Urbanistica e edilizia – Annullamento d’ufficio del permesso di costruire per inesatta o erronea rappresentazione della realtà

Urbanistica e edilizia – Annullamento d’ufficio del permesso di costruire per inesatta o erronea rappresentazione della realtà

Con il primo motivo parte ricorrente ha censurato l’illegittimità del provvedimento impugnato per travisamento dei fatti, considerato che la rappresentazione dello stato dei luoghi contenuta nella relazione tecnica allegata all’istanza di permesso, non sarebbe stata fedele al reale stato dei luoghi.

In particolare, stando a quanto dichiarato dal tecnico di parte ricorrente: “lungo il lato confinante con il fabbricato della signora Primerano Carmelita L. C., non viene rappresentata graficamente la presenza del fabbricato della stessa, confinante e solidale con il fabbricato oggetto di demolizione e ricostruzione, evitando così di evidenziare la presenza delle finestrature in premessa indicate, che prendono luce ed aria attraverso lo spazio libero interposto fra i due fabbricati; – … nello stesso elaborato sulla situazione di fatto viene graficizzato un muro continuo, a tutt’altezza, dal piano terra al tetto di copertura, a chiusura dell’area libera delimitante le due proprietà; – nella realtà, detto muro non potrebbe esistere, sarebbe praticamente impossibile la coesistenza del muro con quella delle finestre esistenti; – .. dall’elaborato relativo alla ricostruzione con permesso n. 2/2024 del Comune di Soriano Calabro non risulta indicata la presenza del fabbricato confinante e solidale con quello oggetto di permesso a demolire e ricostruire, omettendo di fatto, di evidenziare la presenza lungo il lato confinante e prospiciente Io spazio libero delle aperture esistenti; – dallo stesso elaborato, lo spazio libero interposto fra i due fabbricati (pozzo luce) viene completamente chiuso ed utilizzato su tutti e tre i livelli di piano fino alla copertura, precludendo di fatto la possibilità della la presa di luce ed aria e veduta delle attuali aperture”.

Il motivo è fondato.

Il Collegio ritiene infatti non confutabili le oggettive osservazioni svolte dal verificatore nella propria consulenza, ove si legge in proposito che: “Dall’analisi della documentazione progettuale, lo stato dei luoghi non viene rappresentato in quanto gli elaborati architettonici (si veda Allegato 2, cartella “Pratica sue” nel file “Elaborati_Architeftonici.pdf”) mostrano esclusivamente il nuovo fabbricato, omettendo la presenza dell’edificio adiacente.

Nei prospetti e nelle planimetrie non vengono indicate le reali distanze del nuovo edificio rispetto agli immobili confinanti (si veda Allegato 2, cartella “Pratica sue” nel file “Elaborati_Architettonici.pdf”).

Negli allegati del progetto non risulta essere riportato la presenza dell’immobile della ricorrente, né la parte delle luci (finestrata) prospettante lo spazio libero interposto fra l’immobile di Carmela Lucia Primerano e quello oggetto di intervento.

Inoltre lo spazio libero, negli allegati di progetto, interposto fra le due proprietà risulta essere chiuso e ridimensionato rispetto allo stato attuale (si veda Allegato 2, cartella “Pratica sue” nel file “Elaborati_Architeftonici.pdf” lo stato di fatto e lo stato di progetto). Lo spazio attualmente aperto fino alla sommità del fabbricato oggetto di ricostruzione, negli elaborati progettuali e oggetto di P.C. n. 2 del 12.04.2024 (si veda Allegato 2, cartella “Pratica sue” nel file “Elaborati_Architettonici.pdf” lo stato di fatto e lo stato di progetto) risulta in gran parte chiuso .

• Nello stato di progetto del piano terra, lo spazio è totalmente chiuso e destinato a due servizi igienici;

• Nello stato di progetto del piano primo e piano secondo, tale spazio risulta in gran parte chiuso e destinato a servizio igienico. e in parte chiuso con dimensioni di mt 2,05 x 2,35 ( e aperto fino alla sommità del tetto di copertura del fabbricato oggetto di ricostruzione)”.

