Possesso e diritti reali – Condominio – Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Impianti di riscaldamento, distacco del condominio e obbligo di contribuzione alle spese straordinarie e ai costi del consumo involontario

Possesso e diritti reali – Condominio – Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Impianti di riscaldamento, distacco del condominio e obbligo di contribuzione alle spese straordinarie e ai costi del consumo involontario

C. Esame dei motivi di appello (omissis) ora alla trattazione nel merito dell’appello, va detto che esso è infondato e va, dunque, rigettato, alla luce delle ragioni di seguito esposte.

Come noto, l’art. 100 c.p.c. dispone che “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. In ogni giudizio, occorre accertare il presupposto su cui si fonda la domanda, perché essa deve essere supportata dall’interesse a conseguire un provvedimento al fine di evitare di subire un danno ingiusto, ovvero a conseguire un vantaggio. Nel caso dell’impugnazione di delibera assembleare ai sensi dell’art. 1137 c.c., poi, l’interesse ad agire è dato dall’utilità concreta che la parte può vedersi riconosciuta dall’accoglimento della pretesa fatta valere in giudizio. Ad eccezione, infatti, delle sole ipotesi in cui la parte contesti semplicemente un vizio di forma della delibera, per il quale l’interesse ad agire può dirsi insito nell’eliminazione dell’atto viziato (in siffatta ipotesi si dice che l’interesse ad agire è “in re ipsa”), in tutti gli altri casi la ricerca dell’interesse ad agire va sempre effettuata in concreto. La Suprema Corte ha all’uopo riconosciuto che affinché questo esame possa essere svolto correttamente, il giudice deve seguire un percorso logico-giuridico che porti a verificare “la derivazione dalla deliberazione assembleare di un apprezzabile suo personale pregiudizio, in termini di mutamento della rispettiva posizione patrimoniale” (cfr. Cass., n. 6128 del 09.03.2017). (omissis) ad impugnare la delibera condominiale, dunque, deve essere concreto e non solo astratto, dovendo concernere la posizione di vantaggio effettivo che dalla pronunzia di merito può derivare a chi ha proposto l’azione in quanto non sarebbe di alcuna utilità dichiarare invalida una delibera che nessun vantaggio in concreo gli potrebbe fornire.

Nella fattispecie in esame, l’attrice in prime cure impugnava la delibera adottata dall’assemblea del (omissis) “(omissis) ” in data (omissis), limitatamente a quanto statuito in relazione nel punto 1 capo B dell’O.d.g., essendo stato disposto, in detto punto, che nelle “more della valutazione peritale in tal senso e delle conseguenti decisioni assembleari, l’assemblea delibera che, stante la situazione attuale, i condomini, anche se distaccati, continuino a versare le quote condominiali per intero”. Ora, una simile statuizione, ancorché adottata “a maggioranza, con esclusione del condominio Schiavone”, come riportato nel verbale prodotto, appare in contrasto con quanto previsto proprio dall’art. 1118 c.c., oltre che con un filone giurisprudenziale che la Corte nomofilattica ha fatto proprio da epoca risalente.

La questione relativa al distacco di un condominio dall’impianto centralizzato condominiale trova infatti la sua specifica disciplina particolare nella norma contemplata nell’art. 1118 comma IV c.c.. Il legislatore del 2012 (L. n. 212/2020), conformemente a quanto già stabilito dalla giurisprudenza, ha infatti espressamente consentito il distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento da parte di un singolo condomino, purché non siano provocati rilevanti squilibri all’impianto e non siano determinati aggravi di spesa a carico degli altri condomini. Pertanto, nel caso in cui un condominio sia dotato di impianto di riscaldamento centralizzato, la rinuncia al servizio del singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto è legittima esclusivamente qualora il distaccante dimostri che da essa non derivino: 1) squilibri termici pregiudizievoli per la regolare erogazione del servizio e la sicurezza dell’impianto; 2) aggravi di spesa per i restanti condomini. In assenza di tali evidenze e in ragione della menzionata previsione codicistica, il distacco unilaterale dall’impianto centralizzato può essere effettuato soltanto se vi sia l’autorizzazione dell’assemblea condominiale.

