15.Con il primo motivo i ricorrenti principali deducono, in relazione all’art.360, n.3 cod.proc.civ., la violazione degli artt. 2,3,30, commi 1 e 3, Cost., artt. 147,148,315,315 bis, 316,316 bis, 337 bis, 337 ter, 2043 e 2059 cod.civ., in combinato disposto degli artt. 2697,2727 e 2729 cod.civ. per avere la Corte d’appello accertato la sussistenza dell’illecito endofamiliare, ma respinto la domanda di condanna al correlato danno per mancanza di prova, invece da ritenersi presunta e tabellarmente quantificata.
16.Il motivo è fondato.
17.Com’è noto, la nozione di illecito endofamiliare si riferisce alle violazioni che intervengono nell’ambito del nucleo familiare ad opera di un membro dei confronti di uno o più degli altri componenti.
18.Con specifico riguardo al rapporto di filiazione è stato più volte affermato da questa Corte (vedi Cass. n. 5652/2012; conf. Cass. n. 3079/2015; id. 34986/2022; id. 375/2025) che la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell’illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti; questa, pertanto, può dar luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. esercitabile anche nell’ambito dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità.
19.In relazione alla individuazione di tale danno, conseguenza della violazione del doveri di cui agli artt. 147 e 148 cod. civ. , è stato chiarito che esso consiste nella lesione di diritti costituzionalmente protetti, e fra questi indubbiamente rientra il diritto alla bigenitorialità, il diritto di natura costituzionale riconosciuto e protetto dagli artt. 2 e 30 Cost., così come rafforzato dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalle Convenzioni di New York del 20.11.89 ratificata con legge n. 176 del 1991, posta a tutela dell’interesse del minore e della responsabilità genitoriale.
20.L’intervenuto riconoscimento dell’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art.2059 cod. civ. comporta che la nota decisione delle Sezioni Unite di questa Corte n.26972 del 2008, così come la successiva n.10527/2011, debbano essere correttamente intese e ribadite.
21.La prima ha affermato che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi “previsti dalla legge” fra cui, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ.: (omissis) c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi – (a) e (b), non sono individuate “ex ante” dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice.
22.La seconda ha affermato oltre al principio che “il danno non patrimoniale, anche nel caso di lesione di diritti inviolabili, non può mai ritenersi “in re ipsa”, ma va debitamente allegato e provato da chi lo invoca, anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici” l’ulteriore principio che “la morte di una persona cara costituisce di per sé un fatto noto dal quale il giudice può desumere, ex art. 2727 cod. civ., che i congiunti dello scomparso abbiano patito una sofferenza interiore tale da determinare un’alterazione della loro vita di relazione e da indurli a scelte di vita diverse da quelle che avrebbero altrimenti compiuto, sicché nel giudizio di risarcimento del relativo danno non patrimoniale incombe al danneggiante dimostrare l’inesistenza di tali pregiudizi”.
23.Ebbene, il completo richiamo a dette pronunce, consente di evidenziare l’erroneità del ragionamento probatorio svolto dalla Corte bresciana sulla domanda risarcitoria per l’accertato danno non patrimoniale conseguente all’illecito endofamiliare.
24.Detto ragionamento si fonda, peraltro, sul richiamo di due pronunce non pertinenti di questa Corte: la n. 1128/2022 che, pronunciando l’estinzione a seguito di rinuncia di una causa di cessazione degli effetti civili del matrimonio, non risulta aver affermato la necessità di prova della elisione della figura paterna, e la n.27139/2021 che ha, diversamente da quanto prospettato, accolto il ricorso in tema di ritenuto illegittimo disconoscimento dell’illecito endofamiliare.
25. Va al contrario di quanto sostenuto dalla Corte territoriale, segnalata l’importanza del doveroso bilanciamento tra il principio che richiede anche per il danno non patrimoniale la necessità di debita allegazione e prova anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici ex artt. 2727-2729 cod. civ., con la notoria circostanza che la lesione da perdita della bigenitorialità costituisce di per sè un fatto noto, dal quale poter desumere un’alterazione della vita del figlio, che comporta scelte ed opportunità diverse da quelle altrimenti compiute.
26.In tale prospettiva non può dubitarsi, con riferimento al caso di specie, come il consapevole disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio, manifestatosi per lunghi anni e connotato, quindi, dalla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determini notoriamente un vulnus, dalle conseguenze di entità rimarchevole ed anche, purtroppo, ineliminabili, a quei diritti che, scaturendo dal rapporto di filiazione, trovano nella carta costituzionale (in part., artt. 2 e 30 Cost.), e altre norme sopra ricordate un elevato grado di riconoscimento e di tutela.
