*Urbanistica e edilizia – Esclusione della natura espropriativa del vincolo urbanistico apposto su aree destinate a parcheggio pubblico

*Urbanistica e edilizia – Esclusione della natura espropriativa del vincolo urbanistico apposto su aree destinate a parcheggio pubblico

1. La ricorrente ha appellato la sentenza, meglio indicata in epigrafe, con la quale è stato rigettato il ricorso da lei proposto per l’annullamento dell’atto di approvazione di una variante al piano di governo del territorio (PGT) di Grassobbio, nella parte in cui destina un’area di sua proprietà a parcheggio pubblico.

2. I fatti di causa possono essere sinteticamente illustrati come segue.

Adele Noris, coltivatrice diretta, è proprietaria di un’area agricola (censita al foglio 9, mappali 6583, 6584, 6586, 234, 797 e 799 della superficie complessiva di circa 72.000 mq), ubicata in prossimità di un comparto produttivo.

Nel 2017, la società SEAC s.r.l. ha proposto al Comune di Grassobbio una variante al PGT per ottenere il cambio di destinazione d’uso di un fabbricato di sua proprietà da produttivo a terziario-direzionale, offrendo, come contropartita, la realizzazione di un parcheggio pubblico di circa 7.000 mq in corrispondenza del fondo della ricorrente. Tuttavia, la società ha poi rinunciato alla proposta, essendo fallite le trattative intraprese con la ricorrente per l’acquisto della porzione di fondo da adibire a parcheggio.

La realizzazione del parcheggio pubblico sull’area della ricorrente è stata, però, inserita nella variante al PGT adottata dal Comune di Grassobbio con delibera n. 19 dell’11 luglio 2018 e approvata con delibera n. 34 del 12 dicembre 2018. Segnatamente, si è disposta la previsione di un’area di parcheggio pubblico di circa 7.000 mq, da attuarsi, mediante il nuovo meccanismo dei “servizi costruiti” (introdotto all’interno del piano dei servizi), in continuità al parcheggio già esistente in fregio all’insediamento Tesmec-Reggiani, id est sul terreno della ricorrente.

Nel corso del procedimento di variante, Adele Noris ha presentato osservazioni, prospettando il pregiudizio derivante dalla decisione amministrativa e domandando, in via principale, lo stralcio della “previsione di esproprio” e, in subordine, l’integrazione della disciplina dei “servizi costruiti”, in modo da definire i diritti volumetrici che le verrebbero attribuiti a compensazione dell’esproprio dell’area. L’amministrazione ha respinto l’osservazione con la seguente motivazione: «Il parcheggio costituisce infrastruttura indispensabile per la vivibilità del comparto. Con riguardo alla disciplina dei c.d. servizi costruiti, le previsioni della variante soddisfano appieno le richieste dell’osservante. I diritti volumetrici acquisiti possono essere sfruttati secondo il disposto dell’articolo 13». Indi, ha approvato la variante al PGT.

3. La ricorrente ha, dunque, impugnato dinanzi al T.A.R. Lombardia, Sezione staccata di Brescia, la delibera di approvazione della variante urbanistica, unitamente agli atti presupposti, per i seguenti motivi di diritto:

I) violazione dell’art. 97 Cost. ed eccesso di potere per disparità di trattamento e sviamento dall’interesse pubblico, poiché il Comune avrebbe piegato il procedimento di variante al soddisfacimento dell’interesse privato di SEAC s.r.l.;

II) violazione dell’art. 3 l. 241/1990 e degli artt. 8 e 13 l.r. Lombardia 12/2005, nonché difetto di motivazione relativamente alle osservazioni, imputando al Comune di non aver esplicitato la concreta portata applicativa del sistema dei “servizi costruiti compensativi”, asseritamente alternativo all’indennità di esproprio;

III) violazione dell’art. 42 Cost. e dell’art. 11 l.r. 12/2005, omessa o carente motivazione ed eccesso di potere per ingiustizia manifesta, per aver il Comune introdotto una disciplina indeterminata in tema di compensazione urbanistica a fronte dell’introduzione di un vincolo sostanzialmente espropriativo;

IV) violazione dell’art. 42 Cost. e del d.p.r. 327/2001, nonché eccesso di potere per disparità di trattamento e per ingiustizia manifesta, in ragione della mancata fissazione di criteri certi per la determinazione del credito compensativo alternativo all’indennità di esproprio.

Si è costituito il Comune di Grassobbio, eccependo l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, in quanto intrusivo del merito amministrativo, e deducendo l’infondatezza delle censure.

