Diritti fondamentali – Detenuto, denegato diritto di visita della madre con patologia tumorale

Diritti fondamentali – Detenuto, denegato diritto di visita della madre con patologia tumorale

Il ricorso è infondato.

1. Deve innanzitutto precisarsi che il ricorrente circoscrive le proprie doglianze alla asserita violazione del comma secondo dell’art. 30 ord. pen.

Del resto, l’ordinanza impugnata aveva escluso che potesse essere fatta applicazione del comma prima della disposizione di legge in questione, sulla base dell’inoppugnabile rilievo che non ricorresse un caso di imminente pericolo di vita di un familiare del detenuto.

La conclusione era stata ricavata in modo ineccepibile dalla relazione redatta all’esito della visita fiscale eseguita dall’ASL di (OMISSIS), che aveva appunto attestato la stabilità del quadro clinico della madre di M.G. e l’assenza di un imminente pericolo di vita.

Il ricorso non contesta questa parte della motivazione resa dal Tribunale di Sorveglianza a sostegno del diniego del permesso.

2. Ciò premesso, deve rilevarsi, come evidenziato nel ricorso, che, ai fini della concessione del permesso di necessità previsto dall’art. 30, comma secondo, ord. pen., devono sussistere i tre requisiti dell’eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell’evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare: il relativo accertamento deve essere compiuto tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto (Sez. 1, n. 15953 del 27/11/2015, dep. 2016, Vitale, Rv. 267210 – 01).

Questo vuol dire che la concessione del permesso deve rivestire carattere straordinario e che, a tal fine, può essere preso in considerazione soltanto un “evento”, il quale, per definizione, è un fatto storico che si verifica in uno spazio temporale ben definito e tendenzialmente delimitato.

Di conseguenza, l’ordinanza impugnata ha spiegato in modo adeguato l’insussistenza di tali requisiti, innanzitutto mediante il richiamo alla visita medico-legale, dalla quale si evince che quelle della madre del detenuto siano condizioni di salute croniche (cfr. Sez. 1, n. 41240 del 4/7/2019, Simioli, Rv. 277135 – 01; Sez. 1, n. 17593 del 12/3/2019, Ribisi, Rv. 275250 – 01) e non particolarmente gravi.

Si tratta, dunque, di una situazione che perdura nel tempo, tanto è vero che si dà atto nella relazione dell’ASL che le patologie da cui è affetta la donna non si presentano in fase di acuzie e che non si sono verificati episodi recenti di ingravescenza della malattia.

Si è in presenza, dunque, di una situazione che si è sostanzialmente stabilizzata, sicché nemmeno potrebbe dirsi che si sia determinata una discontinuità con la situazione pregressa e che ricorra ora una situazione connotata da una maggiore e più significativa intensità dei caratteri già riscontrabili nello status quo ante (cfr., a tal proposito, Sez. 1, n. 56195 del 16/11/2018, Pg c. Arena, Rv. 274655 – 01).

3. Di conseguenza, assume indubbio rilievo, in questo contesto, anche la circostanza, pure presa in considerazione dal Tribunale di Sorveglianza, che il detenuto abbia già fruito di un permesso per incontrare la madre in una situazione di salute sostanzialmente analoga a quella attuale e che comunque egli svolga video-colloqui con la donna.

Sotto questo profilo, il fatto, enfatizzato nel ricorso, che in questo modo M.G. rimarrebbe privato di un elemento essenziale del trattamento penitenziario giacché la madre, per effetto delle sue patologie, non può effettuare spostamenti e quindi non può incontrarlo personalmente in occasione dei colloqui con i familiari in carcere, non è un argomento che, per ciò solo, possa giustificare la concessione del permesso.

Il permesso di necessità è un beneficio di eccezionale applicazione, rispondente a finalità di umanizzazione della pena, e non un istituto di natura trattamentale; pertanto, può essere concesso esclusivamente al verificarsi di situazioni di particolare gravità ridondanti nella sfera personale e familiare del detenuto, ma non anche in funzione dell’esigenza di attenuare l’isolamento del medesimo attraverso il mantenimento delle relazioni familiari e sociali (Sez. 1, n. 57813 del 4/10/2017, Graviano, Rv. 272400 – 01).

Si tratta di uno strumento attivabile solo in situazioni di carattere imprevedibile, laddove altri sono i benefici penitenziari che attengono all’ordinario trattamento rieducativo del detenuto, come, per esempio, i permessi-premio che sono destinati ad assolvere alle più generali esigenze familiari e affettive del detenuto e che sono strumenti a specifica valenza trattamentale.

4. Sulla scorta di quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso è da considerarsi infondato e, pertanto, deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.

Si deve disporre, inoltre, che, in caso di diffusione del presente provvedimento, vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196/03, in quanto imposto dalla legge.

Cass. pen., I., ud. dep. 05.09.2025, n. 30324

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