1. Le signore Giuseppina Polastro e Moria Grazio espongono di essere proprietarie di un compendio immobiliare ubicato nel Comune di Vigevano, alla Strada Vignazza n. 57, identificato catastalmente al Foglio 27, mappale 1149, sub. 5 e sub. 6, con destinazione residenziale.
2. In data 22.04.2024, le ricorrenti hanno protocollato la S.C.I.A. n. 434/2024 (Prot. n. 30507) per l’esecuzione, sul menzionato fabbricato, di un intervento di “ristrutturazione del piano terra con cambio di destinazione da superficie accessoria a superficie utile abitabile – riqualificazione energetica”. In particolare, l’intervento prevedeva la “formazione di vespaio areato, interrato per quanto riguarda il Soggiorno/Cucina e la camera, per mantenere l’altezza interna di 2.70m, mentre per quanto riguarda il bagno e lo studio viene realizzato un vespaio in sopraelevazione raggiungendo l’altezza interna di 2.50 m nel rispetto dell’altezza minima prevista per questi locali” (cfr. doc. 1 dell’amministrazione, pag. 44).
3. Con successiva S.C.I.A. depositata il 2.08.2024, in variante alla precedente, è stata apportata una modifica al progetto in questione prevedendosi un’altezza interna pari a 2,50 mt per tutti i locali, anche per quelli con permanenza di persone, così da poter realizzare il vespaio “precedentemente previsto con ribassamento della quota di pavimento, in sovrapposizione all’attuale piano pavimentato”; tale riduzione dell’altezza interna sarebbe stata ammessa per i locali abitabili dal D.L. n. 69/2024 (c.d “Decreto Salva Casa”), convertito dalla Legge n.105/2024, trattandosi di intervento di ristrutturazione atto a garantire l’adattabilità ed il miglioramento delle condizioni igienico sanitarie (cfr. doc. 2 dell’amministrazione, pag. 44).
4. Con nota prot. n. 68073 del 27.08.2024, l’amministrazione ha rappresentato alle ricorrente che “la SCIA risulta carente in merito a requisiti e presupposti per le seguenti motivazioni: le opere oggetto di variante descritte all’interno della relazione tecnica (ma che non trovano riscontro con gli elaborati grafici) e indicate come ammissibili in quanto rientranti tra quelle indicate nei c.5 bis e 5 ter dell’art. 24 del DPR 380/2001, non risultano atte a garantire un miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie di locali già ad uso abitazione, in quanto l’edificio è soggetto ad un intervento di ristrutturazione edilizia volto a trasformare in locali abitativi dei locali precedentemente utilizzati come locali accessori di sgombero/cantina. Alla luce di quanto sopra descritto occorre rivedere il progetto e la relazione tecnica in conformità con gli elaborati grafici. Il fascicolo tecnico progettuale inoltre deve essere corredato dalla verifica dei rapporti di aero-illuminazione dei locali oggetto di modifica”.
Pertanto, oltre alla richiesta di integrazione della pratica con la documentazione mancante, l’ente ha disposto “ai sensi del comma 3 dell’art 19 della Legge 241/1990 s.m.i. il divieto di prosecuzione dell’attività edilizia delle opere oggetto della presente variante e conseguentemente” e ha invitato le ricorrenti a “conformare la SCIA inoltrata provvedendo agli adempimenti sopraindicati” entro il termine di successivi trenta giorni.
5. In data 9.09.2024 le ricorrenti hanno integrato gli elaborati grafici, sostituendo quelli già depositati che non riportavano le modifiche oggetto della variante, e hanno illustrato le ragioni fattuali e normative per cui, nonostante l’opposta posizione formalizzata dall’amministrazione, le opere relative al progetto in questione risulterebbero “conformi alle condizioni previste dal citato comma 5 bis e 5 Ter del DPR 380/01”.
6. Con il provvedimento del 4.12.2024, il Comune di Vigevano ha evidenziato che “dall’analisi della documentazione tecnico progettuale (…) la SCIA non risulta conformata entro il termine stabilito” e ha conseguentemente disposto l’inefficacia della segnalazione, avvertendo che “per effetto della mancata conformazione del titolo nei termini previsti, l’attività edilizia inerente le opere oggetto della presente variante si intende vietata” e confermando “la sospensione dell’attività edilizia come comunicato con precedente nota n. prot. 68073 del 27/08/2024”.
