*Urbanistica e edilizia – Liquidazione degli usi civici, opere di ripristino per il miglioramento della qualità del paesaggio e parere negativo della Regione Lazio

*Urbanistica e edilizia – Liquidazione degli usi civici, opere di ripristino per il miglioramento della qualità del paesaggio e parere negativo della Regione Lazio

Il giudice di primo grado ha disposto la compensazione delle spese di giudizio.

2. Occorre premettere quanto segue.

2.1. La società Paguro s.r.l. ha presentato in data 27 ottobre 2020 un’istanza per l’attivazione della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, ai sensi dell’art. 27 – bis del d.lgs. 152/2006, riguardante un progetto di “Bonifica del Sito ex cava Località La Cogna con sistemazione idrogeologica, rinaturalizzazione e deposito definitivo in sito dei rifiuti rimossi dalla bonifica e sovvalli”, da realizzare nel Comune di Aprilia (LT), in località “La Cogna”.

2.2. A seguito della verifica documentale, la Regione Lazio, recependo anche le richieste di integrazione documentale pervenute dalle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento, ha richiesto alla società proponente di integrare la documentazione mancante.

2.3. Nel verbale del 1^ Conferenza dei servizi veniva precisato che il relativo procedimento era finalizzato all’acquisizione di autorizzazioni/pareri/nulla osta o atti di assenso previsti ai fini del rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale, ai sensi dell’art 27 – bis d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i.

2.4. Il progetto presentato dalla società concerne la realizzazione di una discarica per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi e prevede la contestuale bonifica del sito.

L’area individuata per la realizzazione del progetto è costituita da un sito precedentemente interessato da attività estrattiva e ubicato in zona a destinazione agricola, inserita nel Piano regionale delle bonifiche tra i siti contaminati della Regione Lazio.

In particolare, l’area in questione è stata utilizzata a partire dagli anni ‘70 come cava di materiali tufacei e pozzolanici, modificando l’orografia con la creazione di fronti verticali anche di 30 mt. ancora scoperti e un piano di cava sub – pianeggiante.

2.5. In sede di Conferenza di servizi la Direzione regionale competente in materia di territorio e paesaggistica ha reso parere negativo, evidenziando che “in considerazioni della disciplina paesaggistica attualmente vigente, verificato peraltro che le diposizioni normative richiamate risultano confermate nel PTPR approvato …delibera di approvazione n. 5 del 21.04.2021, si rileva la mancata conformità paesaggistica delle opere finalizzate alla discarica di rifiuti non pericolosi, secondo quanto disposto nelle norme di tutela dei Paesaggi riportate nello stralcio delle Tabelle B, risultando in contrasto con le norme di tutela del Paesaggio Naturale di Continuità e Paesaggio agrario di Rilevante Valore”.

2.6. Con la legge 20 novembre 2017 n. 168: “Norme in materia di domini collettivi” è stata introdotta la nuova disciplina delle terre gravate da usi civici con la quale è stata, fra l’altro, rafforzata la tutela ambientale dei territori di “dominio collettivo”. Con tale norma è stata ulteriormente chiarita la natura del vincolo “paesaggistico” che interviene ope legis sulle aree gravate da usi civici.

In merito all’obbligo di mantenimento del vincolo paesaggistico sui terreni gravati anche a seguito della liquidazione dell’uso civico, la legge 168/2017 all’art. 3, comma 6, dispone: “Con l’imposizione del vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici di cui all’articolo 142, comma 1, lettera h), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l’ordinamento giuridico garantisce l’interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Tale vincolo è mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici”.

2.7. Questo Consiglio, con sentenza n. 7422/2024, ha confermato la permanenza sull’area in questione del vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, c. 1, lett. h), del d.lgs. n. 42/2004 (a norma del quale: “1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo: a) …h)  le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;…)”.