Ciò premesso la giurisprudenza si è più volte pronunciata nel senso che una inesatta o erronea rappresentazione della realtà (non importa se dolosa o colposa) contenuta nell’istanza del privato, giustifica il potere di annullamento d’ufficio del titolo edilizio da parte dell’amministrazione, anche senza una ulteriore motivazione, stante l’inconfigurabilità di un affidamento del privato (ex multis, Consiglio di Stato , sez. IV , 30/06/2023 , n. 6387; Cons. giust. amm. Sicilia , sez. giurisd. , 25/07/2018 , n. 448; T.A.R. , Napoli , sez. II , 02/10/2023 , n. 5348; T.A.R. , Roma , sez. II , 07/02/2022 , n. 1371).

Ciò dunque implica necessariamente l’annullabilità ex artt. 21 octies l.n. 241/1990 e 20, comma 1, D.P.R. n. 380/2001, nonché per eccesso di potere nella figura sintomatica del travisamento dei fatti, del titolo edilizio rilasciato sulla base di una erronea o infedele rappresentazione dello stato dei luoghi.

La ratio delle suddette pronunce si rintraccia nella naturale necessità che un provvedimento amministrativo che legittima la modifica di una situazione di fatto sia fondato su una esatta e completa rappresentazione dello stato dei luoghi. Solo con una piena conoscenza di tutti gli elementi di fatto rilevanti ai fini della decisione è possibile, per l’amministrazione, esercitare il potere di cura del corretto assetto e uso del territorio.

Facendo riferimento al caso di specie, non può dunque prescindersi dall’indicazione anche degli immobili confinanti, posto che non sarebbe altrimenti possibile per l’amministrazione verificare il rispetto delle norme sulle distanze fra edifici, le luci e le vedute, anche considerato che “Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi” (art. 11, comma 3, D.P.R. n. 380/2001).

Va infine rilevato che le altre parti del giudizio non hanno confutato quanto dedotto dal ricorrente in ordine alla mancata rappresentazione dello stato dei luoghi.

La Regione, come già detto nella ricostruzione del fatto, ha dedotto solo rispetto al secondo motivo di ricorso.

Il Comune, nella relazione prodotta in ottemperanza alla ordinanza collegiale istruttoria di questo T.A.R., ha affermato che “L’immobile in parola è in aderenza ad un altro corpo di fabbrica di altra ditta. Pertanto, è stato sottoposto a verifica, ai sensi dell’art. 67, comma 4, del Regolamento Edilizio Urbanistico allegato al P.S.A, rubricato “Norme sulle distanze”, che prescrive che quando un edificio è posto sul confine, può essere sottoposto a interventi di ristrutturazione edilizia anche mediante demolizione e fedele ricostruzione e ampliamenti sul confine. La verifica è risultata positiva”.

Tale affermazione non trova però riscontro considerato che: a) la presenza del corpo di fabbrica non risulta dalla perizia tecnica allegata all’istanza di rilascio del permesso; b) in ogni caso la presenza di un pozzo luce, di cui si dirà appresso, esclude che possa ritenersi sussistente una situazione di piena aderenza.

Infine non può essere condivisa l’affermazione del controinteressato per cui: “Da quanto sopra affermato e dalla documentazione in atti emerge che, contrariamente a quanto osservato dal tecnico di parte, arch. Ferrari, non vi è stata alcuna falsa rappresentazione dello stato di fatto, né è mai stata allegata documentazione non veritiera attestante una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi tale da poter superare la presunzione di intangibilità del provvedimento amministrativo impugnato” (memoria del 5 luglio 2024).

Anche al fine di verificare tale diversa ricostruzione fattuale è stata disposta la verificazione, all’esito della quale tuttavia, come sopra visto, il verificatore ha condiviso le prospettazioni di parte ricorrente.