7. Con il presente gravame le ricorrenti hanno impugnato il suddetto provvedimento, nonché la nota prot. n. 68073 del 27.08.2024 con cui il Comune di Vigevano ha vietato la prosecuzione dei lavori relativi alla S.C.I.A. in variante, deducendo le censure così rubricate:
– “1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 19, commi 3, 4 e 6-bis, e dell’art. 8, comma 8-bis, della Legge 18 agosto 1990, n. 241. Violazione dei principi di legalità e tipicità delle sanzioni. Violazione dei principi di correttezza e leale collaborazione. Violazione del principio di certezza del diritto. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, carenza dei presupposti e travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria. Sviamento”;
– “2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 24, commi 5-bis e 5- ter del Decreto del Presidente della Repubblica 06 giugno 2001, n. 380. Eccesso di potere per difetto dei presupposti. Travisamento dei fatti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Manifesta ingiustizia. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza ed arbitrarietà”;
– “3) Violazione dei principi del giusto procedimento e di legalità. Eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza. Manifesta ingiustizia. Violazione del principio di proporzionalità. Invalidità derivata”.
8. Si è costituito in giudizio il Comune di Vigevano per resistere al ricorso, eccependone l’inammissibilità e chiedendone il rigetto nel merito in quanto infondato.
9. In vista della trattazione di merito del ricorso, entrambe le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi a sostegno delle proprie posizioni e all’udienza pubblica del 18.06.2025, previa segnalazione da parte del Collegio di un possibile profilo di irricevibilità per tardività del gravame laddove relativo all’impugnazione della nota del Comune di Vigevano del 27.08.2024, la causa è passata in decisione.
10. Il ricorso è in parte infondato, in parte inammissibile e in parte irricevibile per tardività, nei termini che saranno di seguito illustrati.
11. Con il primo mezzo, le ricorrenti lamentano la tardività del provvedimento per decorso dei termini di esercizio del potere inibitorio circa i lavori oggetto della S.C.I.A. in variante – essendo il provvedimento impugnato intervenuto “oltre il termine di trenta giorni dal deposito (avvenuto il 09.09.2024), da parte delle ricorrenti, della documentazione integrativa richiesta con la nota Prot. n. 68073 del 27.08.2024” (cfr. ricorso pag. 10) – con conseguente definitiva consumazione del potere dell’amministrazione e consolidamento della situazione soggettiva del segnalante, residuando in capo all’ente locale, a fronte di un’attività avviata al di fuori delle condizioni normativamente previste, i soli poteri di autotutela.
Il motivo è infondato.
12. Come noto, l’art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990 stabilisce che “l’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma” – ovvero 30 giorni nel caso di attività edilizia ai sensi del comma 6 bis della medesima norma – “adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata”.
13. Ciò premesso quanto al dato normativo, risulta dagli atti di causa che la segnalazione certificata in variante di cui si discute è stata presentata in data 2.08.2024. Successivamente, con nota del 27.08.2024, l’amministrazione ha vietato la prosecuzione dell’attività edilizia oggetto della segnalazione, invitando le parti private alla conformazione della S.C.I.A. L’amministrazione si è dunque pronunciata tempestivamente – cioè in data 27.08.2024, entro il termine di 30 giorni dalla data di presentazione della S.C.I.A. in variante – con un provvedimento motivato nel quale ha imposto il divieto di prosecuzione dell’attività segnalata in ragione della ritenuta insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 24, commi 5 bis e 5 ter del D.P.R. n. 380/2001, norma che avrebbe potuto consentire l’asseverazione della sussistenza delle condizioni di abitabilità dell’immobile a fronte di un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri fino al limite massimo di 2,40 metri e, dunque, anche nel caso di altezza pari a 2,50 metri, come nel progetto di cui alla S.C.I.A. in variante.