3. Tanto premesso, l’odierna appellante ha contestato la sentenza impugnata sotto diversi profili.

3.1. Con il primo motivo di gravame deduce: error in procedendo et in iudicando con riferimento alla decisione sui motivi di impugnazione del ricorso principale di primo grado (violazione e falsa applicazione della l.r. n. 24/1998, dell’art.146, commi 7 e 8 del d.lgs. 42/2004; dell’art. 142, commi 1, lett. h), 2 e 3 del d.lgs. 42/2004; dell’art. 3 l. 168/2017 e dell’art. 11 l.r. Lazio 24/1998; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, mancanza di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti).

Con il ricorso introduttivo del giudizio la società Paguro aveva contestato la legittimità del parere negativo della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio – Soprintendenza espresso nella procedura VIA sul progetto presentato dalla società (il parere individua, tra i motivi di dissenso rispetto al progetto presentato, la sussistenza del vincolo paesaggistico, di cui all’art. 142, comma 1, lettera h), del d.lgs. 42/2004).

La società evidenzia preliminarmente che in relazione all’area in questione è stata presentata in data 22 novembre 2016 istanza di liquidazione dei diritti di uso civico, con versamento del relativo importo di affrancazione il 5 maggio 2017; la Regione Lazio ha adottato il provvedimento conclusivo del procedimento solo in data 10 aprile 2018 (determinazione regionale n. G04640), ossia quando era già entrata in vigore la l. 20 novembre 2017, n. 168, in materia di domini collettivi (che ha mantenuto il vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, comma 1, lettera h, del d.lgs. 22/01/2004, n. 42 anche in caso di liquidazione dell’uso civico).

La determinazione regionale è stata impugnata dalla società (il ricorso è stato respinto dal T.a.r. Lazio con sentenza n. 10541/2022, confermata dal Consiglio di Stato, con riguardo alla domanda di annullamento, con sentenza n. 7422/2024).

Indipendentemente dall’esito dell’appello, la società sostiene che la sussistenza del vincolo paesaggistico non costituisca, di per sé, un impedimento all’approvazione del progetto presentato, essendo solo necessario che l’ente preposto al vincolo eserciti un livello di controllo maggiore sulla possibilità di intervento proposto o comunque esponga in maniera dettagliata i motivi per cui l’opera non può essere realizzata.

La Soprintendenza non poteva limitarsi ad esprimere parere negativo per il solo fatto della esistenza del vincolo, ma avrebbe dovuto esprimere le ragioni per cui riteneva l’intervento incompatibile con il vincolo stesso o avrebbe dovuto esprimersi in modo tale da mettere la società Paguro in condizione di realizzare il progetto (secondo il principio del dissenso costruttivo).

L’appellante denuncia il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine ai vizi denunciati nei confronti del parere della Soprintendenza (difetto di istruttoria; manifesta illogicità, incoerenza, contraddittorietà, disparità di trattamento).

In particolare, la società aveva messo in rilievo il contrasto tra il parere della Sovrintendenza oggetto di impugnativa e il precedente parere favorevole emesso il 16 febbraio 2017 per l’intervento proposto dalla medesima società sul medesimo fondo e sulla base di un progetto avente un impatto maggiore sull’ambiente.

L’erroneità del giudizio espresso (sia dalla Soprintendenza, che dalla Regione Lazio) consisterebbe soprattutto nel fatto di non aver tenuto conto delle opere di bonifica e rinaturalizzazione/ e di ricomposizione paesaggistica dell’area, proposte dalla società appellante.

Quanto esposto con riferimento agli usi civici, a giudizio dell’appellante, deve valere anche con riferimento all’esistenza dei vincoli per la presenza di corsi d’acqua pubblica e di aree boscate.

Tali vincoli non sarebbero, di per sé, ostativi alla realizzazione dell’intervento proposto; inoltre nel predetto progetto “l’area boscata” è esclusa da ogni intervento se non di rinaturalizzazione, mentre l’area interessata dal vincolo per la presenza di corsi d’acqua è oggetto di interventi di sola bonifica.

Anche con riferimento alla classificazione dell’area come zona E, sottozona “E2 Agricola Vincolata“, la società appellante evidenzia che questa classificazione non rappresenterebbe un impedimento alla realizzazione dell’intervento proposto, prevedendo il progetto presentato il ripristino del verde agricolo.

