Giurisdizione e competenza – Stranieri, omesso giuramento ex art. 10 della legge n. 91 del 1992 e concessione della cittadinanza italiana

Giurisdizione e competenza – Stranieri, omesso giuramento ex art. 10 della legge n. 91 del 1992 e concessione della cittadinanza italiana

I) In via preliminare, come da avviso a verbale cui non è seguita alcuna opposizione, il Collegio ritiene che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, a norma dell’art. 60 c.p.a., ricorrendone tutti i presupposti.

II) In accoglimento della puntuale eccezione in tal senso sollevata dall’Amministrazione intimata, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito. Al riguardo vale premettere che il giudizio in esame ha ad oggetto il provvedimento del 24 aprile 2025 con cui il Commissariato del Governo ha respinto la richiesta di riammissione al giuramento avanzata dall’odierno ricorrente il quale aveva ottenuto la cittadinanza italiana. In altri termini nel caso di specie non viene avversato un provvedimento di diniego della cittadinanza (“provvedimento emanato da un organo centrale dello Stato, idoneo ad incidere sullo status del soggetto interessato con efficacia erga omnes e, quindi, con efficacia su tutto il territorio nazionale”) e nemmeno una decisione prefettizia di inammissibilità (“che si esaurisce sul piano procedimentale e non attribuisce né nega lo status di cittadino valido erga omnes”). Conseguentemente non trovano applicazione i criteri dettati per la determinazione della competenza stabiliti dall’Adunanza Plenaria con l’ordinanza n. 13 del 13 luglio 2021. Vale allora evidenziare che ai sensi dell’art. 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, “il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona a cui si riferisce non presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato” e che , a mente dell’articolo art. 4, comma 7, del d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, (“Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”), “le condizioni previste per la proposizione dell’istanza di cui all’art. 9 della legge devono permanere sino alla prestazione del giuramento di cui all’art. 10 della legge”. Inoltre l’art. 7 del d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572 dispone che “1. La notifica del decreto di conferimento della cittadinanza deve essere effettuata dall’autorità competente ai sensi dell’art. 23 della legge entro novanta giorni dalla ricezione del decreto medesimo. 2. Il giuramento di cui all’art. 10 della legge deve essere prestato entro sei mesi dalla notifica all’intestatario del decreto di cui agli articoli 7 e 9 della legge. 3. Il giuramento di cui al comma 2 deve essere prestato, in Italia, dinanzi all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza e, all’estero, dinanzi all’autorità diplomatica o consolare italiana competente per la località straniera di residenza, la quale rilascia all’interessato copia del verbale di giuramento e trasmette copia di questo e del decreto di concessione all’ufficiale dello stato civile del comune della Repubblica competente secondo le norme dell’ordinamento dello stato civile. 4. L’ufficiale dello stato civile dinanzi al quale è stato prestato il giuramento, o al quale è stata trasmessa copia del verbale di cui al comma 3, provvede per la trascrizione e l’annotazione del decreto negli atti dello stato civile e ne dà immediata notizia al Ministero dell’interno. 5. Trascorsi sei mesi dalla data della notifica del decreto, l’interessato non è ammesso a prestare giuramento se non dimostri, con la produzione di nuovi documenti al Ministero dell’interno, la permanenza dei requisiti in base ai quali gli fu accordata la cittadinanza. 6. Il giuramento deve essere preceduto dal pagamento della tassa di concessione governativa e dell’imposta di bollo assolta a norma delle vigenti disposizioni in materia.”. In disparte il fatto che il comma 5 dianzi riportato assume rilievo nella fattispecie in esame e infatti viene invocato dal ricorrente che, destinatario del decreto concessorio, non ha prestato giuramento nel prescritto termine, la disposizione che precede scandisce la fase della notifica e quella del giuramento, ossia la fase integrativa dell’efficacia che si compone non solo di un’attività materiale (la notifica) e di una manifestazione di volontà (il giuramento), ma anche di ulteriori momenti valutativi, posto che la pubblica amministrazione è chiamata a controllare la permanenza dei requisiti fino al momento del giuramento. In definitiva l’adozione del decreto di concessione della cittadinanza non conclude affatto il procedimento per l’acquisto