La giurisprudenza ha, peraltro, sempre ammesso che il distacco dall’impianto condominiale centralizzato possa avvenire a due condizioni alternative: a) essere autorizzato dall’assemblea con delibera adottata dalla maggioranza degli intervenuti, rappresentanti almeno la metà del valore dell’edificio; b) provvedervi anche senza approvazione, purché l’impianto non subisse disfunzioni. La sussistenza delle dette condizioni, atte a rendere legittimo il distacco, deve essere fornita, preventivamente, dal condominio che vuole avvalersi della facoltà prevista dall’art. 1118 comma IV c.c.. Il condomino che intende distaccarsi deve, in altri termini, fornire la prova che “dal suo distacco non derivino notevoli squilibri all’impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”. La preventiva informazione dovrà quindi necessariamente essere corredata dalla documentazione tecnica che dia prova dell’assenza di “notevoli squilibri” e di “assenza di aggravi” per i condomini che continueranno a servirsi dell’impianto condominiale. (omissis) della prova così decritto in capo al condomino che intenda esercitare la facoltà del distacco viene meno soltanto nel caso in cui l’assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco dall’impianto comune sulla base di una propria autonoma valutazione. In ogni caso, chi si distacca deve comunque continuare a pagare le spese per la manutenzione straordinaria e la conservazione dell’impianto. Inoltre, deve contribuire ai costi del c.d. consumo involontario, ossia il consumo conseguente alle dispersioni di calore che sono connesse al processo energetico della fornitura di acqua calda che attraversa le condutture condominiali.

Ebbene, nel caso de quo, (omissis) attrice in primo grado, prima di operare il distacco tecnico dall’impianto centralizzato, compiva una serie puntuale di adempimenti previ, così come contemplati dalla disciplina vigente in materia, comunicando al (omissis) con una lettera racc. A/R datata al 18.10.2014, la volontà di rinunciare definitamente all’utilizzo dell’impianto di riscaldamento centralizzato ed allegando alla detta comunicazione una perizia tecnica a firma dell'(omissis) nella quale si chiariva che dall’effettuando distacco non sarebbero derivati né notevoli squilibri al funzionamento per l’impianto, né tantomeno aggravi di costi per gli altri condomini. Alla richiesta, poi, del (omissis) del 12.12.2014, di offrire chiarimenti di natura tecnica su alcuni punti della detta relazione, la (omissis) rispondeva allegando la certificazione attestante l’avvenuto distacco dall’impianto centralizzato. Infine, lo stesso (omissis) nella relazione fornita in costanza del giudizio di prime cure, espressamente attestava: “Nel caso in esame, si ritiene “non notevole” lo squilibrio introdotto dal distacco di meno del 10% dei condomini ovvero di un raggruppamento di condomini che assommano meno di 100 millesimi di proprietà. Nel caso specifico, occorre evidenziare che l’impianto in oggetto originariamente serviva 59 unità immobiliari (compresa l’ex casa del portiere attualmente utilizzata come sala condominiale), mentre oggi le unità fisicamente connesse sono solo 57, essendosi distaccati la ricorrente (omissis) e la condomina (omissis) Poiché i condomini distaccati sono 2 su 59 (ovvero il 3,4% del totale) ed assommano 35,85 millesimi della tabella G (relativa al riscaldamento), si può concludere che i distacchi complessivamente non superano il 4% del totale” (ivi, p. 16), come tali risultando inidonei ad incidere sul regolare funzionamento dell’impianto centralizzato o sull’entità dei costi di gestione gravanti sui condomini ancora allacciati. E più avanti, commentando il giudizio sostanzialmente identico fornito sul punto dal tecnico incaricato dal (omissis) geometra (omissis) così concludeva: “(omissis) il distacco della ricorrente (omissis) l’impianto ha continuato a funzionare senza evidenziare squilibri di tipo notevoli. Pertanto, la ricorrente poteva legittimamente distaccarsi dall’impianto centralizzato. Pur tuttavia, la ricorrente deve contribuire, seppur in misura ridotta, alle spese energetiche di conduzione onde evitare l’insorgere di aggravi di costo a carico dei condomini rimanenti. In particolare, la ricorrente deve contribuire pro quota (ovvero sulla base dei millesimi condominiali a lei attribuiti della tabella G relativa al riscaldamento) alla copertura del 12,6% delle spese energetiche di conduzione” (ivi, p. 24).