3.2. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante deduce: error in procedendo et in iudicando con riferimento alla decisione sui motivi di impugnazione del primo ricorso per motivi aggiunti di primo grado (violazione dell’art. 146, c. 8, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; degli art. 7, 18 e 40, c. 4, lett. f), del PTPR 2021; degli artt. 18 – ter, comma 1, lett. b – ter, e 29 della l.r. Lazio 6 luglio 1998 n. 24; degli artt. 27 – bis, 242, comma 7, artt. 213 e 208, comma 6, d.lgs. 152/2006; difetto di motivazione e istruttoria, erroneità dei presupposti).

Con il primo ricorso per motivi aggiunti, la società Paguro aveva censurato l’atto della Regione Lazio del 9 giugno 2021 prot. n. 459912/2021, con cui è stato espresso parere non favorevole alla realizzazione dell’intervento.

La società appellante evidenzia di aver dedotto sette motivi di impugnazione; lamenta che sui primi quattro vi sarebbe omessa pronuncia del TAR “e gli stessi motivi, quindi, devono intendersi qui integralmente reiterati”.

La società appellante contesta diffusamente le conclusioni del giudice di primo grado anche con riguardo alle censure esaminate.

Nel quinto motivo dei primi motivi aggiunti si era evidenziato che nel corso della Conferenza di servizi era intervenuto il nuovo Piano Territoriale Paesaggistico Regionale – PTPR 2021, che, all’art. 18, prevede la realizzazione di discariche; poiché il PTPR sostituisce, sia nella parte normativa che nella parte cartografica, i piani territoriali paesistici vigenti (art. 7), sarebbe evidente che il parere doveva essere rivisto e aggiornato; anche su tale motivo vi sarebbe stata omessa pronuncia del giudice di primo grado.

Nel sesto motivo di ricorso la società Paguro aveva richiamato le norme che, a suo giudizio, pur in presenza di un vincolo paesaggistico, avrebbero consentito la realizzazione della discarica, qualificabile come opera di interesse pubblico; anche su tale motivo vi sarebbe stata omessa pronuncia.

Nel settimo motivo la società Paguro aveva contestato le argomentazioni regionali secondo cui, ai fini della realizzazione del progetto, si sarebbe dovuto procedere preliminarmente alla riclassificazione urbanistica dell’area da zona “E2 Agricola Vincolata” a zona propria per discarica.

L’appellante richiama l’art. 242, comma 7, nonché gli artt. 213 e 208, comma 6, d.lgs. 152/2006, evidenziando che l’approvazione/autorizzazione del progetto costituisce ex se automatica variante urbanistica.

3.3. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante deduce error in procedendo et in iudicando con riferimento alla decisione sui motivi di impugnazione del secondo ricorso per motivi aggiunti di primo grado (violazione degli artt. da 3 a 6 – bis l. 07/08/1990, n. 241; eccesso di potere per incompetenza e sviamento di potere).

La società Paguro ha impugnato anche la nota del 18 giugno 2021 (prot. U.0540246) della Regione Lazio, con cui è stata respinta la richiesta di revisione dei pareri di ARPA Lazio e della Soprintendenza ed è stata convocata la seconda seduta della Conferenza di servizi.

L’appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado (che ha ritenuto legittimo l’operato della amministrazione), in quanto nella nota impugnata l’amministrazione regionale non si sarebbe limitata ad esprimere valutazioni di natura istruttoria, ma si sarebbe sostituita alle altre amministrazioni partecipanti alla Conferenza.

3.4. Con il quarto motivo di gravame, l’appellante deduce: error in procedendo et in iudicando con riferimento alla decisione sui motivi di impugnazione di cui al quarto motivo del ricorso introduttivo, primo e secondo motivo del 1° atto recante motivi aggiunti, secondo motivo del 2° atto recante motivi aggiunti, primo e secondo motivo del 3° atto recante motivi aggiunti, primo e secondo motivo del 4° atto recante motivi aggiunti, sesto motivo del 5° atto recante motivi aggiunti, terzo motivo del 7° atto recante motivi aggiunti (violazione dell’art. 2 c. 8 bis, 7, 10 bis, 14-bis, 14 – ter e 17 bis della l. 241 del 1990, art. 4 l.r. 28/2019).