Il motivo va dunque accolto.

Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 10 del Regolamento Regionale n. 20/2020 laddove prevede, per un intervento quale quello in discorso, l’obbligo di una specifica istruttoria da parte del Settore Tecnico Regionale, che sarebbe stata omessa.

Il motivo è infondato.

Considerato il carattere impugnatorio del procedimento amministrativo, il Collegio deve valutare l’annullabilità del provvedimento alla luce della norma richiamata nell’intestazione del motivo e nel suo svolgimento.

Ebbene l’art. 10 del Regolamento Regionale n. 20/2020 dispone che: “1. Gli interventi classificati all’art. 2 comma 3 lettera a) quali “rilevanti nei riguardi della pubblica incolumità sono quelli riportati nell’elenco A di cui all’Allegato 3 al presente regolamento. 2. Il progetto deve essere inviato con la procedura specificata all’art. 6. Sono soggette alla predetta procedura anche le varianti che non sono collocabili tra quelle definite “non sostanziali ” riportate nell’elenco D dell’Allegato 3 al presente regolamento. 3. Per tutti gli interventi di cui al comma 1, il Settore Tecnico Regionale esegue le verifiche di congruità alle norme tecniche volte all’emissione del provvedimento di autorizzazione/diniego. Dette verifiche hanno ad oggetto quanto riportato nell’art. 6 comma 3 della L.R. n. 16/2020. 4. La verifica è effettuata anche con l’ausilio della piattaforma di cui all’art. 1 che contiene i dati progettuali e gli elaborati immessi dal progettista responsabile delle strutture. 5. Il Settore Tecnico Regionale, a seguito della verifica di cui ai commi 2, 3 e 4, emette l’esito dell’istruttoria che sarà reso disponibile sul SUE. 6. Nel caso in cui il Settore Tecnico Regionale richiede integrazioni, il progettista responsabile delle strutture procede a creare una apposita istanza che deve essere inoltrata telematicamente. La mancata integrazione, nel tempo massimo di 90 giorni dalla richiesta, comporta il diniego automatico del progetto“.

La disposizione riguarda dunque gli interventi rilevanti nei confronti della pubblica incolumità e che sono sottoposti a un regime di preventiva autorizzazione ex art. 94-bis D.P.R. n. 380/2001. Anche il motivo di ricorso è perciò incentrato sul presupposto che il permesso di costruire impugnato abbia ad oggetto lavori che comportano interventi rilevanti nei confronti della pubblica incolumità.

Tuttavia nel caso di specie il verificatore ha affermato che: “l’intervento edilizio rientra in interventi di minore rilevanza nei riguardi della pubblica incolumità”, circostanza confermata anche dalla memoria della Regione del 24 aprile 2025.

L’intervento in oggetto non è dunque soggetto a un regime di preventiva autorizzazione bensì a un successivo controllo a campione.

Ciò non esclude che eventuali carenze tecniche sotto il profilo sismico possano comunque comportare l’annullamento del permesso: tuttavia il presente motivo è incentrato sulla omissione procedimentale di un iter istruttorio previsto per gli interventi rilevanti per la pubblica incolumità. Poiché tale iter non è previsto invece per gli interventi di minore rilevanza, il motivo deve essere respinto.

Con il terzo motivo si censura la violazione dell’art. 907 c.c. e dell’art. 12 D.P.R. n. 380/2001 per il mancato rispetto della distanza legale tra le pareti finestrate.

Nel ricorso in particolare è affermato che: “Per come descritto dal tecnico di parte, l’intervento di demolizione comporta un aumento della volumetria in quanto il pozzo di luce viene completamente chiuso andando ad incidere irrimediabilmente sul diritto di veduta della ricorrente, la quale ha sempre esercitato attraverso due finestre poste, una al primo piano e l’altra al secondo piano, vedute dirette, oblique e laterali sul predetto pozzo su cui si affacciano anche le finestre del fabbricato del sig. Primerano Angelo”.

