Giurisdizione e competenza – Nuovi motivi in appello e divieto ex art. 104 c.p.a.

Giurisdizione e competenza – Nuovi motivi in appello e divieto ex art. 104 c.p.a.

5. L’appello è in parte inammissibile e per il resto infondato.

6. Preliminarmente va accolta l’eccezione sollevata dall’amministrazione appellata e per l’effetto va dichiarata l’inammissibilità dei motivi di appello secondo, terzo e quarto.

In effetti dall’esame del ricorso proposto in primo grado risulta evidente che i suddetti motivi di appello introducano argomenti nuovi che non sono stati sottoposti all’esame del primo giudice e ciò in contrasto col disposto dell’art. 104 c.p.a. che vieta di proporre domande nuove in appello. Detto divieto di motivi nuovi in appello nel processo amministrativo mira a garantire il rispetto del doppio grado di giurisdizione e impedisce alle parti di ampliare il thema decidendum presentando questioni o richieste diverse da quelle già trattate in primo grado e costituisce la logica conseguenza dell’onere di specificità dei motivi di impugnazione in primo grado del provvedimento amministrativo, e più in generale dell’onere di specificazione della domanda da parte di chi agisce in giudizio.

6.1. Il Collegio rileva comunque sul punto che dette doglianze non possano trovare alcun positivo riscontro anche all’esito della recentissima sentenza resa dalla Corte Costituzionale n. 72/2025 depositata il 23 maggio 2025 che ha respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata dal CGA sull’art. 2, comma 3, della l. r. n. 15 del 1991; sentenza questa che il Collegio non è chiamato a condividere ma ad applicare.

La disposizione censurata prevede che il divieto di costruire entro 150 metri dalla battigia, di cui all’articolo 15, primo comma, lettera a), della legge della Regione siciliana numero 78 del 1976, deve intendersi direttamente e immediatamente efficace anche nei confronti dei privati.

I giudizi dinanzi al CGARS vertono su provvedimenti comunali di diniego di domande di condono edilizio (e sulle conseguenti ordinanze di demolizione) relativi a opere costruite in assenza di titolo a meno di 150 metri dalla battigia, dopo il 31 dicembre 1976 e fino al 1° ottobre 1983: data entro la quale le opere dovevano essere ultimate per beneficiare del condono edilizio di cui alla legge della Regione siciliana numero 37 del 1985.

La Corte ha ritenuto che la disposizione del 1991 abbia interpretato autenticamente la norma del 1976, chiarendo ciò che nel testo di quest’ultima poteva risultare non chiaro: ovvero che il divieto di costruire entro 150 metri dalla battigia valesse direttamente fin dal 1976 per i privati e non solo ai fini del suo inserimento nei piani urbanistici.

La Corte ha anche specificato come la disposizione di interpretazione autentica non abbia leso il legittimo affidamento sulla possibilità di sanatoria edilizia, affidamento che, per il CGARS, sarebbe sorto con l’entrata in vigore della citata legge regionale del 1985 sul condono (articolo 23), in quanto quest’ultima legge regionale sul condono non poteva ingenerare nei privati un affidamento di questa portata, essendo determinanti in tal senso le leggi regionali sopravvenute a quella del 1976 sino alla disciplina condonistica del 1985, dalle quali poteva inferirsi la non condonabilità.

7. Il primo motivo di appello invece è infondato.

7.1. La lamentata carenza motivazionale del provvedimento impugnato in relazione alla distanza dell’immobile dalla battigia è infondata.

L’ordinanza n. -OMISSIS- è stata adottata perché l’area su cui insistono le opere abusive ricade in zona in cui vige il divieto assoluto di edificazione ai sensi dell’art. 15 della l.r. n. 78/1976. Viene specificato, inoltre, nella parte motiva del provvedimento che oltre al suddetto vincolo l’area ricade in zona con vincolo paesaggistico ai sensi del d. lgvo n. 42/2004 e sismico ex l. n. 64/1974.

Il vincolo di inedificabilità assoluta perché area ricadente nell’ambito dei 150 metri dalla battigia, come si legge nella parte motiva dello stesso provvedimento oggetto di gravame in primo grado, è stato rilevato sia dalla Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Palermo con la nota prot. n. -OMISSIS- nella quale si riferisce che, eseguito l’esame del progetto allegato all’istanza di sanatoria, essendo l’area interessata soggetta al vincolo di inedificabilità assoluta emette declaratoria di non luogo a pronunciarsi; sia dal Comune a mezzo relazione di accertamento tecnico prot. URB n. -OMISSIS-.

Il Comune nella propria memoria difensiva ha dichiarato inoltre che detto vincolo di inedificabilità assoluta risulti accertato anche sulla base di riscontri catastali, rilevazioni planimetriche e valutazioni tecnico-amministrative formalmente acquisite, non da ultimo, risulta dirimente lo stralcio della carta dei vincoli (all. 3 della produzione del Comune).

È anche accertato che le opere abusive siano successive al 1976, infatti nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (allegata alla relativa istanza di sanatoria) rilasciata dal signor Giovanni Castagliola (costruttore) è stato dichiarato che le costruzioni risalgono agli anni 1981 e 1982.

7.2. A fronte di ciò la parte appellante si è limitata a una contestazione generica sulla distanza dal mare e sul fenomeno di erosione che dalla data di costruzione avrebbe interessato la costa, senza nulla dedurre nello specifico né fornendo riscontri tecnici di alcun genere.

Sul punto va richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’onere della prova della sanabilità di un immobile abusivo spetta al privato richiedente la sanatoria che deve dimostrare, con prove rigorose, o che l’immobile rispetti i requisiti per la sanatoria essendo oltre la fascia di inedificabilità assoluta o la data di realizzazione anteriore al vincolo, solo l’esibizione, da parte di quest’ultimo, di concreti elementi a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce questo onere in capo all’Amministrazione.

Nel caso di specie il privato appellante non ha fornito alcuna prova a sostegno dell’affermazione che l’immobile per cui è causa sia oltre l’area soggetta al vincolo di inedificabilità assoluta, di contro l’amministrazione ha riferito di uno specifico accertamento tecnico eseguito sui luoghi e che inoltre la stessa nota della Soprintendenza ha per prima rilevato l’impossibilità di esaminare l’istanza di sanatoria.

7.3. In una situazione di tal fatta l’omessa comunicazione del preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis della l. n. 341/1990 non inficia il provvedimento di diniego della sanatoria e di contestuale ordine di ripristino atteso che trattandosi di atti severamente vincolati non è previsto che l’amministrazione possa svolgere valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene.

Inoltre, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della stessa legge un provvedimento non è annullabile se, pur adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato, in virtù della natura vincolata del provvedimento.

Per quanto detto e per la mancata prova offerta da parte appellante anche in sede giudiziale è palese che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso; inoltre l’ordinanza n. -OMISSIS- gravata è stata adottata nel 2016 prima della modifica apportata dall’art. 12, lett. i) del d.l. n. 76/2020 (convertito in legge n. 120/2020) che ha aggiunto, in coda al secondo periodo dell’art. 21 octies, la specificazione che «La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis».

8. Le spese del presente giudizio possono compensarsi, giacché il suo esito è strettamente conseguente alla recente sentenza 23 maggio 2025, n. 72, della Corte costituzionale, diffusamente ricordata supra.

CGA, GIURISDIZIONALE – sentenza 25.08.2025 n. 678

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