Il giudice di primo grado ha esaminato congiuntamente alcuni motivi di ricorso reiterati più volte (ricorso e motivi aggiunti) e che attengono alla violazione del principio del contraddittorio, alla violazione del silenzio – assenso e alla tardività.

A giudizio dell’appellante, la partecipazione procedimentale sarebbe stata solo apparente.

Nonostante la copiosa documentazione integrativa depositata e nonostante le numerose controdeduzioni, le amministrazioni procedenti non avrebbero indicato i motivi per cui le osservazioni presentate non sono state condivise.

Quanto al silenzio assenso, l’appellante prende atto della giurisprudenza richiamata (in base alla quale tale istituto si applicherebbe solo ai rapporti fra l’amministrazione procedente per l’adozione di un provvedimento definitivo e quelle chiamate a rendere assensi, concerti o nulla osta a questo prodromici, e non anche al rapporto interno fra le amministrazioni chiamate a co-gestire l’istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi nei confronti di un’amministrazione terza), ma evidenzia che si tratta di una ricostruzione giurisprudenziale.

Evidenzia che nel punto III.3 dei settimi motivi aggiunti aveva denunciato la tardività con cui sono stati rilasciati alcuni pareri, computando anche i periodi di sospensione legittima del procedimento.

Il giudice di primo si sarebbe limitato a considerazioni generiche e di stile senza esaminare in dettaglio le deduzioni di parte appellante.

3.5. Con il quinto motivo di gravame, l’appellante deduce: error in procedendo et in iudicando con riferimento alla decisione sui terzi, quarti e quinti motivi aggiunti di primo grado (Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis, 14, 14-ter e 17-bis l. 07/08/1990, art. 242 e 242-ter in relazione all’art. 27-bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e PNRR, art. 10 TCE, in relazione all’art.1 della l.241/90, artt.7 quinquies e sexies e dell’all.1 del d.lgs. 13/01/2003, n. 36 – attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti- in relazione alla Deliberazione del 21 Consiglio Regionale 5/8/2020, n. 4, del titolo I, capo I e II, del D.L. 31/05/2021, n. 77, artt. 101 e 102 TFUE, dell’articolo 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 e dell’art. 16 primo comma del Regolamento CE n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002; eccesso di potere per difetto di motivazione e contraddittorietà. Incompetenza).

Il giudice di primo grado avrebbe omesso di esaminare i terzi motivi aggiunti, con cui era stato impugnato il parere non favorevole dell’ARPA Lazio del 4 maggio 2021 e i quarti motivi aggiunti, con cui era stato impugnato il parere non favorevole della Regione Lazio – Area AIA del 24 novembre 2021.

Ritenendo che il giudice di primo grado non si sarebbe soffermato sulle censure dedotte in primo grado, l’appellante opera un rinvio a tutti i motivi esposti nei terzi e quarti motivi aggiunti.

Reitera anche il motivo IV.3 dei settimi motivi aggiunti.

La società appellante si sofferma sui quinti motivi aggiunti, con i quali era stato impugnato il “parere unico contrario” prot.n. 1016955 del 7 dicembre 2021 della Regione Lazio – Area bonifica.

Il giudice di primo grado ha evidenziato la preventiva mancata approvazione dell’Analisi di Rischio sito specifica; nel ricorso per quinti motivi aggiunti, al contrario, si era rappresentato che l’Analisi di rischio era stata prodotta insieme a tutti i documenti del progetto.

Sostiene di aver predisposto l’Analisi di rischio sito – specifica, che veniva depositata unitamente a tutto il resto della documentazione del progetto, per essere approvata nell’ambito della Conferenza di servizi.

Nel caso di specie, l’approvazione dell’analisi di rischio non sarebbe avvenuta per ragioni relative al riparto di competenze tra il Comune e la Regione, di cui l’appellante contesta il fondamento.

