1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
1.1 Circa il primo aspetto della decisione impugnata che viene stigmatizzato, relativo, cioè alla mancata tempestiva conoscenza della relazione sanitaria redatta dal dirigente dell’area sanitaria della casa circondariale di L’Aquila, si premette che in tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali. (Sez. 1, Sentenza n. 8521 del 09/01/2013 Cc. (dep. 21/02/2013) Rv. 255304)
Questo collegio ha pertanto verificato le tempistiche di comunicazione della detta relazione e ha accertato che la stessa venne trasmessa al tribunale di sorveglianza il giorno stesso dell’udienza che, come, da verbale, iniziò alle 9.30 mentre l’invio della relazione reca un’indicazione oraria successiva, cioè le 10.25.
Pertanto, è evidente che tale elemento sia sopravvenuto alla chiusura del contraddittorio e che si sia verificato, sotto tale profilo, un vulnus al diritto di difesa che non ha avuto la completa conoscenza degli atti poi utilizzati dal tribunale per decidere.
Benchè, infatti, in tema di procedimento di esecuzione, la produzione di documenti, effettuata nel rispetto del contraddittorio, non soggiace al termine dei cinque giorni antecedenti all’udienza, previsto dall’art. 666, comma 3, cod. proc. pen. per il solo deposito delle memorie. (Sez. 5, n. 5458 del 09/01/2018, Bernini, Rv. 272444 – 01), è pur vero che i documenti debbono comunque essere posti a conoscenza delle parti, ciò che qui non è avvenuto, anteriormente alla chiusura dell’udienza.
Sotto il secondo profilo si osserva che il provvedimento impugnato fa riferimento a tale relazione e proprio per tale rimando fa emergere dei profili di contraddittorietà della decisione.
Il provvedimento impugnato rigetta l’istanza di differimento per ragioni di salute, anche nelle forme della detenzione domiciliare, per le ragioni esposte, ma disattende, pur richiamandola, la relazione sanitaria in oggetto che sollecita l’individuazione di un centro clinico penitenziario ove pare improcrastinabile il trasferimento della condannata.
Quindi è evidente che, per come concluso dal sanitario, nel concreto un regime carcerario ordinario è incompatibile con lo stato di salute della detenuta; e, purtuttavia, il Tribunale rigetta l’istanza non assicurando alla detenuta nel concreto il trattamento sanitario necessario ed adeguato all’interno del carcere.
In tema di differimento dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai fini della valutazione sull’incompatibilità tra il regime detentivo e le condizioni di salute del condannato, ovvero sulla possibilità che il mantenimento dello stato di detenzione costituisca trattamento inumano o degradante, il giudice deve verificare, non soltanto se le condizioni di salute del condannato, da determinarsi ad esito di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all’interno dell’istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche se esse siano compatibili o meno con le finalità rieducative della pena, alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell’età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale. (Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018, Cina’, Rv. 274879 – 01)
La valutazione sull’incompatibilità tra il regime detentivo carcerario e le condizioni di salute del recluso, ovvero sulla possibilità che il mantenimento dello stato di detenzione di persona gravemente debilitata e/o ammalata costituisca trattamento inumano o degradante, va effettuata tenendo comparativamente conto delle condizioni complessive di salute e di detenzione, ed implica un giudizio non soltanto di astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici posti a disposizione del detenuto, ma anche di concreta adeguatezza delle possibilità di cura ed assistenza che nella situazione specifica è possibile assicurare al predetto. (Sez. 1, n. 30495 del 05/07/2011, Vardaro, Rv. 251478 – 01)
L’aspetto che entrambe le pronunce enfatizzano è proprio la necessità di una verifica non già in astratto, bensì in concreto della adeguatezza delle cure assicurabili al condannato; laddove, dunque, come nel caso in esame, nel concreto, nella specificità della situazione, cioè il regime detentivo ordinario, non siano assicurabili alla detenuta le cure di cui necessita, il rigetto della domanda di differimento pena, ovvero di detenzione domiciliare umanitaria non costituisce decisione corretta, perché importa il mantenimento di uno status quo che può integrare un trattamento inumano e degradante.
2. Per le ragioni fin qui esposte la decisione impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila per nuovo giudizio.
3. Sussistono le condizioni previste dall’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 per omettere in caso di diffusione del provvedimento le generalità e gli altri dati identificativi.
Cass. pen., I, ud. dep. 23.09.2025, n. 31812