Anzitutto non può essere condiviso quanto affermato dal controinteressato nella memoria del 5 luglio 2024, cioè che tali questioni atterrebbero a rapporti di natura privata e non sarebbero rilevanti in questa sede. Infatti, come già detto, l’art. 11, comma 3, D.P.R. n. 380/2001 prevede espressamente che: “Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi”.

Il Collegio ritiene di condividere, richiamandola, l’argomentazione giuridica contenuta in un recente precedente: “Nell’ambito del diritto civile si distinguono limiti legali dell’attività edificatoria (sempre concernenti i rapporti tra proprietari di fondi finitimi), essenzialmente rivenienti nella disciplina contenuta nel libro terzo, capo secondo, del c.c. (si tratta delle prescrizioni in materia di distanze, luci e vedute); e limiti che discendono non direttamente dalla legge ma dall’esercizio dell’autonomia negoziale: fra questi spiccano gli iura in re aliena di godimento (usufrutto, servitù ecc.) cui corrispondono altrettante restrizioni del diritto di proprietà riguardanti lo jus aedificandi dei confinanti, che può risultare semplicemente inciso o del tutto sottratto.

10.3 I su menzionati limiti operano diversamente sul piano dei controlli esercitabili dall’amministrazione in sede di rilascio del permesso di costruire.

I limiti legali, trovando applicazione generalizzata e conservando sempre il medesimo contenuto, concorrono a formare lo statuto generale dell’attività edilizia e non pongono problemi di conoscibilità all’amministrazione che è tenuta a considerarli sempre.

Diversamente per le limitazioni negoziali del diritto di costruire” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VI, 07/04/2025, n.2883).

Nel caso di specie la norma richiamata nell’intestazione del motivo è l’art. 907 c.c. che così prevede: “1. Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell’art. 905. 2. Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita. 3. Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia”.

Parallelamente è contestata la violazione dell’art. 12 D.P.R. n. 380/2001, il quale stabilisce che: “1. Il permesso di costruire è rilasciato in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente”.

Ciò posto, il Collegio ritiene di far proprie le valutazioni svolte dal verificatore, in quanto suffragate dalla documentazione tecnica richiamata.

Nella relazione del verificatore si legge sul punto che: “II nuovo fabbricato, come rappresentato negli allegati di progetto, sorgerà in gran parte sulla stessa area di sedime, tranne sullo spazio libero interposto, fra le due proprietà che risulta essere chiuso e quindi con maggiore dimensione di occupazione, meglio specificato nel modo seguente:

• Nello stato di progetto del piano terra, lo spazio è totalmente chiuso e destinato a due servizi igienici e quindi con maggior superficie e di occupazione del nuovo edificio (si veda Allegato 2, cartella “Pratica sue” nel file “Elaborati_Architettonici.pdf”);

• Nello stato di progetto del piano primo e piano secondo, tale spazio risulta in gran parte chiuso e destinato a servizio igienico e quindi con maggior superficie e di occupazione del nuovo edificio (si veda Allegato 2, cartella “Pratica sue” nel file “Elaborati_Architettonici.pdf”)”.

Risulta così accertata la violazione degli artt. 12 D.P.R. n. 380/2001 e 907 c.c.

Va rilevato che in senso contrario non è dirimente quanto eccepito sul punto dal Comune, tramite la propria relazione tecnica, ove si legge che: “L’immobile in parola è in aderenza ad un altro corpo di fabbrica di altra ditta. Pertanto, è stato sottoposto a verifica, ai sensi dell’art. 67, comma 4, del Regolamento Edilizio Urbanistico allegato al P.S.A, rubricato “Norme sulle distanze”, che prescrive che quando un edificio è posto sul confine, può essere sottoposto a interventi di ristrutturazione edilizia anche mediante demolizione e fedele ricostruzione e ampliamenti sul confine. La verifica è risultata positiva”. Infatti, tale affermazione anzitutto non è suffragata dalle perizie allegate all’istanza di rilascio del permesso, come detto già in relazione al primo motivo di ricorso; inoltre essa non tiene conto della presenza del pozzo luce, come accertata dal verificatore.