3.6. Con l’ultimo motivo di gravame, l’appellante deduce il mancato esame di alcuni motivi di ricorso, che dichiara di voler riproporre (senza riprodurli), con il mero richiamo ai relativi paragrafi.

4. Si sono costituiti in giudizio con atto di mera forma Roma Capitale e il Ministero della Cultura.

5. Si è costituita in giudizio la Provincia di Latina, chiedendo la conferma della sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la sua estromissione dal giudizio, per difetto di legittimazione passiva.

6. Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, evidenziando che risulta attualmente in corso il procedimento relativo all’approvazione di un altro progetto, facente capo alla società FRALES s.r.l., (che ha presentato una nuova istanza di P.A.U.R., ai sensi dell’art. 27 – bis del d.lgs. 152/2006, riguardante un progetto denominato “Proposta di sito in località Sant’Apollonia, Comune di Aprilia”), finalizzato alla realizzazione di un deposito definitivo di rifiuti per garantire l’autosufficienza dell’ATO di Latina nelle vicinanze dell’area del presente progetto.

La discarica proposta dalla società FRALES S.r.l. è stata individuata nell’ambito dell’aggiornamento del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (P.R.G.R.) 2019 – 2025, approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n. 4 del 5 agosto 2020; la nuova discarica rappresenterebbe uno degli impianti previsti per l’offerta impiantistica regionale in grado di garantire la volumetria necessaria per lo smaltimento dei rifiuti urbani trattati, in conformità con il fabbisogno stimato fino al 2031.

La Regione Lazio ha sostenuto che entrambi i progetti (quello presentato da FRALES s.r.l., e quello della società Paguro) sarebbero riconducibili al medesimo soggetto giuridico, ossia alla società MTS Ambiente Innovazioni e Tecnologie s.r.l., considerando che le predette società hanno lo stesso unico socio, la stessa sede legale (in Aprilia, in Via Mozart 1) e che il progetto risulta riguardare la stessa tipologia impiantistica di rifiuti non pericolosi, sempre allo scopo di garantire il soddisfacimento delle necessità dell’ATO di Latina.

Sempre in via preliminare, la Regione Lazio eccepisce l’inammissibilità del ricorso in appello, per carenza di interesse, in quanto allo stato il terreno dove dovrebbe insistere l’intervento proposto dalla società appellante (Comune di Aprilia, località “La Cogna”, censito al NCEU foglio 115 mappale 5, 6, 7, 8, 10, 12, 21, 1161, 1547, 1568, della superficie di circa 14.16,8 ettari) sarebbe inidoneo ad ospitare un sito di stoccaggio rifiuti, non solo per le ragioni esplicitate nei vari atti impugnati, ma anche in quanto da ultimo è intervenuta la sentenza di questo Consiglio, n. 7422/2024, con la quale è stata confermata, in via definitiva, la permanenza sui terreni della ricorrente del vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, c. 1, lett. h), del d. lgs. n. 42/2004.

Nel merito, ha contestato le deduzioni di parte appellante e ne ha chiesto il rigetto.

7. Nella memoria depositata in data 29 maggio 2025, la società appellante ha contestato la improcedibilità del ricorso in appello, per effetto della presentazione di un altro progetto, in quanto proposto da altro soggetto, dotato di distinta personalità giuridica e proprio patrimonio, “ancorché in ipotesi appartenente a un medesimo soggetto controllante”.

Ha contestato inoltre l’eccezione inammissibilità dell’appello, per carenza di interesse, motivata con gli esiti del contenzioso insorto sulla permanenza del vincolo paesaggistico su parte dell’area di proprietà della società Paguro, pur a seguito dell’affrancazione dei pregressi usi civici, in ragione di quanto deciso, dal Consiglio di Stato con sentenza n. 7422/2024; a tale riguardo, ha evidenziato che l’appello è stato proposto prima che si formasse il giudicato sul punto, intervenuto soltanto a seguito della sentenza n. 10018/2024, con la quale il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso per revocazione proposto dalla stessa Regione Lazio.

