1. Il sig. -OMISSIS- ha impugnato innanzi al TAR Lazio il giudizio di non idoneità espresso nei suoi
confronti nell’ambito del concorso a 814 posti nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, indetto con decreto n. 5140 del 6 novembre 2008.
Tale giudizio è stato reso a causa del mancato superamento della prova motorio-attitudinale di cui all’articolo 7 del bando di concorso.
Con successivi ricorsi per motivi aggiunti depositati in data 10.12.2010 e 17.12.2010 il sig. -OMISSIS- ha impugnato, rispettivamente, la scheda di valutazione delle prove da lui effettuate in data 8 aprile 2010, e la graduatoria finale del concorso, di cui al decreto n. 135 del 5.10.2010.
Con ordinanza n. 1498/11 il TAR Lazio: “Considerato che il ricorrente ha proposto ricorso davanti al giudice ordinario per la querela di falso nei confronti del verbale in data 8 aprile 2010 n. 104 della Commissione esaminatrice (…)”, ha disposto “(…) la sospensione del procedimento contenzioso in essere fino alla definizione del giudizio di falso (…)”.
Il 2 marzo 2011 il ricorrente ha depositato ulteriore ricorso per motivi aggiunti, con il quale ha nuovamente impugnato la graduatoria finale del concorso, così come rettificata dal decreto n. 249 del 15 dicembre 2010.
Con decreto presidenziale n. 4408 del 23 settembre 2016, il ricorso iscritto al ruolo generale n. 5734 del 2011 è stato dichiarato perento, ai sensi dell’articolo 82 c.p.a., per l’infruttuoso decorso del termine di centottanta giorni dalla ricezione dell’apposito avviso della Segreteria senza che fosse stata depositata una nuova istanza di fissazione di udienza sottoscritta dalla parte personalmente e dal difensore.
Con ricorso iscritto al ruolo generale n. 3622 del 2017, il sig. -OMISSIS- ha proposto opposizione al decreto di perenzione.
Con ordinanza n. 6346 del 23 maggio 2019 il TAR Lazio ha accolto l’opposizione alla perenzione e, per l’effetto, ha revocato il decreto n. 4408 del 2016, fissando udienza pubblica per la trattazione di merito della causa.
Il 17 dicembre 2020 il ricorrente ha depositato agli atti del fascicolo R.G. n. 5734 del 2010 la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4882 del 2018, pubblicata il 13 luglio 2018, passata in giudicato, con la quale è stato rigettato l’appello proposto dal Ministero dell’interno contro la sentenza del Tribunale di Roma del 21 maggio 2013, che “ha dichiarato la falsità del verbale di esame n. 104 del giorno 8.4.2010 (…)”.
Riuniti i due ricorsi, con sentenza n. 11987/21 il TAR Lazio, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, in ragione del tardivo deposito della sentenza che ha definito l’incidente di falso, ai sensi dell’art. 78 c.p.a.
Avverso tale statuizione giudiziale il sig. -OMISSIS- ha interposto appello, con il quale censura la pronuncia di primo grado per violazione e falsa applicazione dell’art. 78 c.p.a., ora richiamato, e ne chiede pertanto, l’annullamento, con conseguente rimessione della causa al giudice di prime cure, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a. Il tutto con vittoria delle spese di lite.
Il ministero dell’Interno si è costituito con atto depositato in data 17.7.2022.
All’udienza di smaltimento del 2.7.2025 – tenutasi con modalità di collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 87 co. 4 bis c.p.a. – l’appello è stato trattenuto in decisione.
