivo di gravame. È infatti risultato come ONE e le sue consorziate, tra cui l’odierna ricorrente, abbiano frapposto ostacoli al subentro dell’affidatario, quanto meno della scadenza del “contratto ponte”.
Vale anche ribadire come nessuna pronuncia giudiziale abbia mai sospeso gli effetti dell’aggiudicazione definitiva e come l’obbligo immediato e attuale di consentire il subentro del nuovo gestore risultasse operativo. Si osserva come la stessa normativa (statale e regionale) e lo stesso contratto di concessione, erano caratterizzati da una precipua finalizzazione pubblicistica, tal che esisteva un preciso obbligo di trasferimento dei beni da parte del gestore uscente.
Il punto di equilibrio tra tutela del gestore uscente e salvaguardia della posizione acquisita dal nuovo gestore era cioè espressamente previsto e disciplinato, nel senso di garantire il poziore interesse pubblico e la preminente funzione sociale a cui erano destinati i beni strumentali all’espletamento del servizio. Ne deriva che non è possibile rinvenire alcuna giustificazione per il mancato rilascio delle informazioni e dei beni essenziali al nuovo gestore. Tanto meno l’invocata tutela del diritto di proprietà, recessiva in tale ambito rispetto all’interesse pubblico al funzionamento del servizio pubblico e al subitaneo subentro del nuovo gestore. Il che è dimostrato anche dall’ingente danno economico patito sia dal soggetto affidante sia, in generale, dal servizio pubblico, essendo stato di fatto ritardato l’effetto positivo della concorrenza nella gara. Anche la terza doglianza deve dunque essere disattesa.
9. Con una quarta doglianza, la ricorrente contesta poi il provvedimento gravato nella parte in cui ha quantificato il danno subìto dalla Regione Toscana. Lamenta che l’importo sarebbe stato quantificato unilateralmente e in assenza di contraddittorio e che alcun danno effettivo avrebbe patito l’ente regionale.
Il motivo è inammissibile, come eccepito dalla difesa erariale.
Le preoccupazioni della parte ricorrente circa l’incidenza del provvedimento amministrativo sui giudizî risarcitori c.d. follow on non possono essere condivise, atteso che la previsione di cui all’art. 7, comma 2 d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 3 precisa che la violazione del diritto della concorrenza si intende definitivamente acclarata quanto alla natura della violazione e alla sua estensione materiale, personale e territoriale, ma esclude la sussistenza di tale portata dell’accertamento con riferimento al nesso di causalità e all’esistenza del danno (e, quindi, logicamente, anche all’individuazione dei soggetti che possano ritenersi danneggiati). Pertanto, l’ipotetico accoglimento del motivo indicato non sarebbe idoneo ad arrecare alcuna utilità alla ricorrente, trattandosi di questioni che devono, comunque, essere accertate dal giudice civile nei relativi processi ove mai verranno instauranti, fermo restando che il provvedimento impugnato non è in alcun modo vincolante in parte qua (in termini, Cons. Stato, sez. VI, 13 novembre 2024, n. 9104).
Si aggiunga, nel merito, che la quantificazione del danno è avvenuta, da parte dell’Agcm, mediante un calcolo automatico (di cui l’istante è stata resa edotta) che ha fatto leva sulla differenza tra quanto speso in virtù degli atti d’obbligo (che gli ex gestori adottavano nelle more dell’affidamento al nuovo aggiudicatario) e quanto previsto nelle condizioni economiche (più favorevoli per l’ente) risultanti dall’aggiudicazione.
10. Anche il motivo di diritto con cui si contesta la quantificazione della sanzione è infondato.
Risulta invero che l’Autorità ha fatto buon uso del proprio potere discrezionale, conformandosi ai criteri previsti dall’articolo 11 della legge 689/8, come richiamato dall’articolo 31 della legge 287/90, nonché ai criteri interpretativi elaborati nelle Linee Guida di cui alla delibera AGCM 22 ottobre 2014. In primo luogo appare manifesta la gravità della violazione: difatti, è chiaro che l’attività ostruzionistica abbia impedito al legittimo affidatario di un servizio di prestarlo in favore dell’utenza, eliminando in tal modo in radice gli effetti positivi di una gara concorrenziale.
Quanto alla durata dell’infrazione, ai sensi delle Linee Guida, l’Autorità ha fatto riferimento alla previsione secondo cui per le frazioni di anno, la durata è calcolata in funzione dei mesi dei giorni effettivi di partecipazione all’infrazione; pertanto la durata della condotta decorre dal 1 gennaio 2020 e cioè dal giorno successivo alla scadenza del Contratto Ponte sino al 30 agosto 2021, data in cui la ricorrente ha sottoscritto i contratti di cessione.
L’Autorità non ha fatto altro che moltiplicare l’importo base della sanzione per il coefficiente di durata.