Ha evidenziato che la sentenza del Consiglio di Stato n. 7422/2024 non ha determinato la improcedibilità del ricorso in appello per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto nell’atto di appello, la società ha evidenziato che il vincolo paesaggistico ex lege non è di per sé ostativo alla realizzazione dell’intervento.

Oltre a ciò, residuerebbe in capo all’appellante l’interesse risarcitorio, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., quantomeno nella forma dell’interesse negativo e del danno emergente, anche in ragione della censurata protrazione del procedimento ben oltre il termine di legge.

Nel merito, ha insistito per l’accoglimento dell’appello.

8. All’udienza pubblica del 19 giugno 2025 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

9. In via preliminare, il Collegio rileva il giudice di primo grado ha accolto la richiesta di estromissione dal giudizio della Provincia di Latina, per difetto di legittimazione passiva; il relativo capo di sentenza non risulta essere stato contestato né dalla società appellante né dalle amministrazioni costituite nel presente grado di giudizio, con conseguente formazione del giudicato interno espresso, preclusivo di ogni ulteriore valutazione da parte del giudice di appello (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 3 gennaio 2025 n. 31; 13 settembre 2024 n. 7572; 6 settembre 2017 n. 4215; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 8 maggio 1996 n. 2).

10. Sempre in via preliminare, il Collegio deve rilevare che nell’atto di appello la società Paguro lamenta l’omesso esame di alcuni motivi dedotti nel giudizio di primo grado e asseritamente non esaminati dal Ta.r., operando un rinvio per relationem al ricorso introduttivo del giudizio o ai ricorsi per motivi aggiunti.

A riguardo, occorre precisare che nel giudizio di appello non è sufficiente la riproposizione dei motivi di impugnazione non esaminati attraverso un mero richiamo per relationem al ricorso introduttivo e agli atti del giudizio di primo grado privo della precisazione del loro contenuto, poiché l’art. 101 comma 2 c.p.a., utilizzando il termine “espressamente”, ha evidentemente inteso pretendere che la parte specifichi l’ambito della devoluzione al giudice di secondo grado, sì da mettere questi nelle condizioni di avere una conoscenza compiuta delle questioni e le controparti a contraddire sulle stesse, mentre il mero richiamo non consente il recupero dei vizi denunciati in primo grado senza che sia necessario compulsare il fascicolo di primo grado (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 3 giugno 2024 n. 4950; Sez. II, 12 dicembre 2022, n. 10841); la mancata riproposizione preclude, dunque, al giudice di appello di conoscere i motivi di ricorso di primo grado non riproposti ritualmente, pena il vizio di ultrapetizione (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 3 giugno 2024 n. 4950; Sez. V, 15 febbraio 2023, n. 1585; Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2839).

11. Ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità, sollevate dalla Regione Lazio, essendo il ricorso in appello infondato nel merito.

12. La società Paguro s.r.l. ha presentato in data 27 ottobre 2020 una istanza per la attivazione della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale finalizzata al rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale, ai sensi dell’art. 27 – bis del d.lgs. 152/2006 per un progetto di “Bonifica del Sito ex cava Località La Cogna con sistemazione idrogeologica, rinaturalizzazione e deposito definitivo in sito dei rifiuti rimossi dalla bonifica e sovvalli”, da realizzare nel Comune di Aprilia (LT), in località “La Cogna”.

Il progetto prevede la realizzazione di una discarica per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi al fine di bonificare il sito attualmente contaminato e la realizzazione di vasche per il deposito definitivo di rifiuti provenienti dalla bonifica del sito stesso, per l’abbancamento di sovvalli provenienti da altri siti in bonifica e sovvalli derivati da materiali residuali da trattamento meccanico biologico o residuali da raccolta differenziata.

Si tratta quindi di un intervento di natura composita, che prevede al contempo la bonifica di una ex cava e la realizzazione di una discarica per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi.

