1. Con l’unico motivo di gravame il ricorrente deduce che, nella disciplina della l.r. 51/2019, non si rinviene alcuna disposizione che limiti i sottotetti recuperabili ai soli volumi utili, la cui realizzazione abbia dato luogo al pagamento del contributo di costruzione.
Il concetto di «volume» recuperabile ai fini della disciplina sui sottotetti andrebbe inteso come «spazio» già occupato, legittimamente esistente, avente le caratteristiche dimensionali e funzionali stabilite dalla normativa.
Al riguardo, la definizione di volume idoneo ai fini del recupero in applicazione della legge regionale sarebbe contenuta nello stesso regolamento edilizio del Comune di Jesolo, che sarebbe stato illegittimamente disatteso dal provvedimento impugnato.
Nel dettaglio, tale regolamento, per definire il sottotetto recuperabile ai fini della disciplina regionale, riprende la definizione n. 23 «Sottotetto», contenuta nel quadro delle definizioni uniformi del regolamento edilizio tipo, recepita dall’Allegato B alla DGRV 15 maggio 2018, n. 669, che, tra l’altro, è in linea con gli insegnamenti della Corte costituzionale per quanto attiene al concetto di «volumi esistenti» (Corte Cost., 26 luglio 2019, n. 208).
Esso, in estrema sintesi, non attribuirebbe alcuna rilevanza all’onerosità del titolo edilizio in virtù del quale è stato realizzato il sottotetto.
In definitiva, la legge regionale 51/2019, perseguendo il fine di contenere il consumo di suolo attraverso un più efficace “riutilizzo dei volumi esistenti”, si limiterebbe a richiedere l’«esistenza del volume», ossia uno spazio legittimamente realizzato avente determinate caratteristiche dimensionali e funzionali, prescindendo dall’avvenuto pagamento del contributo di costruzione.
L’art. 3, comma 2, l.r. 51/2019 chiarirebbe che l’onerosità del volume non è un presupposto dell’intervento di recupero del sottotetto, ma una conseguenza dell’intervento, che sconta il pagamento del contributo, anche perché esso è commisurato alle tariffe per le opere di nuova costruzione.
Da ultimo, il ricorrente sottolinea che, in ogni caso, la liquidazione del contributo spetta al Comune che ha anche il potere di chiederne l’integrazione entro il decennio dal rilascio del titolo; in altri termini, se avesse ritenuto la realizzazione del sottotetto un fatto idoneo a determinare il pagamento del contributo di costruzione, avrebbe dovuto liquidarlo a suo tempo.
2. Al riguardo, l’amministrazione comunale osserva che il punto centrale dell’intero contenzioso è costituito dall’interpretazione della disciplina regionale.
Sarebbe indispensabile offrire una risposta circa il presupposto d’applicazione delle norme in parola.
Occorrerebbe chiarire se il recupero del sottotetto a fini abitativi presupponga l’esistenza di un vero e proprio «volume» residenziale, ancorché non abitabile in ragione del mancato rispetto dei requisiti igienico-sanitari di cui al d.m. 5 luglio 1975 ovvero se esso presupponga (nel caso in cui il sottotetto non costituisse un volume residenziale) la trasformazione del sottotetto in unità residenziale, allorquando sussista volumetria disponibile in base ai vigenti strumenti urbanistici.
Ad avviso del Comune, la norma regionale, da un lato, consentirebbe di rendere agibili i sottotetti sulla base dei parametri dati dalla l.r. 51/2019 (meno restrittivi dei parametri recati dal d.m. 5.7.1975); dall’altro, consentirebbe il cambio di destinazione d’uso dei sottotetti non destinati a residenza, solo nel caso in cui la zona permetta l’incremento di volume residenziale, contestualmente potendosi ottenere anche l’agibilità del sottotetto, ricorrendo i presupposti dati dalla l.r. 51/2019.
Nel caso di specie, il sottotetto, non costituendo un volume residenziale, non potrebbe essere reso residenziale (con modificazione della destinazione d’uso), considerate le previsioni dello strumento urbanistico.
Non andrebbero confusi, come invece farebbe il ricorrente, (a) la nozione di sottotetto a livello definitorio, come spazio compreso tra la copertura e l’estradosso dell’ultimo piano dell’edificio e (b) il presupposto normativo richiesto dalla l.r. 51/2019, la quale postulerebbe l’esistenza del volume residenziale legittimamente realizzato (o ottenibile) e la sussistenza dei requisiti tecnici, per rendere abitabile il vano.
