Procedimento – Atto amministrativo -Ragioni del denegato diritto di accesso nei confronti delle relazioni dei Servizi Sociali

Procedimento – Atto amministrativo -Ragioni del denegato diritto di accesso nei confronti delle relazioni dei Servizi Sociali

1. Con il ricorso in esame, la signora -OMISSIS- -OMISSIS–OMISSIS-, in proprio e in qualità di genitore collocataria della minore -OMISSIS-, ha chiesto a questo Tribunale l’annullamento del provvedimento dell’Azienda U.L.S.S. n. 2 Marca Trevigiana/Distretto di Asolo – U.O.S. Consultorio Familiare (d’ora in poi, solo Consultorio), assunto il 4-4-2025 e comunicato il 9-4-2025, con il quale è stata rigettata l’istanza di accesso del 31-3-2025 presentata dall’odierna ricorrente al Consultorio, ai Servizi Sociali del Comune di Castelfranco Veneto nonché al Comune medesimo.

Per l’effetto, la ricorrente ha chiesto di accertare il suo diritto all’eccesso dei documenti oggetto della predetta istanza, così individuati: “1. le date precise dei giorni in cui la sig -OMISSIS-, a far data dal 2022, si è presentata presso la sede degli assistenti sociali e del Consultorio per denunciare maltrattamenti o altre vicissitudini relative alla figlia minore -OMISSIS-; 2. le annotazioni e/o gli appunti e/o i manoscritti verbalizzati nelle circostanze degli accessi della sig -OMISSIS- dagli assistenti sociali e del consultorio; 3. le comunicazioni/corrispondenza inerente la pratica scambiata tra gli assistenti sociali ed il consultorio, o altri organi a tutela della minore e della sig -OMISSIS-; 4. i documenti o le registrazioni-video consegnati dalla sig. -OMISSIS- ed acquisiti dagli Assistenti Sociali e dal Consultorio, con indicazione precisa della data in cui dette registrazioni-video sono stati acquisiti; 5. le azioni immediatamente adottate nel 2021/2022/2023 a tutela della sig. -OMISSIS- e della minore dai Servizi e/o dal Consultorio a seguito delle dette acquisizioni”.

Il Consultorio ha motivato il diniego “essendo pendente un procedimento avanti il Tribunale di Treviso, nell’ambito del quale ai Servizi è stato anche conferito specifico incarico” e dovendo, pertanto, tale documentazione essere richiesta tramite “l’acquisizione al Tribunale ovvero alla CTU nominata”.

2. La ricorrente ha quindi impugnato, in questa sede, il diniego, ritenendolo illegittimo per violazione degli artt. 22 e ss., e dell’art. 24 comma 7, legge n. 241/1990 nonché per violazione dell’art. 473-bis. c.p.c. osservando, in particolare, che:

– la documentazione rientrerebbe a pieno titolo nella nozione di “documenti amministrativi” ex art. 22, lett. d), legge n. 241/1990;

– la richiesta ostensiva mirerebbe a soddisfare le esigenze difensive dell’istante nell’ambito del procedimento ex art. 473 bis. c.p.c. pendente avanti al Tribunale di Treviso, nel quale è stata disposta C.T.U. sulla situazione familiare e sulle capacità genitoriali;

– in particolare, la documentazione richiesta risulterebbe necessaria al fine di esaminare la veridicità e la completezza delle relazioni periodicamente trasmesse dai Servizi Sociali all’Autorità Giudiziaria, con ciò permettendo all’istante di tutelare il proprio diritto alla genitorialità nonché il diritto all’integrità psicofisica della minore;

– l’ostensione, da parte dell’Amministrazione, di quanto richiesto sarebbe inoltre obbligatoria ai sensi dell’art. 473-bis c.p.c., il quale sancisce il diritto per i genitori di accedere alla documentazione formata dai servizi sociali nell’ambito della loro attività di supporto all’autorità giudiziaria nei procedimenti riguardanti i minori.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Castelfranco Veneto, il quale ha eccepito in via preliminare il suo difetto di legittimazione passiva, in considerazione del fatto che la pratica attinente la figlia della ricorrente è stata trasmessa, sin dal primo accesso effettuato nel 2022, al Consultorio Familiare dell’ULSS n. 2 Marca trevigiana, non avendo pertanto i Servizi sociali del predetto Comune più svolto alcuna attività.