13. Occorre premettere che negli atti impugnati sono stati evidenziati plurimi motivi ostativi alla realizzazione dell’intervento proposto dalla società Paguro:

a) l’area interessata dall’intervento è soggetta a vincolo relativo ai corsi di acqua pubblica e, in parte, a vincolo per le aree boscate;

b) l’area è soggetta a vincolo paesaggistico, ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 42/2004, in quanto gravata da usi civici, ancorché oggetto di provvedimento regionale di liquidazione;

c) le norme tecniche di attuazione del P.T.P.R. vigente prevedono per le discariche solo interventi di ripristino delle componenti naturali e comunque finalizzate al miglioramento della qualità del paesaggio;

d) le aree oggetto di intervento sono qualificate dal P.R.G. del Comune di Aprilia come zona E, sottozona “E2 agricola vincolata”.

14. Orbene, non è controverso tra le parti il fatto che l’area oggetto di intervento è gravata da uso civico e, quindi, è vincolata paesaggisticamente, ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 42/2004.

Occorre altresì evidenziare che il Consiglio di Stato, con sentenza n. 7422/2024, ha riconosciuto la legittimità della determinazione del 10 aprile 2018, con la quale la Regione Lazio ha disposto la liquidazione del diritto di uso civico di pascolo in favore della collettività residente in Ardea (Roma) gravante su un fondo sito nel Comune di Aprilia (LT) di proprietà della medesima Paguro, con contestuale affrancazione del canone di natura enfiteutica, disponendo nel contempo che, per effetto dell’entrata in vigore della l. n. 168/2017 sui domini collettivi ha mantenuto il vincolo paesaggistico sul predetto fondo (art. 3, comma 6, l. n. 168/2017, a norma del quale: “6. Con l’imposizione del vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici di cui all’articolo 142, comma 1, lettera h), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l’ordinamento giuridico garantisce l’interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Tale vincolo è mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici”).

15. Alla luce della intervenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 240 del 17 novembre 2020 per le valutazioni di conformità paesaggistica, deve farsi riferimento alla Direttiva Regionale n. 1056599 del 3 dicembre 2020 in merito alla disciplina paesaggistica da applicare, la quale in relazione alla situazione vincolistica presente dispone che: “per i beni tutelati ope legis (artt. 134, comma 1, lett. b), e 142 del d.lgs. 42/2004): deve essere effettuata la verifica di conformità in base alla norma più restrittiva tra i PTP vigenti, il Capo III del PTPR adottato e la misura di salvaguardia di cui all’art. 21 della l.r. 24/1998, e più precisamente con il relativo Capo II – Modalità di tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico”.

In relazione al vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, comma 1, lettera h), del d. lgs. 42/2004, trovano applicazione le disposizioni dell’art. 39 “Disciplina per le aree assegnate alle università agrarie e per le aree gravate da uso civico” delle N.T.A. del P.T.P.R., che, al comma 5, dispone “L’esercizio degli usi civici o dei diritti di promiscuo godimento, di natura essenziale o utile ai sensi dell’articolo 4 della l. 1766/1927, deve in ogni caso svolgersi con modalità compatibili con le norme del PTPR; in tal caso si applica la disciplina di tutela e di uso degli ambiti di paesaggio individuati dal PTPR”.

Le N.T.A. del P.T.P.R. vigenti ratione temporis, per quanto riguarda le discariche – recupero e ampliamenti, indicano, come obiettivi specifici di tutela e disciplina dei paesaggi di riferimento, nelle tabelle relative alla disciplina delle azioni/trasformazioni e obiettivi di tutela per il paesaggio naturale e naturale di continuità, le sole opere di ripristino delle componenti naturali e comunque finalizzate al miglioramento della qualità del paesaggio.

L’intervento proposto dalla società appellante ha natura composita di bonifica e di discarica, che non risulta compatibile con le norme del P.T.P.R. vigente.