Dunque, alla luce di tutto quanto fin qui osservato e di quanto altresì riconosciuto dalla Suprema Corte in materia, i condomini possono legittimamente distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato e, in tal caso, dovranno essere esonerati dal pagamento delle spese di esercizio dell’impianto medesimo, restando, invece, obbligati a contribuire alle spese straordinarie e di conservazione qualora l’impianto conservi, dopo il distacco, la natura di bene di proprietà comune (Cass civ -sez. II civ.- sentenza n. 26185 del 08-09-2023; Cass. Sez. 2 – , sentenza n. 18131 del 31/08/2020). Ciò presuppone che il condomino distaccandosi non determini notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto stesso o aggravi di spesa per gli altri condòmini. (omissis) di tali pregiudizi deve essere provata dal condomino mediante preventiva informazione corredata da documentazione tecnica, come tempestivamente ed esaustivamente fatto dalla (omissis) salvo che l’assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria, autonoma valutazione del loro non verificarsi (Cass. civ., sez. VI, 03/11/2016, n. 22285).

Ebbene, tornando al motivo di gravame, alla luce di tutto quanto sin qui considerato si può qui concludere nel senso di ritenere del tutto priva di pregio la doglianza sul punto di parte appellante, dacché proprio l’utilizzo di espressioni verbali, semanticamente univoche, nella delibera del 26.09.2016, che accennava appunto all’obbligo di “continuare” nel versamento delle “quote condominiali per intero”, anche da parte dei “condomini distaccati”, ad onta dell’intervenuta dichiarazione di rinuncia e del conseguente effettivo distacco dagli impianti da parte della (omissis) dal sistema di riscaldamento centralizzato, induce a considerare illegittima la citata, univoca parte del deliberato assembleare, non potendo essere chiamati i condomini distaccati se non a partecipare, come detto, alle spese per la manutenzione straordinaria e la conservazione dell’impianto, oltre che ai costi del c.d. consumo involontario.

Depone in tal senso, del resto, anche il fatto, sempre evincibile dal verbale assembleare, che la proposta del condomino (omissis) fatta sempre in costanza dell’assemblea del 26.09.2016, di stabilire “per coloro che hanno già operato e formalizzato il distacco il pagamento di una quota forfettaria del 30% dei consumi a titolo transattivo e per evitare futuri contenzioni alla predetta valutazione”, veniva respinta dalla maggioranza assembleare, la quale ultima confermava contestualmente la validità di “quanto in precedenza deliberato”, ovvero di quanto statuito proprio rispetto al punto 1 capo B dell’O.d.g.

In conclusione, il giudice di prime cure correttamente ha annullato il punto 1 capo B della delibera del 26.9.2016, stante la ammissibilità e fondatezza nel merito della impugnativa espletata da parte della (omissis) odierna appellata, del contestato punto dell’O.d.g.., con rigetto del primo motivo di appello in quanto infondato in fatto e in diritto.

Quanto al secondo motivo di appello, deve ritenersi che la trattazione dello stesso sia assorbita dall’esame del primo motivo di gravame, essendo la norma di riferimento applicabile al caso concreto proprio quella evincibile dall’art.

1118 comma IV c.c., la cui prima parte così dispone: “Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”, fermo, comunque, l’obbligo per il condomino rinunziante di continuare a contribuire alle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto, la sua conservazione e messa a norma, obbligo contemplato nella seconda parte del comma riferito e mai contestato dalla (omissis) non ravvisandosi peraltro alcun vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata attesa la richiesta dell’attore in primo grado di annullamento del deliberato assembleare.

All’integrale rigetto dell’appello consegue la conferma della sentenza impugnata.

D. Le spese processuali Le spese del grado seguono la soccombenza dell’appellante e vanno poste a suo esclusivo carico e vengono qui liquidate in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55/2014, come in dispositivo, tenuto conto dell’attività difensiva complessivamente svolta in rapporto alla natura, alla difficoltà e al valore della controversia, nonché considerate le questioni giuridiche e di fatto trattate, in base ai parametri medi, per le fasi sopra indicate per ognuna delle parti convenute ( Cass. civ., Sez. 6 – 2, Ord. n. (omissis) del 16/11/2021; cfr. anche Cass. civ., Sez. VI – 3, Ord., 29/09/2022, n. 28325) di cui al D.M. n. 55/2014 (nella formulazione, applicabile ratione temporis al caso di specie, successiva alle modifiche operate dal DM 147/2022, essendo l’attività difensiva nell’interesse della detta appellata stata ultimata dopo il (omissis), ossia successivamente all’entrata in vigore del detto decreto) per i giudizi innanzi alla Corte d’Appello (tab. n.12), con riferimento allo scaglione compreso tra euro 1.101 ed euro 5.200 in base al valore della controversia.

Sussistono, infine, i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 24 dicembre 2012 (a decorrere dal 1° gennaio 2013), secondo cui “quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

App. Napoli, IV civile, sent., 21.05.2025, n. 2591

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