27.Tutto ciò non è stato correttamente considerato dalla Corte territoriale e per questo occorre rinnovare l’accertamento, considerando altresì la giurisprudenza di questa Corte che ai fini della liquidazione del danno da illecito endofamiliare ha già spiegato che i parametri adottati nel distretto per la perdita parentale costituiscono indici da assumere in via meramente analogica e con l’applicazione di correttivi che ne giustificano la liquidazione in via meramente equitativa. Pertanto, il criterio tabellare “può rappresentare un punto di riferimento” nella liquidazione del danno in via analogica ed essere assunto nella soglia minima peraltro non attualizzata al momento della decisione (cfr. Cass. 26205/2013; id.34982/2022).
28.Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art.360 n.4 cod.proc.civ., la nullità della sentenza ex art.161, comma 1, cod.proc.civ., per violazione dell’art.112 cod.proc.civ., in combinato disposto con gli artt. 2907 cod.civ. e l’art.183, comma 6, n. 1, cod.proc.civ., per avere la Corte territoriale respinto la domanda di risarcimento del danno da reato ex artt. 570 e 185 cod.pen., formulata dagli attori, ma ritenuta erroneamente caratterizzata da nuova causa petendi e, per l’effetto, tardivamente proposta nel giudizio di primo grado.
29.Il motivo è infondato, seppure si debba, in via preliminare, precisare che la domanda non è tardiva né nuova.
30.Infatti, come riconosce la stessa Corte d’appello, nell’atto introduttivo era già presente un paragrafo dedicato al “risarcimento di parti attrici per violazione dei doveri parentali”. Rispetto ad esso la richiesta di risarcimento per i danni cagionati al figlio ex art. 570 cod. pen. e quella per avere nell’udienza di comparizione delle parti ex art. 185 cod. pro. civ. subordinato l’adempimento ai propri obblighi verso il figlio all’accettazione di una somma a stralcio da parte della madre, contenute rispettivamente, la prima, nella memoria ex art. 183, comma 6, n.1 cod. proc. civ. e, la seconda, nella memoria ex art. 183, comma 6, n.2, cod. proc. civ., non possono essere considerate “nuove” quindi tardive, per la decisiva considerazione – pure svolta dal ricorrente – che i fatti costitutivi erano già stati descritti e dedotti, e che gli attori si erano limitati ad evidenziare condotte aggravative degli stessi.
31.La medesima considerazione rileva, tuttavia, ai fini dell’esito negativo della censura, poiché evidenzia che si tratta di una questione di qualificazione giuridica dei dedotti fatti costitutivi, come pure già osservato in una fattispecie analoga esaminata da questa Corte (cfr. Cass. 34986/2022) e non costituente un’autonoma e distinta fattispecie di azione ex art. 2059 cod. civ..
32.Con il terzo motivo si deduce, ai sensi all’art.360, comma 1, n.5 cod.proc.civ., l’omessa motivazione, in relazione alla violazione degli artt.316 bis cod.civ. e degli artt.115-116 cod.proc.civ., per avere la Corte territoriale, con decisione contraddittoria, resa su un elemento rilevante della contesa, oggetto di accurata richiesta e prova, determinato a carico del padre il rimborso delle spese sostenute in passato dalla madre per il mantenimento del figlio, comprese le straordinarie, nell’importo attualizzato di €.300,00 mensili, da devalutare, e poi rivalutare, e pro futuro l’importo attualizzato di €.500,00 mensili, da rivalutare, oltre i tre quarti delle straordinarie.
33.Il motivo è fondato.
34.Effettivamente la Corte territoriale ha argomentato sulla scorta dell’offerta in via conciliativa di euro 500,00 mensili fatta dal R.G. in udienza e della maggiore capacità reddituale riconosciutagli rispetto a quella ritenuta dal Tribunale, così in parte riformando la sentenza di prime cure e rideterminando nella maggior somma di euro 500,00 oltre rivalutazione annuale, quella dovuta a titolo di contributo di mantenimento a decorrere dalla domanda, così come fissa nella misura del 60% a carico del padre le spese straordinarie.
35.Al contempo, però, e sulla base di un generico richiamo all’equità ed alla capacità economica delle parti la Corte territoriale ha determinato nella somma di euro 300,00 mensili omnicomprensiva il dovuto per il mantenimento pregresso del figlio dalla nascita alla domanda di primo grado.
36.Ciò posto, sussiste il denunciato vizio di omessa motivazione.
37.Il giudizio equitativo non può ridursi ad un asserto arbitrario e, pertanto, non solleva il giudice dal dovere di rendere una compiuta motivazione in relazione ai parametri utilizzati, i quali realizzano la necessaria intelaiatura di legittimità e sono costituiti da criteri valutativi collegati ad emergenze verificabili, o comunque logicamente apprezzabili, ragionevoli e pertinenti al tema della decisione (cfr. Cass. 28075/2021; id.5669/2025).
