Sanzioni – Circolazione stradale – Autovelox, e validità della multa con la sola approvazione

Sanzioni – Circolazione stradale – Autovelox, e validità della multa con la sola approvazione

1. Con la sentenza impugnata, ossia la sentenza n. 514/2024 pubblicata il 19 febbraio 2024 (cfr. doc. 1 dell’appellante), il giudice di pace di Bologna, in relazione al ricorso proposto da Parte_1 per l’annullamento del verbale di accertamento per la violazione dell’art. 142 comma 8 del C.d.S. relativamente al veicolo trg. (omissis) rigettava il ricorso con conferma del verbale di accertamento, determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria e compensazione integrale delle spese processuali tra le parti.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello Parte_1 dolendosi della errata applicazione degli artt. 142 comma 6 e 45 comma 6 C.d.S. e dell’art. 192 commi 2, 3 e 4 del Regolamento di attuazione del C.d.S., lamentando, con un unico motivo di appello, che erroneamente il primo giudice aveva ritenuto equivalenti le procedure di omologazione e di approvazione dello strumento rilevatore della velocità (c.d. autovelox) ed altrettanto erroneamente aveva ritenuto legittimo l’accertamento della contestata violazione del superamento della velocità pur se lo strumento con il quale tale superamento era stato accertato era stato solo approvato (e non omologato); chiedeva, quindi, in riforma della sentenza impugnata, l’annullamento del verbale di contestazione n. 4500021 – 94/2023 impugnato, con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

3. Integratosi ritualmente il contraddittorio, si costituiva in giudizio il Controparte_1 che contestava la fondatezza dell’appello del quale chiedeva il rigetto.

Ad esito della discussione veniva pronunciata sentenza mediante lettura del dispositivo in udienza.

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4. In fatto occorre premettere – per un miglior inquadramento della questione – che nella specie è pacifico che il decreto prodotto dinanzi al primo giudice è un decreto di approvazione dell’apparecchiatura, come si desume dalla terminologia utilizzata nel provvedimento (cfr. decreti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 5 febbraio 20023 e 16 maggio 2005, prodotti nel giudizio di primo grado).

5. La questione posta è, dunque, quella relativa alla possibilità di utilizzo di apparecchiatura in relazione alla quale sia stato emesso provvedimento di approvazione (e del conseguente rilievo del superamento della velocità mediante tale apparecchio).

Vanno preliminarmente richiamate le norme di riferimento, ossia:

– l’art. 142 , comma 6, C.d. S. che prevede che “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate”;

– l’art. 201, comma 1-ter, C.d.S., ai sensi del quale “Nei casi previsti alle lettere b), f) e g) del comma 1-bis, non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico”;

– la lettera f) dell’art. 201 C.d.S., che, richiamando l’art. 4 D.L. 121/2002 conv. in L. n. 168/2002, disciplina le ipotesi di utilizzo dei dispositivi per l’accertamento delle violazioni delle norme di cui agli articoli 142,148 e 176 C.d.S. (e, quindi, con il richiamo all’art. 142 C.d.S., anche per il rilevamento del superamento dei limiti di velocità);

– lo stesso art. 4 D.L. 121/2002 conv. in L. n. 168/2002, secondo cui se “vengono utilizzati dispositivi che consentono di accertare in modo automatico la violazione, senza la presenza o il diretto intervento degli agenti preposti, gli stessi devono essere approvati od omologati ai sensi dell’art. 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”;

– l’art. 45, comma 6, C.d.S., il quale prevede che “(nel) regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, […] che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all’approvazione od omologazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti”.

5.1 Tanto premesso, è noto che nel corso degli ultimi anni si sono sviluppati due orientamenti opposti, ossia un primo orientamento (prevalente fino all’epoca più recente) che tende a ritenere equipollenti i procedimenti di omologazione e di approvazione (sicché vengono ritenuti legittimi i verbali di accertamento resi da Autovelox approvati), e un secondo orientamento – più recente – che, sul presupposto della diversità dei relativi procedimenti, tende a ritenere illegittimi i verbali di accertamento fondati esclusivamente sulle risultanze di apparecchi approvati e non anche omologati.