13.1 In particolare, secondo il Comune di Vigevano l’art. 24, commi 5 bis e 5 ter del D.P.R. n. 380/2001 non avrebbe potuto trovare applicazione perché le opere oggetto di segnalazione non risulterebbero idonee a garantire un miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie di locali già destinati ad abitazione, trattandosi di intervento consistente nel cambio di destinazione d’uso con trasformazione di locali accessori adibiti a sgombero/cantina in locali a destinazione residenziale. Pertanto, non sarebbe stata ammissibile la riduzione complessiva dell’altezza interna a 2,50 metri anche per locali con permanenza di persone, dovendosi, in questo caso, rispettare i prescritti requisiti igienico sanitari. Da qui la necessità non solo di revisionare gli elaborati di progetto, ma anche di corredare il fascicolo della necessaria verifica circa la sussistenza dei rapporti di aero-illuminazione dei locali oggetto dell’intervento edilizio.
14. In questo quadro, non si può ritenere che il riscontro dato dalle ricorrenti alla succitata nota rappresenti corretto adempimento delle richieste del Comune di Vigevano, poiché nella comunicazione del 9.09.2024 le stesse – oltre a integrare gli elaborati grafici, sostituendo quelli già depositati che non riportavano le modifiche oggetto della variante – si sono limitate a indicare le ragioni fattuali e normative per cui, nonostante l’opposta posizione formalizzata dall’ente, le opere relative al progetto in questione risulterebbero “conformi alle condizioni previste dal citato comma 5 bis e 5 Ter del DPR 380/01”. Non è dunque sufficiente la parte privata si attivi con una formale risposta a fronte dell’invito a conformare una S.C.I.A. ritenuta carente dei presupposti di ammissibilità, dovendosi piuttosto valutare in concreto se le modifiche eventualmente apportate al progetto e le misure adottate siano o meno satisfattive rispetto alle richieste dell’amministrazione.
15. Invero, di fronte all’invito a conformare la S.C.I.A. la parte privata può decidere se adempiere alle prescrizioni dell’amministrazione, facendo quindi acquiescenza alle stesse, oppure se impugnare immediatamente il provvedimento che le impone e dispone il divieto di prosecuzione delle opere, laddove le motivazioni del medesimo non siano condivise o le attività richieste per la conformazione della S.C.I.A. siano ritenute sproporzionate o, comunque, ogni qualvolta non si intenda provvedere in conformità a quanto chiesto dall’ente.
15.1 Nel primo caso, se il privato aderisce all’invito e ottempera, il termine per la formazione del silenzio assenso ricomincia a decorrere dalla data in cui questi comunica l’adozione delle misure prescritte dall’amministrazione ai fini della formazione del titolo. Laddove invece non adempia e non conformi la S.C.I.A. secondo quanto indicato dall’amministrazione, una volta decorso il termine all’uopo previsto l’attività segnalata si intende vietata in via definitiva.
16. Nella fattispecie, pertanto, se è vero che le ricorrenti hanno in parte adempiuto alle richieste dell’amministrazione, trasmettendo gli elaborati grafici coerenti con le modifiche indicate nella relazione tecnica, le stesse hanno tuttavia ribadito e riproposto nel merito la bontà della soluzione progettuale che il Comune di Vigevano aveva esaminato e, per le ragioni espresse nel provvedimento del 27.08.2024, ritenuto non praticabile e non conforme alla normativa invocata.
I contenuti progettuali della S.C.I.A. in variante non sono stati dunque adeguati nei termini indicati dall’amministrazione, né risulta essere stata tempestivamente impugnata la nota del 27.08.2024 con cui il Comune di Vigevano ha disposto il divieto di prosecuzione dell’attività edilizia segnalata – atto immediatamente lesivo laddove il privato non ritenga di adottare le modifiche richieste – che si è quindi consolidato in via definitiva per l’operare del meccanismo normativo di cui all’art. 19, comma 3 della Legge n. 241/1990, impedendo l’esecuzione dell’intervento costruttivo oggetto della segnalazione.
16.1 Al riguardo, è stato evidenziato dalla giurisprudenza che la legge non prevede “alcun ulteriore atto da parte dell’amministrazione competente “in difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine”, poiché il divieto di prosecuzione dell’attività si produce automaticamente ex lege (“l’attività si intende vietata”)” (cfr. TAR Bolzano, 18.04.2025, n. 123). Difatti, è “la stessa norma che disciplina la SCIA in generale che consente alla P.A. di indicare un termine di conformazione, scaduto inutilmente il quale l’effetto di divieto si determina ex lege, venendo a costituire il provvedimento di richiesta di integrazioni, scaduto il termine assegnato, valida fonte di inibizione dell’attività” (cfr. TAR Veneto, Sez. II, 11.11.2024, n. 2661).