Ne consegue che non può essere condiviso quanto sostenuto dalla ricorrente in sede procedimentale, laddove, in merito alla presenza del vincolo paesaggistico ex art. 142, comma 1, lett. h), ha dichiarato: “È evidente che il procedimento è stato incardinato e di fatto definito in date antecedenti alla entrata in vigore della L. 20/11/2017 n° 168 in materia di domini collettivi che, per le istanze relative alle acquisizioni, liquidazioni, legittimazioni, azioni già definite o con procedimenti iniziati ed in via di definizione prima dell’entrata in vigore della L. 168/2017 restano ferme le disposizioni regionali previgenti come riportato nella stessa Determinazione di Liquidazione”. La tesi sostenuta dalla società si pone in contrasto con il contenuto dispositivo della determinazione regionale G06440 del 10 aprile 2018 di liquidazione degli usi civici gravanti nell’area di intervento, nella quale la competente Area Usi Civici Credito e Calamità Naturali, ha espressamente disposto che “per effetto dell’entrata in vigore della L. 20/11/2017, n.168, in materia di domini collettivi, è mantenuto il vincolo paesaggistico, di cui all’art. 142, comma 1, lettera h) del D. Lgs. 42/2004” (la cui legittimità è stata definitivamente accertata con sentenza del Consiglio di Stato n. 7422/2024).

Diversamente da quanto rappresentato dalla società sono state esplicitate dalla Soprintendenza le ragioni per le quali la realizzazione dell’intervento in zona vincolata ex lege non era ammissibile (per incompatibilità con le previsioni del PTPR).

16. Non è condivisibile quanto sostenuto dalla società nella memoria depositata in data 29 maggio 2025, nella quale si sostiene che debba applicarsi alla fattispecie dedotta in giudizio non l’art. 39 del PTPR, ma l’art. 40 del nuovo PTPR (approvato dal Consiglio regionale con deliberazione 21/04/2021 n. 5 e pubblicato sul BURL sia in data 10/06/2021).

La predetta deliberazione non reca la formula della immediata eseguibilità, con la conseguenza che i suoi effetti non potevano decorrere che dalla sua pubblicazione.

In ogni caso, l’art. 40 delle N.T.A. del nuovo P.T.P.R. reca disposizioni analoghe a quelle precedente PTPR, disponendo al comma 5: “5. L’esercizio degli usi civici o dei diritti di promiscuo godimento, di natura essenziale o utile ai sensi dell’articolo 4 della l. 1766/1927, deve in ogni caso svolgersi con modalità compatibili con le norme del PTPR; in tal caso si applica la disciplina di tutela e di uso degli ambiti di paesaggio individuati dal PTPR”.

17. Non assume rilievo dirimente sul piano giuridico il fatto che in passato la Soprintendenza avesse espresso un parere favorevole rispetto ad altro progetto presentato dalla medesima società, di maggiori dimensioni, non potendo essere utilizzati come parametro della legittimità degli provvedimenti impugnati atti procedimentali relativi a fattispecie estranea all’oggetto del presente giudizio.

18. Il ricorso in appello deve essere respinto, in quanto la non compatibilità dell’intervento proposto con il vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, comma 1, lettera h), del d.lgs. 42/2004 e con il P.T.P.R. è di per sé sufficiente a giustificare il rigetto della istanza.

Gli altri motivi di doglianza formulati dalla appellante possono essere dichiarati assorbiti; in presenza di provvedimenti con motivazione plurima solo l’accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui essi risultano incentrati può determinarne l’illegittimità, con conseguente possibilità per il giudice amministrativo di disporne l’annullamento; laddove pertanto il provvedimento impugnato sia sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, qualora ritenga di dover respingere le censure indirizzate verso uno soltanto dei motivi assunti a base dell’atto controverso, può respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento (Consiglio di Stato, Sez. V, 13 febbraio 2025 n. 1215; Sez. III, 19 dicembre 2024 n. 10219; Sez. IV, 9 dicembre 2024 n. 9891; Sez. V, 2 ottobre 2024 n. 7911).

19. In conclusione, per le ragioni sopra richiamate, il ricorso in appello si rivela infondato e va respinto.

20. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nel dispositivo in favore della Regione Lazio, seguono la soccombenza; le spese di giudizio sono invece compensate nei confronti della Provincia di Latina, di Roma Capitale e del Ministero della Cultura.

CONSIGLIO DI STATO, IV – sentenza 09.09.2025 n. 7264 

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