Non ignora questo giudice che la giurisprudenza più recente della Suprema Corte sposa tale ultimo orientamento, fin dalla nota pronuncia Cass. 10505/2024, il cui orientamento è stato anche di recente confermato e richiamato da ulteriori pronunce.

E tuttavia, conformemente all’indirizzo della Sezione, espresso in sede di riunione ex art. 47 quater O.G., questo giudice ritiene di discostarsi (motivatamente) da tale orientamento sulla base di una serie di considerazioni.

E’ vero, infatti, che l’art. 142, comma 6, del C.d.S. prevede che “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate”; ma a tale norma di si affianca tuttavia un’altra disposizione, sempre del Codice della strada, ossia l’art. 201, comma 1-ter (così come modificato per effetto della legge n. 120 del 2010), ai sensi del quale, nei casi previsti “alle lettere b), f) e g) del comma 1-bis, non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico. Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1”.

E la lettera f) della citata disposizione, con il richiamo espresso all’art. 4 del DL 121/2002, convertito con modificazioni dalla legge 168/2002, disciplina proprio le ipotesi dell’utilizzo, da parte degli organi della polizia stradale, di dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli artt. 142,148 e 176 del codice della strada, e quindi anche (art. 142 richiamato) per il rilievo del superamento della velocità.

Orbene, stante la formulazione di tali norme (e considerata la loro finalità), è evidente che la prima disposizione (art. 142) va necessariamente interpretata alla luce dell’art. 201, comma 1-ter, con il richiamo, in esso contenuto, all’art. 4 del DL 121/2002, pena l’impossibilità di attribuire significato al riferimento – contenuto nell’art. 201, comma 1-ter – a dispositivi o apparecchiature approvate (oltre a quelle omologate) per la verifica del superamento della velocità da parte degli organi di polizia.

A supporto di tale interpretazione – imposta da norme di pari rango e addirittura contenute nello stesso codice della strada – vanno, poi, richiamate ulteriori disposizioni che, a loro volta, pongono sullo stesso piano l’omologazione e l’approvazione, così confermando l’intenzione del legislatore di attribuire la stessa efficacia (per le finalità loro proprie) a tali apparecchi siano essi omologati o approvati.

L’art. 45, comma 6, del Codice della strada prevede che nel “regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, (…) che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all’approvazione od omologazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti”, previo accertamento delle caratteristiche, anche funzionali e di idoneità.

Lo stesso art. 4 del DL già citato pone sullo stesso piano l’approvazione e l’omologazione, laddove, al comma 3, prevede che, se vengono utilizzati “dispositivi che consentono di accertare in modo automatico la violazione, senza la presenza o il diretto intervento degli agenti preposti, gli stessi devono essere approvati od omologati ai sensi dell’art. 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285”.

A sua volta l’art. 345 del regolamento di attuazione del Codice della strada richiama, al comma 2, l’approvazione.

Ne consegue che, per l’accertamento della violazione in esame (art. 142 comma 6 C.d.S.) mediante apparecchiatura di rilevamento automatico, è necessario (e sufficiente) che il dispositivo sia munito di decreto di approvazione.

Tale interpretazione trova, del resto, implicita conferma in una recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. 8964/2022), che, chiamata a valutare un’ipotesi in cui veniva dedotta l’inidoneità della mera approvazione a fondare l’accertamento della violazione del superamento del limite di velocità tramite apparecchio di rilevamento automatico, ha sì annullato la sentenza impugnata ma rilevando la necessità di sottoposizione di tali dispositivi a verifiche periodiche di taratura e funzionalità (in ossequio alle statuizioni della Corte Costituzionale con la nota pronuncia n. 113 del 2015), con rinvio per nuovo esame al giudice dell’impugnazione.

Se l’approvazione fosse stata ritenuta insufficiente (per essere invece necessaria l’omologazione), la conseguenza sarebbe stata quella dell’annullamento senza rinvio (poiché era pacifico che in quel caso l’apparecchio era stato oggetto di approvazione).

Ne consegue che, essendo nella specie pacifica la sussistenza del decreto di approvazione dell’apparecchio in esame (peraltro regolarmente sottoposto alle necessarie verifiche di taratura e funzionalità infrannuali, essendo esse risalenti al mese di dicembre 2021, a fronte di contestazione dell’infrazione avvenuta il 2 novembre 2022: cfr. ampia documentazione prodotta nel giudizio di primo grado), l’appello, con riguardo all’unico motivo di impugnazione, deve ritenersi infondato.