Innanzitutto, la l.r. 51/2019 richiederebbe necessariamente un’interpretazione di carattere formale e restrittivo, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi (Cons. St., sez. II, 9 luglio 2025, n. 5973; Cons. St., sez. VII, 7 febbraio 2025, n. 989); nessuna sua disposizione, anche alla luce delle recenti modifiche apportate dalla l.r. 6/2025, consentirebbe di destinare automaticamente all’uso residenziale sottotetti che già non abbiano tale destinazione o che non la possano avere; nel medesimo senso, dovrebbe interpretarsi anche la norma statale, ossia l’art. 2-bis, comma 1-quater, d.P.R. 380/2001, la quale ammetterebbe solo la deroga delle distanze minime tra edifici e dai confini (a condizione che siano rispettati i limiti di distanza vigenti al momento della realizzazione del sottotetto ed a condizione che non venga modificato il perimetro dello stesso), rinviando – per il resto – alla legislazione regionale.
In breve, il sottotetto potrebbe essere solo recuperato attraverso l’applicazione dell’art. 6, comma 7, della l.r. 14/2019 (ove ricorrano i presupposti ivi scolpiti), che consente il recupero dei sottotetti, con incremento di volumetria residenziale ex lege, nel caso in cui essa non sia disponibile sulla base dei vigenti strumenti urbanistici comunali.
Nel caso di specie, non solo il sottotetto in questione non è destinato a residenza, ma neppure potrebbe esserlo, atteso che non sussiste la disponibilità di indice in base al vigente strumento urbanistico: la zona territoriale omogenea è completamente satura, avendo raggiunto l’indice di 5 mc/mq, ossia il massimo indice ammissibile ai sensi dell’art. 7 d.m. 1444/1968, non derogato né dall’art. 2-bis, comma 1-quater, d.P.R. 380/2001 né dalla l.r. 51/2019.
Tale interpretazione sarebbe l’unica possibile sotto il profilo costituzionale. Infatti, se si ritenesse che la l.r. 51/2019 legittimi sempre e comunque il cambio di destinazione d’uso del sottotetto in volume residenziale come effetto ex lege, la norma regionale comprimerebbe incostituzionalmente l’autonomia pianificatoria comunale, ledendo irrimediabile il parametro costituzionale interposto, dato dagli artt. 5, 114, comma 2, 117, comma 2, lett. p) e comma 6, e dall’art. 118 Cost.
Gemmerebbe, infatti, una moltitudine di volumi residenziali (prima inesistenti), costituenti financo unità edilizie autonome (a seguito dell’abrogazione dell’art. 2, comma 1, lett. d), l.r. 51/2019 ad opera dell’art. 23 l.r. 6/2025, ossia del divieto di aumento delle unità immobiliari), senza alcun adeguamento del dimensionamento dello strumento urbanistico e dei relativi standard, ai sensi dell’art. 31 l.r. 11/2004.
3. Ritiene il Collegio che il motivo di ricorso sia fondato.
Nonostante le suggestive e pregevoli argomentazioni dell’amministrazione a sostegno della propria tesi difensiva, l’interpretazione del quadro normativo offerto dal ricorrente è da preferire, seppure con le precisazioni che seguono.
In primo luogo, occorre prendere le mosse dalle finalità e dalle definizioni indicate all’art. 1 della l.r. 51/2019 – per inciso, intitolata “Nuove disposizioni per il recupero dei sottotetti a fini abitativi” – riportando integralmente il testo normativo: “1. La Regione del Veneto promuove il recupero dei sottotetti a fini abitativi con l’obiettivo di contenere il consumo di suolo attraverso un più efficace riutilizzo dei volumi esistenti e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente, favorendo la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici, nel rispetto delle caratteristiche tipologiche e morfologiche degli edifici nonché delle prescrizioni igienico-sanitarie riguardanti le condizioni di abitabilità, salvo quanto previsto all’articolo 2.
2. Si definisce come sottotetto, ai fini della presente legge, il volume sovrastante l’ultimo piano degli edifici destinati in tutto o in parte a residenza”.
La norma, infatti, da un lato, consente di avere chiaro l’obiettivo perseguito dal legislatore specificamente indicato nel contenimento del consumo di suolo attraverso il recupero dei sottotetti (ossia di quei volumi sovrastanti “l’ultimo piano degli edifici destinati in tutto o in parte a residenza”), dall’altro, sottende un legame con la strumentazione urbanistica e il regolamento edilizio.
Quest’ultimo, all’art. 2, dopo avere precisato al comma 1 che le “definizioni dei parametri urbanistici ed edilizi sono riportate nell’Allegato A che comprende le “Definizioni uniformi”, di cui all’allegato A dell’Intesa Governo-Regioni-Comuni del 20 ottobre 2016, nonché le ulteriori definizioni necessarie a completare la disciplina urbanistica ed edilizia comunale”, elenca (al comma 2) le definizioni uniformi, utilizzate “limitatamente alle trasformazioni ed all’assetto del territorio” disciplinate dal piano degli interventi, tra cui quella di «sottotetto» esplicitata al numero 23.
