*Famiglia – Filiazione – Separazione – Omologazione della separazione e interesse giuridico alla riconciliazione

*Famiglia – Filiazione – Separazione – Omologazione della separazione e interesse giuridico alla riconciliazione

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 o n. 4, c.p.c., dell’art. 100 c.p.c., oltre che degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4,

c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c., nella parte in cui la Corte d’appello ha reso una motivazione oscura, apodittica e assente in ordine all’eccezione formulata dal G.D. in ordine al difetto di interesse della M.B. a richiedere una nuova pronuncia di separazione del coniugi, sebbene fosse stata già omologata dal Tribunale di Pavia, nel 2011, una precedente domanda di separazione consensuale.

Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 o n. 4 c.p.c., degli artt. 111, comma 4, Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., oltre che dell’art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., per essere la sentenza impugnata priva di motivazione sul contenuto delle prove orali e documentali poste a fondamento della decisione.

2. Il primo motivo di ricorso è infondato.

2.1. Com’è noto, in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dalla novella del 2012) non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio», ma soltanto «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).

A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

Questa Corte ha, in particolare, affermato che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).

Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).

Tale evenienza si verifica non solo nel caso in cui la motivazione sia meramente assertiva, ma anche qualora sussista un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perché non è comunque percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non è possibile effettuare alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).

Alle stesse conseguenze è assoggettata una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, poiché anche in questo caso non è possibile comprendere il ragionamento seguito dal giudice e, conseguentemente, effettuare un controllo sulla correttezza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).

Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).

2.2. Nel caso di specie, la sentenza impugnata, reca sul punto la seguente motivazione: «… Quanto al rilievo formulato dall’appellante per la prima volta con le note scritte del 5.3.2024, per cui non vi sarebbe l’interesse ad agire della M.B. a proporre, mantenere e coltivare la domanda di separazione con conseguente inammissibilità della domanda di separazione giudiziale, rileva la Corte che l’intervenuta precedente pronuncia di separazione non priva di interesse giuridico l’accertamento della intervenuta riconciliazione e una nuova pronuncia di separazione dei coniugi, ad esempio per i riflessi economici che potrebbero derivare dalla durata del vincolo matrimoniale…»

2.3. La motivazione risulta, pertanto, chiara nel dare rilievo all’interesse ad una pronuncia che accerti l’intervenuta riconciliazione, dopo una precedente separazione consensuale omologata, pronunciando, poi, una successiva separazione giudiziale, poiché elimina ogni dubbio in ordine alla vicenda e alle condizioni personali dei coniugi, che ha rilevanti conseguenze giuridiche.

L’interesse all’azione esperita, in effetti, è data proprio dal fine di rendere certezza sulla situazione che si è venuta a creare dopo la separazione consensuale omologata (sull’interesse a proporre le azioni di accertamento, v. da ultimo Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9061 del 06/04/2025).

3. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

3.1. Nella motivazione della sentenza impugnata si legge quanto segue:

«… Nel merito ritiene la Corte che la sentenza impugnata debba essere confermata. L’appellante ha censurato la sentenza di separazione emessa dal Tribunale di Pavia fornendo una diversa lettura delle risultanze istruttorie in punto di avvenuta riconciliazione dei coniugi che appare ancorata ad una valutazione atomizzata del materiale probatorio posto dal primo giudice a fondamento della pronuncia con cui, rigettando l’eccezione proposta da G.D., ha pronunciato sulla domanda di M.B. di separazione personale dei coniugi. Condivide la Corte il giudizio espresso dal Tribunale di Pavia in considerazione della documentazione prodotta da M.B. e degli esiti dell’istruttoria orale svolta nel giudizio di primo grado che, valutati complessivamente, inducono a ritenere che, dopo la separazione consensuale dei coniugi risalente al 2011, gli stessi si siano riconciliati dando vita nuovamente ad una relazione matrimoniale. La riconciliazione tra i coniugi non è stata registrata, ma la condotta degli stessi che emerge dalle prove in atti successiva al decreto di omologa del maggio del 2011 è certamente incompatibile con lo stato di separazione, così che sono cessati gli effetti della separazione a suo tempo dichiarata come previsto dall’art. 157 c.c. M.B. ha prodotto biglietti di auguri, scambi di messaggi, fotografie della coppia, biglietti dei viaggi condivisi con il G.D., documenti tutti successivi al decreto di omologa che già attestano per quantità, collocazione temporale e contenuti, il proseguimento del rapporto amoroso e l’assidua frequentazione tra marito e moglie dopo la separazione del 2011, a fronte della quale il certificato di residenza storico del G.D. ha consentito di dimostrare anche una prolungata ripresa della convivenza con M.B. e i due figli della coppia; tali dati documentali hanno poi trovato una inequivocabile conferma nell’attività istruttoria svolta nel corso del giudizio di primo grado, attraverso le testimonianze di persone che hanno frequentato la coppia nel corso degli anni e soprattutto attraverso le dichiarazioni di due figli minori S. e R.. La sentenza impugnata ha correttamente rilevato come i testimoni escussi che avevano avuto rapporti di frequentazione con le parti (C.I., B.D., D.G., F.F.) consideravano G.D. e M.B. come una coppia. La figlia S. ha riferito “Ero grandicella quando ho capito che i miei non andavano d’accordo, però a un certo punto si capiva che non volevano stare insieme e poi mio papà è andato via. Avevo circa 12-13 anni e devo dire che cercavano di non coinvolgerci”. S. è nata il (OMISSIS) e quindi ha collocato la separazione tra i suoi genitori e la cessazione della convivenza con il padre nel 2019-2020. Il figlio R. ha riferito “Io sono rimasto male perché mio papà ha fatto un figlio dopo neppure un anno che i miei si erano lasciati. E’ normale restarci male…” ( verbale di udienza 7.6.2022). A fronte di tali inequivocabili elementi probatori che sostengono la prospettazione dell’odierna appellata per cui dopo la prima separazione era intervenuta la riconciliazione tra i coniugi che si erano nuovamente separati solo nel 2019, l’appellante muove censure che si limitano alla enunciazione di letture alternative improbabili, prive di sostegno probatorio ed anche contraddittorie. L’appellante ammette, infatti, il riavvicinamento alla moglie, ma lo definisce “saltuario” o “ondivago” a dispetto di quanto emerso dall’istruttoria in termini di durata e persistenza della relazione, e lo attribuisce a “condivisi progetti imprenditoriali” nonché alla preoccupazione di evitare sofferenze e disagi ai figli, così introducendo elementi che attengono al più alle personali motivazioni di ciascuna delle parti, ma non sono incompatibili con l’avvenuta ripresa della relazione coniugale sostenuta e poi dimostrata dalla controparte. Rispetto alle testimonianze che provano come il G.D. facesse seguire la moglie sospettando che la stessa avesse una relazione extraconiugale, l’appellante nega soltanto che tali condotte fossero animate da sentimenti di gelosia verso la M.B.. Quanto alle dichiarazioni rese dai figli, l’appellante sostiene che S. e R. non avrebbero percepito la separazione risalente al 2011 perché i genitori sarebbero stati bravi a risparmiare ai minori il coinvolgimento nella crisi di coppia, argomento che è smentito dal fatto che i due ragazzi – come emerso dal tenore delle dichiarazioni – hanno mostrato di aver invece ben compreso le vicende personali dei genitori, che data la loro età non potevano che coinvolgerli direttamente, e hanno collocato chiaramente la separazione della madre e del padre in epoca che conferma la prospettazione. Dal certificato storico prodotto in primo grado dalla difesa M.B. emerge la coincidenza anagrafica tra le residenze delle parti dal 13.6.2013 al 15.9.2016 nella casa familiare in Belgioioso via L. (doc. 10 ricorrente) dell’odierna appellata. Con riferimento allo stesso arco temporale, d’altra parte, il G.D. si è offerto di provare unicamente, e senza esito concreto, che la moglie (in particolare nel 2016 e nel 2018 ) avrebbe intrattenuto relazioni con altri uomini. … In conclusione, la Corte ritiene condivisibile e fa proprio il ragionamento logico-giuridico del giudice di primo grado che in base alle univoche emergenze istruttorie offerte dall’odierna appellata ha ritenuto di dover accogliere la domanda relativa alla pronuncia della separazione, ritenendo provata la riconciliazione dei coniugi e la successiva cessazione della comunione spirituale e materiale tra gli stessi intervenuta solo nel 2019. La ripresa della coabitazione, il modo di atteggiarsi della coppia nelle relazioni esterne e nei confronti dei figli, la condivisione di interessi assidua e costante nel tempo, le manifestazioni amorose da parte di entrambi, costituiscono prova più che adeguata del fatto che vi è stata una reale e concreta ripresa della relazione materiale e spirituale tra i coniugi.»

3.2. La pronuncia impugnata risulta motivata in modo chiaro e compiuto, dal momento che ha illustrato le ragioni della decisione, richiamando le prove ritenute rilevanti, illustrandone la portata e le ragioni di significatività.

4. Il ricorso deve pertanto essere respinto.

5. La statuizione sulle spese segue la soccombenza.

6. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

7. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003.

rigetta il ricorso;

Cass. civ., I, ord., 26.08.2025, n. 23920

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