D’altronde, come si rileva anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 113/2015, ciò che interessa è verificare se l’Autovelox che ha accertato il superamento dei limiti di velocità (in ragione del quale è stata irrogata la sanzione) abbia – e per quanto oggetto della pronuncia della Consulta, continui ad avere – caratteristiche per le quali funzioni correttamente e sia aggiornato. 5.2

In ogni caso, anche aderendo al diverso orientamento espresso di recente dalla Suprema Corte, nella fattispecie in esame si perviene alla medesima conclusione di rigetto dell’appello proposto.

Come detto, l’appellante, con l’unico motivo di ricorso, si duole del mancato accoglimento del ricorso (avverso il verbale di accertata violazione dell’art. 142 C.d.S.) per non avere il primo giudice considerato che l’apparecchio utilizzato per il superamento della velocità consentita non era omologato, ma solo approvato.

Orbene, l’articolo 142, comma 6, C.d.S. prevede un meccanismo di prova privilegiata.

E deve necessariamente trattarsi di presunzione iuris tantum, posto che attribuire il valore di presunzione iuris et de iure del superamento del limite di velocità al rilievo effettuato da apparecchio munito della omologazione porterebbe a risultati inaccettabili, ben potendosi verificare l’ipotesi di un malfunzionamento anche di un singolo apparecchio “debitamente omologato” (e a tale conclusione porterebbe l’adesione al più recente orientamento della Suprema Corte, enfatizzando il significato della procedura di omologazione, dando per scontato che sia da tenere distinta rispetto alla procedura di approvazione).

Vertendosi in ipotesi di presunzione iuris tantum, deve allora rilevarsi che la norma sopra richiamata agisce sul piano dell’inversione dell’onere probatorio, attribuendo in capo al ricorrente l’onere di provare il cattivo funzionamento dell’apparecchio di rilevazione, se omologato.

Ne consegue che, ove l’apparecchio, come nella fattispecie in esame, non sia “debitamente omologato”, il convincimento del giudice in ordine al superamento del limite di velocità può formarsi anche in base ad altri elementi.

In altri termini, anche ad escludere la prova privilegiata (in relazione ad Autovelox omologato), non opererà tale prova privilegiata, ma nulla vieta al giudice di valutare tutti gli elementi di prova.

E nella specie l’appellante, a fronte della verifica tramite autovelox approvato (oltre che tarato e verificato periodicamente) che aveva rilevato che il veicolo procedeva alla velocità di 67 Km/h (“convertita con le modalità di legge in Km/h 62”: cfr. verbale di accertamento, agli atti del fascicolo di primo grado), rispetto al limite di 50 Km/h (apparecchio del quale l’appellante non ha mai neppure adombrato una non corretta funzionalità), non ha contestato né di avere percorso il tratto di strada in questione (e, del resto, sul punto sono evidenti le risultanze documentali, posto che la fotografia dell’autovettura consente chiaramente di verificare la targa del veicolo: cfr. documentazione allegata al verbale) né di avere proceduto alla velocità rilevata dall’autovelox.

Soccorre, in altri termini, la previsione di cui all’art. 115 c.p.c. secondo cui, salvi i casi previsti dalla legge, il “giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita”: e nell’ipotesi in esame – va ribadito – a fronte del rilievo della velocità ad opera di apparecchiatura regolarmente approvata, secondo le previsioni del codice della strada e regolamentari, oltre che sottoposta ai previsti controlli di verifica del corretto funzionamento e a taratura, l’appellante non ha mai specificamente contestato di avere proceduto alla velocità rilevata dall’autovelox.

Alla luce delle predette risultanze e considerazioni, l’appello proposto va, pertanto, rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata. 6.

Avuto riguardo alla peculiarità delle questioni trattate ed alla controvertibilità delle stesse ricorrono i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

Deve, infine, darsi atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, della sussistenza dei presupposti (rigetto dell’impugnazione) per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Trib. Bologna, sez., sentenza 10.07.2025, n. 1816

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