Si aggiunga come l’Antitrust ha applicato circostanze attenuanti, considerando l’oggettiva complessità negoziale che in parte ha contribuito a rendere più difficoltosa l’individuazione di un accordo tra le parti, pur a fronte di un obbligo vigente di cessione delle informazioni dei beni essenziali.
L’amministrazione ha altresì considerato la crisi economica che ha interessato il settore in esame, anche alla luce delle misure di contenimento della nota crisi pandemica che ha temporalmente interessato il periodo in questione.
Quanto alla determinazione del quantum, è stato preso in considerazione il valore delle vendite relativo al 2020 quale ultimo anno intero di partecipazione all’infrazione, basato sul corrispettivo erogato dalla Regione Toscana con riferimento a ONE, in quanto la remunerazione derivante dal corrispettivo a carico dell’ente regionale è stata incassata dal Consorzio e poi ripartita proporzionalmente tra le consorziate; mentre per tutte le altre società il valore delle vendite include solo quanto ricavato dei titoli di viaggio venduti per lo svolgimento del servizio (solo per Ataf & Li.nea scarl sono state considerati sia il corrispettivo regionale sia il fatturato derivante dai titoli di viaggio, in quanto tale società è l’unica consorziata che ha incassato il corrispettivo direttamente dalla regione).
Il ragionamento della amministrazione risulta dunque del tutto coerente e logico.
Ne è risultata una sanzione congrua inferiore a massime di tale pari al 10% del fatturato totale realizzato da Ataf gestioni nell’ultimo esercizio anteriore all’accertamento e dunque un importo pari ad euro 253.807,18.
Quanto alla doglianza con cui la ricorrente sostiene di non essere stata posta in condizione di comprendere le modalità concrete di calcolo della sanzione finale, si premette come l’istante avrebbe ben potuto fare accesso (post procedimentale) agli atti, al fine di accertare ciò che era comunque facilmente evincibile- Si osserva che è stata la ricorrente stessa a comunicare all’Autorità il fatturato generato nel 2020. Ne deriva come risulti del tutto agevole ricavare il coefficiente di gravità e le percentuali riconosciute a titolo di circostanza attenuante, anche alla delle cd. “forcelle” riportate nel provvedimento. Si tratta di un metodo usuale per l’amministrazione e puntualmente espresso nell’atto gravato da quale si ricava come il coefficiente di gravità applicato è stato pari a 2% e la prima percentuale applicata a titolo di circostanza attenuante sensi dell’articolo 20 delle Linee Guida è stata pari a 50%, mentre la seconda percentuale applicata ai sensi dell’articolo 34 delle medesime Linee Guida, è stata pari al 15%. Si ribadisce che si tratta di un calcolo estremamente semplice e quasi automatico, che rende la lagnanza del tutto pretestuosa ed infondata.
Si aggiunga che, quanto all’esatto calcolo delle circostanze attenuanti, l’impiego delle «forchette» non comporta una lesione del diritto di difesa in quanto l’impresa è ben conscia (o potrebbe esserlo usando l’ordinaria diligenza) di quali siano i proprî ricavi, potendo quindi calcolare le percentuali d’interesse.
Quanto poi alla contestazione nel merito della determinazione del quantum, che l’istante assume sproporzionato, deve ribadirsi come il valore delle vendite relativo al 2020 (quale ultimo anno intero di partecipazione all’infrazione) si fonda sul corrispettivo erogato dalla Regione con riferimento a ONE, in quanto come detto, la remunerazione derivante dal corrispettivo a carico della Regione Toscana è stata incassata dal consorzio; per converso, per tutte le altre società, il valore delle vendite ha incluso solo quanto ricavato dai titoli di viaggio venduti per esercizio del TPL su gomma; con l’unica eccezione di Ata & Li.nea, per la quale l’Autorità ha considerato, nel valore delle vendite, sia il corrispettivo regionale sia il fatturato derivante dai titoli di viaggio (la detta società ha incassato, unica dalle consorziate, il corrispettivo direttamente dall’ente regionale).
Orbene, la ricorrente ha dichiarato per il 2020 i ricavi derivanti dai proventi dal servizio di TPL, che sono stati poi presi a riferimento dell’amministrazione. Il che permette di respingere la censura di abusiva duplicazione della sanzione degli stessi valori economici ai fini della determinazione del trattamento sanzionatori.
11. Alla luce delle superiori considerazioni, tutti i motivi di ricorso sono infondati, con riveniente rigetto della domanda proposta.
Le spese seguono la soccombenza come da liquidazione in dispositivo nei riguardi dell’Antitrust; mentre possono essere compensate con le altre parti del giudizio in presenza delle condizioni di legge.
TAR LAZIO – ROMA I – sentenza 24.09.2025 n. 16526