1. In via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale.
1.1. Al riguardo, occorre tener conto non solo della previsione recata dall’art. 40, co. 1, lett. g), c.p.a. (a tenore della quale il ricorso deve essere munito di “procura speciale”), ma anche della disposizione di cui all’art. 8, co. 3, d.P.C.S. 22 maggio 2020 (prima contenuta nell’art. 8, co. 3, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40, abrogato), secondo cui: “La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce: a) quando è rilasciata su documento informatico separato depositato con modalità telematiche unitamente all’atto a cui si riferisce; b) quando è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine, depositato con modalità telematiche unitamente all’atto a cui si riferisce”.
1.2. Sulla interpretazione delle disposizioni in tema di procura si sono registrati diversi orientamenti del Consiglio di Stato.
1.3. Il Collegio ritiene di aderire a quello secondo cui:
– “la qualificazione di una procura come generale o speciale è una questione di interpretazione della volontà del conferente la procura che la giurisprudenza civile e amministrativa risolve alla luce del suo contenuto: vi è procura speciale non solo qualora in essa la parte abbia indicato gli elementi essenziali del giudizio, come le parti ovvero, per i gradi di impugnazione, la sentenza da impugnare, o anche l’autorità giudiziaria da adire ma anche, in alcuni casi, pur in assenza di alcun specifico riferimento al giudizio da instaurare, per il solo fatto che la procura sia apposta a margine o in calce al ricorso, poiché tale collegamento documentale è idoneo ad esprimere la volontà del conferente di adire il giudice stesso” (Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 2023, n. 6586);
– “la procura rilasciata su foglio separato è valida purché notificata unitamente all’atto cui accede, poiché la collocazione della procura è comunque idonea a conferire certezza circa la provenienza del potere di rappresentanza ed a generare la presunzione di riferibilità della procura al giudizio cui accede” (Cons. Stato, sez. III, 15 settembre 2023, n. 8350).
1.4. La specialità della procura rilasciata dall’odierna ricorrente può desumersi dalla collocazione della stessa in sede di notifica; essa è stata, infatti, notificata al Comune di Ardea unitamente al ricorso in epigrafe (è stata, inoltre, compiuta l’asseverazione prevista dall’art. 22, co. 2, del Codice dell’amministrazione digitale, con l’inserimento della relativa dichiarazione in un distinto documento sottoscritto con firma digitale; cfr. documentazione in atti).
Tanto è confermato dalla stessa memoria del Comune di Ardea in cui si legge che “il ricorso è accompagnato da un separato documento dal titolo ‘ATTO DI PROCURA AD LITEM’”.
1.5. Il Collegio ritiene, inoltre, che il contesto documentale unitario risulti idoneo, nel caso di specie, a superare ogni eventuale residuo dubbio in ordine alla specialità della procura.
Invero, la procura – rilasciata dopo l’adozione del provvedimento impugnato e anteriormente alla notifica del ricorso – non contiene espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnativa de qua né affermazioni univocamente dirette ad attività proprie di altri giudizi o di altre fasi processuali, da cui eventualmente poter desumere la mancanza di specialità.
1.6. In assenza, dunque, di elementi incoerenti con la proposizione del ricorso in epigrafe, non si intravedono valide ragioni per ritenere qui inoperante la presunzione di specialità della procura che la giurisprudenza imputa alla notifica contestuale di procura e ricorso.
2. Non merita, inoltre, accoglimento l’eccezione di inammissibilità per mancata impugnativa della delibera della Giunta regionale n. 429/2020, atteso che parte ricorrente non contesta quanto stabilito dalla delibera in questione, bensì le difficoltà di ricostruire il percorso logico-giuridico che avrebbe condotto alla determinazione della somma richiesta a titolo di indennità di occupazione.
3. Nel merito, il ricorso è fondato.
3.1. Va, al riguardo, considerato che “l’Allegato B alla stessa D.G.R. n. 429/2020 prevede che, per gli immobili di proprietà dell’ATER – come quello oggetto del presente giudizio -, quest’ultima proceda ‘alla disamina delle domande di regolarizzazione e alla verifica dei requisiti stabiliti dalla normativa in questione, per poi predisporre appositi elenchi dai quali sia evidente: il riferimento dell’alloggio, il nome e cognome e dati anagrafici del precedente utilizzatore, il nome, il cognome, indirizzo, data di occupazione e l’esito dell’accertamento del richiedente la regolarizzazione ossia, se l’istanza presentata può essere considerata regolarizzabile, procedendo quindi alla definizione contabile, oppure non regolarizzabile, evidenziando per questa ultima ipotesi gli elementi ostativi alla regolarizzazione di cui alla procedura prevista dalla l.r. n. 1/2020 (es. reddito, proprietà, ecc..).
[Omissis] Determinata la definizione contabile, il debito risultante dovrà essere oggetto di accettazione da parte dell’occupante regolarizzabile unitamente alla definizione delle modalità di pagamento dello stesso, anche mediante la definizione di un piano di rientro rateale. Le ATER, dovranno inviare gli elenchi con allegata la documentazione amministrativa e contabile di tutte le posizioni analizzate, regolarizzabili o meno, al Comune di riferimento, competente a predisporre il provvedimento finale di assegnazione in regolarizzazione o di rigetto della domanda’” (Tar Lazio, sez. V-ter, 25 luglio 2023, n. 12615).
3.2. Per quanto più specificamente interessa ai fini del presente giudizio, la definizione contabile, in caso di posizione favorevole alla regolarizzazione e all’assegnazione, è determinata dal calcolo del dovuto a titolo di indennità di occupazione, rispettivamente ai sensi dei commi 142 e 144 dell’art. 22 della l.r. Lazio n. 1/2020, a seconda del reddito imponibile complessivo del nucleo familiare, della presenza o meno di minori con disabilità e di altre variabili contemplate dalla legge.
3.3. Orbene, dall’atto gravato non è possibile evincere quale attività istruttoria sia stata compiuta, quali basi di calcolo siano state scelte e quali criteri siano stati in concreto applicati per la determinazione della somma richiesta. L’atto si limita a fare un generico riferimento alla legge regionale e a indicare, lapidariamente e sinteticamente, la somma asseritamente dovuta, impedendo all’interessata di verificare la correttezza della metodologia di calcolo utilizzata.
Anche in giudizio, l’Amministrazione resistente si è limitata a rappresentare sommariamente di aver dato applicazione alla legge e alla delibera n. 429/2020 (cfr. memoria depositata in data 21 marzo 2025 e memoria ex art. 73 c.p.a.), senza tuttavia esplicitare l’iter logico-giuridico e gli elementi di fatto posti a base degli inviti al pagamento di complessivi euro 52.115,57, rivolti alla ricorrente.
4. Alla luce di quanto esposto, il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullato – per difetto di istruttoria e motivazione – il provvedimento impugnato, salve le future determinazioni dell’Amministrazione.
5. I profili di novità che caratterizzano la controversia giustificano l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
TAR LAZIO – ROMA, V TER – sentenza 05.09.2025 n. 16041