Per quanto invece riguarda il controinteressato, il Sig. Primerano Angelo nella prima memoria depositata ha affermato che: “1) In relazione alla problematica riguardante le aperture-finestre ubicate sul fabbricato di proprietà della Sig.ra Primerano si osserva quanto appresso:

a) dette finestre, allo stato sono poste sul muro in comune tra la proprietà ricorrente e quella del Sig. Primerano Angelo.

Le stesse sono state realizzate, tempo addietro, abusivamente, mediante la demolizione di due vani destinati a servizi igienici della proprietà Primerano Angelo, circostanza questa che può essere facilmente riscontrata dalle planimetrie catastali allegate alla presente memoria.

Si osserva altresì che le finestre in oggetto permettono la visuale all’interno della proprietà Primerano Angelo e ricevono luce attraverso un lucernaio che dà in uno spazio libero esistente all’interno del fabbricato dell’odierno comparente e che, nel progetto dallo stesso presentato, viene soltanto ridotto di dimensioni ma non oscurato, in modo tale da consentire la penetrazione di luce nello spazio libero sopra indicato.

b) L’attuale muro divisorio tra le due proprietà non sarà intaccato e/o interessato dalle opere di demolizione e, pertanto, come si evince dal progetto presentato dal Sig. Primerano Angelo il muro dove sono poste le finestre della ricorrente, non sarà minimamente intaccato, mentre verrà realizzato un nuovo muro che sarà posto alle distanze previste dal N.T.C. 2018”.

Va anzitutto precisato che la circostanza inerente la realizzazione abusiva delle finestre in questione non è stata suffragata da elementi idonei e necessiterebbe, eventualmente, di adeguato accertamento; essa perciò si presenta allo stato incerta, per di più considerato che essa sarebbe avvenuta “mediante la demolizione di due vani destinati a servizi igienici della proprietà Primerano Angelo”, sebbene non venga specificato se si sia trattato di una demolizione e successiva realizzazione delle aperture operata dal medesimo Primerano Angelo oppure dalla ricorrente: in entrambi i casi verrebbe in rilievo un intervento effettuato, almeno parzialmente, su bene altrui, ma di ciò non vi è prova in atti.

Inoltre, proprio alla luce delle difese del controinteressato, questo Collegio ha incaricato il verificatore di accertare “se il fabbricato progettato e da realizzarsi sorgerà sul medesimo sedime di quello preesistente e con mantenimento delle precedenti distanze esistenti fra quest’ultimo e l’immobile della ricorrente, anche relativamente allo spazio libero interposto ed alle finestre sullo stesso proiettanti”.

Come si è già avuto modo di vedere il verificatore ha accertato che, almeno per quanto riguarda il piano terra, lo spazio divisorio tra le costruzioni è stato interamente chiuso, e tale affermazione non è stata successivamente confutata dal controinteressato.

Il motivo è dunque fondato.

Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 12 D.P.R. n. 380/2001, dell’art. 9 della l.n. 1684/1962 e dell’art. 11 l.n. 241/1990, nonché l’eccesso di potere nelle figure del travisamento di fatti, del difetto di presupposti e del difetto di istruttoria.

In particolare si lamenta la mancata previsione, nel progetto approvato, di giunti tecnici anti-sismici, dato che il permesso ha ad oggetto di fatto la ricostruzione dell’immobile in aderenza a quello della proprietaria.

Ciò è previsto dall’art. 9, comma 3, l.n. 1684 del 1962 laddove afferma che: “In caso di costruzioni contigue, ciascun edificio deve costituire un organismo a sé stante mediante l’adozione di giunti od altri opportuni accorgimenti idonei a consentire la libera e indipendente oscillazione di ciascuno di essi”.