16.2 Ne consegue che il successivo provvedimento adottato dal Comune di Vigevano in data 4.12.2024, con cui viene ribadito il divieto di prosecuzione nell’attività edilizia e disposta l’inefficacia della S.C.I.A., ha carattere dichiarativo dell’effetto legale verificatosi a seguito dell’accertamento della mancata conformazione della S.C.I.A. ai rilievi dell’amministrazione, come peraltro risulta chiaramente dal testo dell’atto.
16.3 In questo quadro, il termine di trenta giorni di efficacia della segnalazione non ha ripreso a decorrere dalla data in cui le ricorrenti hanno trasmesso il proprio riscontro, poiché le stesse non hanno proceduto all’adeguamento del progetto secondo le indicazioni dell’amministrazione, ma si sono limitate sostanzialmente a stigmatizzare l’erroneità dell’impostazione adottata dall’ente nell’interpretazione della normativa invocata, ribadendo la correttezza della soluzione proposta con la segnalazione in variante; la possibilità che la S.C.I.A. consolidi i propri effetti è dunque esclusa dalla presenza di un motivato divieto di prosecuzione dell’attività, che il decorso del tempo non potrebbe varrebbe a superare, né a obliterare.
16.4 Deve dunque concludersi che l’amministrazione non ha esercitato un potere di cui era ormai priva, ma ha invece adottato, dopo aver valutato la sostanza delle integrazioni e delle comunicazioni effettuate dal privato, un provvedimento che correttamente dà atto della mancata conformazione della S.C.I.A. a quanto richiesto con la nota del 27.08.2024, dichiarando conseguentemente l’inefficacia del titolo in correlazione al divieto legale di prosecuzione dell’attività, già formalizzato attraverso l’esercizio del potere inibitorio esercitato nei termini di legge.
Alla luce di quanto precede il motivo è infondato e va respinto.
17. Con il secondo mezzo, le ricorrenti lamentano che il provvedimento con cui l’amministrazione ha dichiarato l’inefficacia della S.C.I.A. in variante si baserebbe sul presupposto – dalle stesse ritenuto erroneo – che i commi 5-bis e 5-ter dell’art. 24 del D.P.R. n. 380/2001, introdotti dal c.d. “Decreto Salva Casa”, sarebbero applicabili solo ai “locali esistenti già ad uso abitazione”, mentre nel caso di specie, trattandosi di un intervento di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso da locali accessori di sgombero/cantina ad abitazione, sarebbe stato necessario rispettare i requisiti igienico sanitari previsti dal D.M. 05.07.1975. Secondo le ricorrenti, l’ambito di applicazione delle previsioni sopra menzionate dovrebbe invece necessariamente includere anche gli edifici e/o i locali non residenziali – a fronte della crescente domanda di spazi abitativi accessibili – con la conseguente possibilità di trasformare i medesimi in abitazioni, dovendosi così evitare ogni interpretazione tendenzialmente “restrittiva” della nuova normativa.
17.1 Il motivo è inammissibile poiché volto a far valere censure che, più propriamente, le ricorrenti avrebbero dovuto sollevare, attivandosi nei termini di legge, avverso la nota prot. n. 68073 del 27.08.2024 del Comune di Vigevano, con cui l’amministrazione ha formalmente vietato alle stesse la prosecuzione dei lavori oggetto della S.C.I.A. in variante, invitando alla conformazione del titolo. Tale nota, difatti, nell’individuare le motivazioni per cui l’intervento in questione è stato ritenuto non proseguibile e “carente in merito a requisiti e presupposti”, fa riferimento esplicitamente alla mancata rispondenza dell’intervento proposto ai requisiti igienico sanitari previsti per i locali con destinazione abitativa, trattandosi di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso da locali accessori ad abitazione.