Sempre in via preliminare, il Comune ha eccepito l’omessa impugnazione da parte dell’istante del provvedimento n. 19859 emesso dall’Amministrazione comunale il 30-4-2025 e trasmesso in pari data, di diniego della richiesta di accesso per eventuali atti detenuti dai Servizi sociali, in particolare il “diario sociale” e la corrispondenza intervenuta con il Consultorio Familiare. Ha precisato, inoltre, di aver trasmesso all’istante copia della richiesta di presa in carico (già inviata al Consultorio Familiare), con ciò riscontrando l’istanza di accesso atti relativamente al punto 1 e al punto 5.

Nel merito, l’Amministrazione ha insistito per il rigetto del gravame, evidenziando la genericità dell’istanza di accesso presentata nonché il fatto che la documentazione richiamata dall’art. 473-bis c.p.c. non possa rientrare nell’alveo del diritto di accesso in quanto priva dei connotati di “documento amministrativo”, con ciò prospettando la carenza di giurisdizione del giudice adito.

4. Chiamata alla camera di consiglio del 2 luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione dopo essere stato dato avviso, ex art. 73, comma 3, c.p.a. di un possibile profilo di inammissibilità per omessa notifica del ricorso ad almeno un controinteressato.

5. Non può essere condivisa l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva proposta dal Comune.

5.1. L’istanza di accesso è stata infatti presentata anche al Comune e comunque riguarda documenti detenuti o comunque riferibili, almeno in parte, anche a tale amministrazione.

6. Ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b), della legge 241/1990, condizione imprescindibile per il riconoscimento del diritto di accesso ai documenti amministrativi a fini difensivi è la sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale. Come chiarito dalla giurisprudenza consolidata (Cons. St., Ad. plen., 18 marzo 2021, n. 4), anche di questo Tribunale (T.A.R. Veneto, Sez. I, 15 febbraio 2025, n. 739), l’accesso strumentale alla difesa non può essere fondato su mere esigenze ipotetiche o generiche, ma richiede che l’istante indichi in maniera precisa e circostanziata il rapporto di stretta funzionalità tra gli atti richiesti e la posizione giuridica da tutelare.

Ne consegue che l’istanza di ostensione deve contenere un’adeguata motivazione, da cui emerga in modo chiaro il nesso di strumentalità tra la documentazione richiesta e la controversia in atto, così da permettere all’Amministrazione un’effettiva valutazione di ammissibilità.

Nel caso di specie, tale onere motivazionale non è stato assolto, avendo la richiedente giustificato la propria domanda unicamente con il generico richiamo alla pendenza, dinanzi al Tribunale di Treviso, di un procedimento volto alla tutela della minore, senza fornire alcun elemento concreto atto a dimostrare la rilevanza degli atti richiesti ai fini defensionali.

Solo in sede di ricorso è stato allegato che la documentazione servirebbe a confutare le relazioni trasmesse dagli assistenti sociali all’Autorità Giudiziaria, con ciò peraltro mutando il presupposto dell’accesso, spostandolo dalla tutela della minore alla propria posizione soggettiva difensiva nell’ambito del giudizio civile pendente.

7. In ogni caso, con specifico riferimento alla documentazione che risulti eventualmente ancora nella disponibilità dei Servizi sociali del Comune resistente, precedente all’instaurazione del giudizio pendente innanzi il Giudice ordinario, assumono carattere dirimente le eccezioni sollevate dall’amministrazione in ordine al provvedimento di diniego adottato in data 30 aprile 2025, non impugnato nei termini decadenziali previsti.

Resta ferma, tuttavia, la facoltà per la parte ricorrente di presentare una nuova istanza, con idonea e puntuale motivazione.