In tale cornice, è certo che per «sottotetto» deve intendersi lo “spazio compreso tra l’intradosso della copertura dell’edificio e l’estradosso del solaio del piano sottostante”; che “i nuovi locali sottotetto non devono avere una altezza massima al colmo maggiore di m. 2,20”; che “nei sottotetti sono vietate le compartimentazioni atte a creare locali separati, salvo l’applicazione di quanto previsto dall’art. 36.8 in merito al recupero dei sottotetti ai fini abitativi”.
In buona sostanza, la nozione di «volume» riferita al sottotetto e riportata nel testo di legge (peraltro sprovvista di qualunque attributo in grado di connotarlo) coincide con la nozione di «spazio» occupato offerta dalla norma definitoria contenuta nel regolamento edilizio comunale, che ricalca quella del regolamento edilizio tipo la cui adozione è da intendersi quale “espressione di quella “esigenza unitaria e non frazionabile” di semplificazione e di uniformità da garantire su tutto il territorio nazionale (Corte cost. 26 maggio 2017, n. 125, punto 4.3.2. del Considerato in diritto)” (Cons. Stato, sez. IV, 24 luglio 2025, n. 6595).
Dinanzi alla sovrapponibilità dei due concetti, dunque, ai fini del recupero dei sottotetti, occorre avere riguardo essenzialmente alle condizioni e ai limiti di applicazione di cui all’art. 2 l.r. 51/2019 che richiede che gli stessi sottotetti risultino legittimamente realizzati e nel rispetto dell’art. 2-bis, comma 1-quater, d.P.R. 380/2001.
Pertanto, coglie nel segno il ricorrente quando afferma che non è possibile attribuire alcuna rilevanza all’onerosità del titolo edilizio legittimante l’originaria realizzazione del sottotetto.
L’opzione ermeneutica, tuttavia, non può essere spinta ad ulteriori conseguenze in quanto, se è vero che la mancata corresponsione del contributo di costruzione per la parte del fabbricato all’epoca non agibile non può costituire impedimento al suo recupero ai fini abitativi, è pure vero che, nel momento in cui questo è operato, siffatto contributo può essere richiesto dal Comune, il quale peraltro è tenuto a valutare il reperimento degli spazi per i parcheggi pertinenziali (art. 3, comma 4, l.r. 51/2019).
In detta prospettiva, quindi, debbono valorizzarsi tutte le altre previsioni dell’art. 3 l.r. 51/2019 che, ai commi 2 e 3, disciplinano proprio la corresponsione del citato contributo contemplando anche la possibilità per i comuni di deliberare l’applicazione di una maggiorazione “da destinare preferibilmente alla realizzazione di interventi di riqualificazione urbana, di arredo urbano e di valorizzazione del patrimonio comunale di edilizia residenziale”.
In definitiva, un’interpretazione di tal fatta dell’intera legge regionale, e non solo dell’art. 2, non risulta lesiva di alcun parametro costituzionale interposto e, a fortiori, non comprime l’autonomia pianificatoria comunale la cui centralità, per converso, viene ad essere maggiormente esaltata.
Il fatto che il sottotetto in questione non sia stato destinato sin dall’inizio a residenza non significa che non possa esserlo solo perché la relativa zona territoriale omogenea risulta completamente satura, avendo raggiunto, nel caso in esame, l’indice di 5 mc/mq.
Se infatti la legge regionale interviene per arginare il consumo di suolo e lo fa aprendo al recupero dei sottotetti, una volta che si realizza la potenziale compromissione dell’assetto del territorio, nulla impedisce all’ente locale di intervenire chirurgicamente sulla disciplina interna per impedire il moltiplicarsi di volumi residenziali prima inesistenti. In tal senso, è emblematica la previsione di cui al secondo periodo del primo comma dell’art. 2 l.r. 51/2019: “Il regolamento edilizio comunale determina le condizioni e i limiti per il recupero a fini abitativi dei sottotetti […]”.
Quello che rileva, in conclusione, è che l’azione amministrativa trovi un solido addentellato nella lettera delle disposizioni piuttosto che su un’interpretazione sistematica fornita in sede processuale e agganciata ad altre leggi regionali, la quale potrebbe persino risultare forzata e animata esclusivamente dalla volontà di giustificare le decisioni provvedimentali, allo stato, viziate.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso va accolto e, per l’effetto, deve disporsi l’annullamento del provvedimento impugnato.
5. La novità delle questioni trattate impone l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
TAR VENETO, II – sentenza 10.09.2025 n. 1537