della cittadinanza (cfr. anche Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2024, n. 3969) composto dagli ulteriori anzidetti segmenti. Ciò posto, anche quanto alla fattispecie in esame il Collegio ritiene applicabile il condivisibile orientamento secondo cui “la controversia oggetto del presente giudizio, che attiene agli adempimenti successivi al decreto di conferimento della cittadinanza necessari per la piena efficacia del provvedimento, involge posizioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, poiché gli effetti conseguenti al giuramento sono stabiliti dalla legge senza alcuna intermediazione del potere autoritativo della pubblica amministrazione. Invero, il giuramento di cui all’art. 10 della l. 91/1992 costituisce, per lo straniero che voglia acquisire la cittadinanza italiana, corollario dell’art. 54, comma 1, Cost. che impone al cittadino il dovere di fedeltà alla Repubblica osservandone la Costituzione e le leggi. Il giuramento è atto personale, che attiene direttamente al diritto costituzionale, in ragione dei valori incorporati nella sua prestazione (Corte Cost. n. 258/2017), di modo che solo a partire dalla prestazione del giuramento si produce, ex nunc, l’efficacia costitutiva del d.P.R. di conferimento della cittadinanza italiana. Del resto, l’art. 15 della l. 91/1992 dispone che “l’acquisto della cittadinanza ha effetto dal giorno successivo a quello in cui sono adempiute le condizioni e formalità richieste” e il d.P.R. n. 396/2000, in materia di stato civile, all’art. 27 ribadisce che “l’acquisto della cittadinanza italiana ha effetto dal giorno successivo a quello in cui è stato prestato il giuramento, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 10 e 15 della legge 5 febbraio 1992 n. 91” e prevede, all’art. 25, che “l’ufficiale dello Stato civile non può trascrivere il decreto di concessione della cittadinanza se prima non è stato prestato il giuramento prescritto dall’art.10 della legge 5 febbraio 1992 n. 91”. Ebbene, a fronte della situazione giuridica di diritto soggettivo non viene in emersione alcun tratto di esercizio di pubblico potere, essendo il giuramento un atto della parte privata rispetto al quale l’ufficiale dello stato civile esegue adempimenti materiali preordinati a “registrare” il fatto cui la legge (e non l’Amministrazione) connette l’acquisizione di efficacia del provvedimento di concessione della cittadinanza, e la conseguente iscrizione nei registri dello stato civile (TAR Lombardia, Milano, sez. III, 18.11.2019, n. 2429)” (cfr. T.A.R. Lazio, sez. V bis, 27 marzo 2025, n. 6252; T.A.R. Lazio, sez. V bis, 27 marzo 2025, n. 6256). Non va sottaciuto del resto che con sentenza n. 18610 del 7 settembre 2020 la sez. I civile della Corte di Cassazione ha precisato che il procedimento per l’acquisizione dello status di cittadino italiano “ha natura complessa a formazione progressiva”, in cui mentre la fase che si conclude con l’adozione del decreto di conferimento della cittadinanza è connotata da ampia discrezionalità – e per questo rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo -, la fase successiva, che si protrae fino alla prestazione del giuramento di fedeltà, non inerisce all’attività autoritativa dell’Amministrazione, sicché va devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario. Infatti anche il controllo esercitato dall’Ufficiale dello Stato civile sulla permanenza dei requisiti consiste in un’attività “di controllo, vincolata e specifica” circa la perdurante sussistenza dei requisiti, pertanto “non involge alcuna valutazione dell’interesse pubblico con i contorni, altamente discrezionali, di cui infra (§3.2.) e, rientrando nei limiti dell’azione di cui agli artt. 95 e 96 d.p.r. n. 396/2000, investe il mero riscontro oggettivo della corrispondenza, sempre nei ristretti confini di cui si è detto, tra la situazione giuridica del naturalizzando esistente alla data del giuramento e quella accertata nel decreto di naturalizzazione (in fattispecie diverse, ma concernenti l’azione di cui agli artt. 95 e 96 d.p.r. n. 396/2000, cfr. Cass. n. 7530/1986; Cass. 21094/2009 e Cass. n. 13000/2019)

III) Si deve pertanto concludere per l’inammissibilità del ricorso dovendo essere declinata la giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, dinanzi al quale la causa potrà essere riproposta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a.

Tenuto conto della pronuncia in rito e della particolarità della questione le spese del giudizio possono essere compensate.

TRGA, SEZ. DI TRENTO – sentenza 05.09.2025 n. 139

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