8. Va in ogni caso rimarcato che le relazioni dei Servizi Sociali, come pure ogni altro documento formato dagli stessi operatori al fine di adempiere il mandato dell’Autorità Giudiziaria, sono assimilabili ad atti giudiziari e/o processuali, per i quali non è configurabile il diritto di accesso (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 19 gennaio 2011, n. 388; T.A.R. Veneto, Sez. I, 9 luglio 2025, n. 1157; T.A.R. Veneto, Sez. I, 25 settembre 2024 n. 2233; T.A.R. Sardegna, Sez. II, 7 dicembre 2022, n. 834; TAR Emilia Romagna, Parma, 10 novembre 2020, n. 198; TAR Lazio, Roma, Sez. II, 5 agosto 2015, n. 10677).

A tal riguardo, il Consiglio di Stato – in una recente pronuncia, ampiamente motivata – ha chiarito che tali relazioni sono sottratte alla disciplina di cui agli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990, osservando che:

8. Tali relazioni non possono essere considerate alla stregua di documenti amministrativi perché sono formate su impulso dell’Autorità giudiziaria ed entrano nel relativo procedimento per essere disponibili nei modi e nei limiti che quel procedimento prevede.

9. Gli operatori dei servizi sociali espletano il delicatissimo compito loro affidato dall’Autorità giudiziaria che, a seguito della restituzione dell’indagine da parte dei servizi, può archiviare gli atti o, in caso contrario, affidare un nuovo mandato che può andare dal sostegno al controllo, con una declinazione più o meno articolata dei compiti, sino ad arrivare, nei casi più gravi, alla tutela sulla base della decadenza della responsabilità genitoriale.

10. Si tratta di compiti che se si vogliono ricondurre ad una categoria unitaria, possono senz’altro inquadrarsi in quelli svolti dall’ausiliario del giudice ai sensi dell’art. 68 c.p.c., dovendo intendersi per tale il soggetto esperto in una determinata arte o professione ed in generale idoneo al compimento di atti che il giudice non può compiere da solo, temporaneamente incaricato di una pubblica funzione, il quale sulla base della nomina effettuata da un organo giurisdizionale secondo le norme del codice o di leggi speciali presti la sua attività in occasione di un processo in guisa da renderne possibile lo svolgimento o consentire la realizzazione delle particolari finalità.

11. Tale conclusione non si pone in frizione con le statuizioni dell’Adunanza plenaria 25 settembre 2020, n. 19 che ha affermato che l’accesso documentale difensivo può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione nel processo civile ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 cod. proc. civ.

12. Quelle statuizioni concernono i rapporti tra l’accesso difensivo e i metodi di acquisizione probatoria previsti dalle menzionate disposizioni del codice di procedura civile e depongono nel senso della complementarietà tra i due istituti, anziché nel senso della loro reciproca esclusione.

13. Il caso qui esaminato è del tutto differente e riguarda la pretesa di accedere ad atti che, oltre a non essere stati formati nell’ambito di un procedimento amministrativo, non sono documenti amministrativi nemmeno nel senso più ampio fatto proprio dalla giurisprudenza tale da ricomprendere, tra l’altro, anche ogni narrazione di fatti desumibile da supporti scritti, iconografici, elettronici o altro” (Cons. Stato, Sez. V, 14 dicembre 2021, n. 8342, che ha confermato T.A.R. Emilia Romagna, Parma, n. 198/2020, cit.).

8. Per completezza va peraltro rilevata anche l’inammissibilità del ricorso in quanto in base all’art. 116, comma 1, c.p.a., lo stesso doveva essere notificato ad almeno un controinteressato, identificabile nella fattispecie nel padre della minore ovvero nella curatrice speciale della stessa.

9. Il ricorso deve pertanto essere respinto.

10. Sussistono giusti motivi, in considerazione della peculiarità della vicenda esaminata, per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

TAR VENETO, I – sentenza 26.08.2025 n. 1468

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