2. L’appello è infondato.
3. Come sopra esposto, la sentenza di primo grado ha fatto applicazione dell’art. 78 c.p.a., così formulato: “Definito il giudizio di falso, la parte che ha dedotto la falsità deposita copia autentica della sentenza in segreteria” (comma 1); “Il ricorso è dichiarato estinto se nessuna parte deposita la copia della sentenza nel termine di novanta giorni dal suo passaggio in giudicato” (comma 2). Ha statuito al riguardo che la disposizione ora richiamata, specificamente dettata per il processo amministrativo, non è derogata “dalle disposizioni del codice di procedura civile in materia di sospensione del processo, le quali sono richiamate dall’articolo 79 cod. proc. amm.”. Conseguentemente, ha escluso che possa applicarsi l’art. 298 c.p.c., che nel disciplinare gli effetti della sospensione del processo prevede che durante questa fase “non possono essere compiuti atti del procedimento”. La sentenza ha aggiunto sul punto che il divieto previsto da quest’ultima disposizione non si estende comunque al “compimento dell’atto di impulso alla ripresa del processo”. Quindi, ha concluso che nel caso di specie, con il deposito in data 17 dicembre 2020 della sentenza che ha definito il giudizio di falso, il termine ex art. 78, comma 2, c.p.a. decorrente al passaggio in giudicato di questa, e dunque dal 14 maggio 2019, era spirato “non solo alla data dell’udienza pubblica fissata con l’ordinanza n. 6346 del 2019 (18 dicembre 2020), ma anche alla data di deposito della medesima ordinanza, che ha accolto l’opposizione alla perenzione (23 maggio 2019), e pure alla data in cui l’opposizione alla perenzione è stata trattenuta in decisione (20 maggio 2019)”.
4. Il ragionamento ora riportato e la relativa conclusione è avversata dall’appellante, in base al rilievo per il quale, poiché al momento della definizione del giudizio di falso il giudizio amministrativo era perento (decreto presidenziale del 23 settembre 2016, n. 4408), il dies a quo si computerebbe dalla data di cessazione della causa di estinzione, e dunque dal 23 maggio 2019, quando è stata pubblicata la citata ordinanza n. 6346 di accoglimento dell’opposizione a perenzione. Prima di questo momento – si sottolinea – in presenza di un giudizio estinto “nessun atto poteva essere compiuto all’interno dello stesso”, dacché l’inapplicabilità dell’art. 78 c.p.a.
5. L’assunto è infondato, e va disatteso.
Anche a voler convenire con esso è in ogni caso dirimente in contrario il fatto che il deposito della sentenza che ha definito l’incidente di falso risulta comunque tardivo rispetto al 23 maggio 2019, data di pubblicazione dell’ordinanza di accoglimento dell’opposizione a perenzione, ovvero quando secondo la stessa prospettazione di parte appellante era possibile il deposito della sentenza civile di falso. Infatti, come accertato dalla pronuncia di primo grado, con statuizione non specificamente censurata, tra la decorrenza in questione e il 17 dicembre 2020, quando il deposito è infine stato fatto, sono pacificamente trascorsi più dei 90 giorni previsti dall’art. 78, comma 2, c.p.a. più volte citato.
6. Il rilievo ora svolto è sufficiente al rigetto dell’appello. In senso convergente può peraltro aggiungersi che nel caso di specie il deposito è stato fatto il giorno antecedente all’udienza di discussione fissata in conseguenza dell’accoglimento dell’opposizione a perenzione, con ordinanza n. 6346 del 23 maggio 2019, e dunque persino oltre i termini previsti dall’art. 73 c.p.a. per lo svolgimento delle attività difensive in vista della trattazione del merito. Risulta dunque palese che il ritardo con cui è stato dato impulso al giudizio perento è imputabile alla parte e non già ad un supposto ostacolo insito nell’effetto estintivo conseguente alla dichiarazione di perenzione.
7. Neppure rileva, nel senso voluto dall’appellante, la circostanza che in accoglimento dell’opposizione alla perenzione sia stata fissata l’udienza pubblica. Tale fissazione è stata infatti disposta in applicazione dell’art. 85, comma 4, c.p.a, ma essa non impedisce che al ricorrere dei relativi presupposti possano in seguito verificarsi cause di estinzione del giudizio.
6. Alla luce di tali considerazioni, l’appello è infondato. Ne consegue il suo rigetto.
7. Sussistono giusti motivi, legati alla natura delle questioni esaminate, per la compensazione delle spese di lite.
CONSIGLIO DI STATO, II – sentenza 25.08.2025 n. 7099