17.1 In particolare, nel citato provvedimento si legge che “le opere oggetto di variante (…) indicate come ammissibili in quanto rientranti tra quelle indicate nei c.5 bis e 5 ter dell’art. 24 del DPR 380/2001, non risultano atte a garantire un miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie di locali già ad uso abitazione, in quanto l’edificio è soggetto ad un intervento di ristrutturazione edilizia volto a trasformare in locali abitativi dei locali precedentemente utilizzati come locali accessori di sgombero/cantina”. Sulla scorta di tali considerazioni, l’amministrazione ha pertanto richiesto che “il fascicolo tecnico progettuale” fosse anche “corredato dalla verifica dei rapporti di aero-illuminazione dei locali oggetto di modifica”.
17.2 Come già chiarito ai paragrafi che precedono, nel caso in cui il privato non intenda conformarsi all’indicazioni prescrittive dell’amministrazione oppure ritenga le stesse erronee, sproporzionate o non pertinenti al caso di specie è tenuto a impugnare il provvedimento con cui l’ente locale, ai sensi dell’art. 19, comma 3 della Legge n. 241/1990, impone motivatamente il divieto di prosecuzione dell’attività edilizia oggetto di segnalazione e invita il segnalante a conformare il progetto, trattandosi di atto direttamente lesivo che determina un immediato arresto procedimentale.
17.3 Le ricorrenti, pur riscontrando la nota in questione, non hanno tuttavia dato seguito alle indicazioni dell’amministrazione, limitandosi a evidenziare che l’intervento in variante – contrariamente a quanto rilevato dall’ente nella citata comunicazione – avrebbe comportato il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie dei locali, con conseguente applicabilità dei commi 5 bis e 5 ter dell’art. 24 del D.P.R. n. 380/2001 ai fini dell’asseverazione della sussistenza delle condizioni di abitabilità di un immobile con altezza inferiore a 2,70 metri e superiore a 2,40. Si tratta di contestazioni attinenti al merito delle valutazioni dell’amministrazione, che le ricorrenti avrebbero dovuto sollevare tempestivamente in giudizio impugnando la nota del Comune di Vigevano prot. n. 68073 del 27.08.2024, siccome avente valore provvedimentale e immediatamente lesivo nei termini sopra chiariti.
18. Le suesposte considerazioni conducono, infine, alla declaratoria di irricevibilità per tardività del terzo motivo di ricorso, nel quale viene impugnata la succitata nota prot. n. 68073 del 27.08.2024 con particolare riferimento alla dedotta l’illegittimità dell’ordine di sospensione dell’attività edilizia oggetto della S.C.I.A. in variante sino al completamento, da parte delle ricorrenti, del fascicolo tecnico progettuale; secondo le ricorrenti, difatti, la citata nota sarebbe illegittima in via derivata in ragione dei vizi del successivo provvedimento adottato in data 4.12.2024 che, inter alia, ne avrebbe rinnovato e prolungato l’efficacia.
Il ricorso, come anche rilevato dal Collegio a verbale nel corso dell’udienza, è in questa parte irricevibile per tardività, poiché la nota sub iudice costituisce un provvedimento autonomo, immediatamente lesivo e determinante un chiaro arresto procedimentale in pregiudizio degli interessi delle ricorrenti, che queste ultime avrebbero dovuto tempestivamente impugnare nel termine decadenziale di 60 giorni dalla sua comunicazione o conoscenza e non, tardivamente, nel corso dell’odierno giudizio.
19. Né tantomeno può prospettarsi alcuna illegittimità derivata dai vizi contestati con riferimento al successivo provvedimento del 4.12.2024, poiché, allo scrutinio effettuato nella presente sede, le censure ad esso relative sono state ritenute infondate.
20. In conclusione, alla luce di quanto precede, il ricorso è in parte infondato e va respinto quanto al I motivo, è in parte inammissibile con riferimento alle censure articolate nel II motivo ed è infine irricevibile per tardività nella parte in cui ha ad oggetto l’impugnazione della nota prot. n. 68073 del 27.08.2024 del Comune di Vigevano, oggetto in particolare del III motivo di gravame.
21. Le spese possono essere compensate in considerazione della particolarità della fattispecie esaminata.
TAR LOMBARDIA – MILANO, IV – sentenza 25.08.2025 n. 2861