38.La Corte territoriale ha richiamato il medesimo parametro della capacità contributiva delle parti, come rideterminato in aumento per il padre, e ciononostante ha formulato, senza una motivazione giustificatrice, due distinte conclusioni sull’entità del contributo di mantenimento a favore del figlio.
39.Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n.5, cod. proc. civ., l’omesso esame della domanda di condanna di parte resistente sulle spese, anche a titolo di sanzione per la posizione processuale assunta dal resistente, avendole al contrario compensate nonostante la soccombenza di parte appellata sulla quasi totalità delle domande ed in relazione alla violazione degli artt.316, 2043 e 2697 cod.civ., all’art. 91,96,115 e 116 cod.proc.civ., conseguente nullità ai sensi dell’art.360 n.4 cod.proc.civ. della sentenza gravata.
40.Il motivo è evidentemente assorbito dall’accoglimento del primo e terzo motivo del ricorso, dovendo il giudice del rinvio provvedere secondo legge alla stregua dell’esito di quel giudizio.
41.In relazione al ricorso incidentale, con il primo motivo si censura, in relazione all’art. 360 n.3 e n.5 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 113 cod. proc. civ. ed art. 1292 cod. civ. e art. 1229 cod. civ. , la motivazione contraddittoria adottata dalla Corte d’appello laddove, dopo aver condiviso la valutazione data dal primo giudice, che aveva respinto la domanda della madre per il rimborso dei costi di mantenimento e di una quota delle spese straordinarie per il mantenimento del figlio dalla nascita alla domanda per mancata prova degli esborsi, ha poi negato di poter far ricorso alle presunzioni semplici, al contempo, però, accogliendo la domanda dell’appellante riconoscendole, in via equitativa, la somma omnicomprensiva di euro 300,00 mensili per il periodo da gennaio 1998 a novembre 2018 e pari a complessivi euro 71.700,00.
42.Il motivo è infondato.
43.La Corte territoriale ha accolto la domanda di regresso legittimamente svolta dalla ricorrente nell’ambito del giudizio di dichiarazione della filiazione naturale la cui sentenza produce, ai sensi dell’art. 278 cod. civ., gli stessi effetti del riconoscimento, per cui pone a carico del genitore, fin dalla nascita del figlio, tutti i doveri inerenti al rapporto di filiazione legittima (art. 261 cod. civ.), compresi quelli di mantenimento, educazione e istruzione. Pertanto, il genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio, ha diritto di ripetere la quota delle relative spese nei confronti del soggetto del quale è stata accertata la paternità o la maternità naturale, in applicazione analogica dell’art. 1299 cod. civ., che prevede il regresso tra condebitori solidali quando l’obbligazione sia stata adempiuta da uno solo di essi, alla stregua del principio che si trae dall’art. 148 (richiamato dall’art. 261 cod. civ. per la filiazione naturale) che, prevedendo l’Azione giudiziaria contro il genitore inadempiente, postula il diritto di quello adempiente di agire in regresso nei confronti dell’altro (cfr. Cass. 5619/1987; 2907/1994; 15756/2006).
44.La Corte di merito ha poi determinato il relativo importo che, però, in accoglimento del terzo motivo del ricorso principale dovrà essere oggetto di rinnovata la statuizione senza che ciò travolga la legittimità della statuizione sull’an.
45.Con il secondo motivo si censura, in relazione all’art. 360 n.3 e n.5 cod. proc. civ., la sentenza in relazione all’art. 91 cod. proc. civ., nella parte in cui vengono compensate le spese di entrambi i gradi di merito.
46.Il motivo è assorbito dal rigetto del primo motivo del ricorso incidentale.
47.In conclusione, dunque, sono accolti il primo e terzo motivo del ricorso principale, è rigettato il secondo ed assorbito il quarto del medesimo ricorso, mentre va respinto il primo motivo del ricorso incidentale ed assorbito il secondo.
48.La sentenza impugnata è cassata nei limiti del ricorso accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Brescia per nuovo esame in applicazione del seguente principio di diritto:
“Il principio che richiede anche per il danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. la necessità di debita allegazione e prova anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici ex artt. 2727-2729 cod. civ. va bilanciato con la circostanza che la perdita della bigenitorialità realizzata attraverso la consapevole sottrazione ai doveri di assistenza morale e materiale dl figlio, costituisca di per sè un fatto noto, dal quale poter desumere un’alterazione della vita del figlio, che comporta scelte ed opportunità diverse da quelle altrimenti compiute.”
49.Il giudice del rinvio provvederà anche a statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Cass. civ., I, ord., 07.09.2025, n. 24719