Considerato fatto notorio – nonché fatto non contestato dalle parti in giudizio – che il Comune di Soriano Calabro ricade in una zona sismica ai sensi dell’art. 2, l.n. 1684/1962, e che l’immobile da costruire, secondo il progetto, è per la gran parte contiguo a quello della parte ricorrente, l’art. 9 predetto trova applicazione.

Ciononostante il progetto approvato dal Comune non prevede la realizzazione di alcun giunto anti-sismico, come rilevato dal verificatore: “Negli allegati di progetto non è stato previsto un giunto strutturale sismico tra il nuovo edificio in cemento armato e il fabbricato adiacente in muratura, sebbene la differente natura strutturale degli edifici rende tale accorgimento indispensabile per evitare interazioni dannose in caso di sisma.

Anche se l’intervento è classificato come struttura di classe 2 e pertanto soggetto a deposito, resta comunque obbligatoria la verifica della distanza tra le due strutture per garantire il coretto comportamento sismico del complesso edilizio.

L’assenza del giunto sismico e di altre misure costruttive adeguate può generare criticità in termini di sicurezza e conformità normativa”.

Tale accertamento peraltro non è stato confutato dal controinteressato che, nella memoria e nella perizia di parte depositate successivamente al deposito della relazione del verificatore, ha argomentato con esclusivo riferimento alle modalità di esecuzione dei lavori di demolizione.

Il motivo è dunque fondato.

Con il quinto motivo si censura la violazione dell’art. 3 D.P.R. n. 380/2001 nonché del d.lgs. n. 42/2004.

Parte ricorrente ritiene infatti che l’immobile per cui è stata autorizzata la demolizione e ricostruzione avrebbe valore culturale ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, sicché sarebbero necessari: “il mantenimento della sagoma, dei prospetti, del sedime e delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e vietando incrementi di volumetria”. Ebbene il provvedimento impugnato non darebbe conto delle opportune verifiche svolte in questo senso.

Il motivo è infondato.

Parte ricorrente non ha infatti fornito neanche un principio di prova rispetto alla affermazione di valore culturale, non potendo all’uopo rilevare la segnalazione da essa stessa inoltrata alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia, in particolare considerato che non risulta che essa abbia avuto alcun seguito. Peraltro l’antica stampa ivi allegata nulla prova in tal senso perché l’immobile in discorso appare separato dal contesto monumentale della Chiesa di San Domenico e non presenta caratteristiche architettoniche peculiari.

Inoltre il Comune di Soriano Calabro, nella propria relazione depositata su richiesta di questo T.A.R., ha dimostrato che l’immobile non figura nell’elenco dei beni sottoposti a tutela paesaggistica, elenco liberamente scaricabile dal link: https://www.beniculturalicalabria.it/echoweb/echofiles/allegati/Elenco%20vincoli%20della%20calabria.xls .

Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullato il permesso di costruire n. 2 del 12.4.2024, per la “RISTRUTTURAZIONE DI UN VECCHIO FABBRICATO ATTRAVERSO LA DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE sito nel Comune di Soriano Calabro in Via San Domenico n° 17 e 19”, rilasciato ad Angelo Primerano in pari data dal Comune di Soriano Calabro.

Le spese del giudizio, come liquidate nel dispositivo, nonché il compenso del verificatore, che sarà liquidato con separato provvedimento, sono poste a carico del Comune di Soriano Calabro e del controinteressato Angelo Primerano secondo il principio della soccombenza; le spese del giudizio devono essere invece compensate rispetto alla Regione Calabria stante che il motivo di interesse di quest’ultima, cioè il secondo motivo di ricorso, è stato respinto.

TAR CALABRIA – CATANZARO, II – sentenza 08.09.2025 n. 1447

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