4. Con sentenza n. 1354 del 20 dicembre 2022, il T.A.R. adito, dopo aver respinto l’eccezione preliminare dell’amministrazione comunale, ha rigettato il ricorso nel merito, osservando:

– quanto al primo motivo, che non vi fosse prova che l’intento del Comune fosse quello di favorire la società SEAC s.r.l. e che, comunque, non sussistano ostacoli al recepimento, mediante una variante urbanistica, di una proposta privata, laddove – come nella fattispecie – essa soddisfi l’interesse pubblico alla realizzazione di parcheggi, carenti nella zona, tenuto conto dell’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione in materia urbanistica;

– quanto al secondo motivo, che non vi sia l’obbligo dell’amministrazione di controdedurre diffusamente alle osservazioni che i privati formulano nel corso dei procedimenti urbanistici;

– quanto al terzo motivo, che i diritti volumetrici a cui la ricorrente potrebbe ambire non siano indeterminati, essendo approfonditamente illustrati all’art. 13 del piano dei servizi;

– in relazione al quarto motivo, che non fosse necessario determinare ex ante il quantum dei diritti volumetrici attribuiti al privato, poiché la previsione urbanistica non avrebbe portata ablatoria, essendo solo eventuale l’avvio di procedure di esproprio del fondo.

5. Con ricorso notificato il 20 giugno 2023 e depositato l’11 luglio 2023, Adele Noris ha impugnando la sentenza, formulando sei motivi di appello:

I) erronea ricostruzione della quaestio facti, per aver il giudice ritenuto insussistente lo sviamento di potere lamentato con il primo motivo di ricorso, sviamento invece integrato dal fatto che il Comune di Grassobbio avrebbe esattamente replicato, nella variante urbanistica, la proposta di SEAC s.r.l. e avrebbe, così, decretato l’espropriazione a spese della collettività di un terreno che avrebbe dovuto essere viceversa acquistato a cura e spese di un privato per raggiungere i propri obiettivi imprenditoriali;

II) sempre in relazione al primo motivo del ricorso di primo grado, erronea valutazione delle circostanze di fatto, per aver il giudice ritenuto sussistente un interesse generale alla realizzazione del parcheggio, malgrado, nella risposta alle osservazioni della ricorrente, l’amministrazione si sia limitata a dedurre in maniera laconica che «il parcheggio costituisce infrastruttura indispensabile per la vivibilità del comparto», così tratteggiando una parvenza di motivazione per dissimulare la vera ragione della scelta, ossia il soddisfacimento del volere di SEAC s.r.l.;

III) ancora in relazione al primo motivo del ricorso di primo grado, erronea valutazione delle circostanze di fatto, laddove il giudice ha ritenuto riconducibile all’ampia discrezionalità comunale in materia di pianificazione del territorio la scelta dell’ente di assecondare il volere di un privato;

IV) rispetto al secondo motivo del ricorso di prime cure, erronea valutazione delle circostanze di fatto, per aver il giudice reputato adeguatamente motivata la controdeduzione all’osservazione della ricorrente, malgrado il Comune non abbia riscontrato la richiesta, ivi contenuta, di chiarire la natura, l’esatta quantificazione e le modalità di fruizione dei diritti volumetrici spettanti a fronte dell’esproprio dell’area;

V) in relazione agli ultimi due motivi di ricorso, erronea interpretazione degli artt. 13 e 14 del piano dei servizi del PGT, nonché omessa, insufficiente o, comunque, erronea motivazione relativamente alla esaustività della disciplina dei diritti edificatori compensativi, giacché, sebbene l’art. 13 sia prima facie molto articolato, nessun elemento è ivi rinvenibile ai fini della effettiva individuazione della natura, della quantificazione e della modalità di fruizione dei diritti volumetrici che dovrebbero essere assegnati alla ricorrente a compensazione dell’esproprio, con conseguente elusione del sistema compensativo e dei principi posti a tutela della proprietà privata;

VI) sempre rispetto agli ultimi due motivi del ricorso di primo grado, erronea valutazione delle circostanze di fatto, per avere il giudice ritenuto non necessaria ex ante la determinazione dei criteri di quantificazione dei diritti edificatori compensativi dell’esproprio.

6. Si è costituito il Comune di Grassobbio, deducendo l’infondatezza delle doglianze e, in particolare, l’erroneità della tesi per cui l’adibizione dell’area a parcheggio equivalga a un esproprio, eccependo, a tal proposito, che, ove il vincolo assegnato all’area della ricorrente fosse espropriativo, l’appello sarebbe inammissibile, poiché depositato oltre il termine dimidiato di cui all’art. 119 cod. proc. amm., applicabile alle controversie in materia di espropriazioni per pubblica utilità.

7. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 27 marzo 2025.

8. L’appello – le cui censure possono essere esaminate assieme, poiché interconnesse – è infondato, perciò si prescinde dall’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla difesa civica.

9. L’infondatezza del gravame discende, primariamente, dall’erroneità della tesi su cui, essenzialmente, ruota ogni censura dedotta dall’appellante e, cioè, che l’adibizione di un terreno a parcheggio pubblico consista in un sostanziale esproprio del fondo.

Per contro, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, la destinazione di un terreno privato a parcheggio pubblico, impressa in base a previsioni di tipo urbanistico, non comportando automaticamente l’ablazione dei suoli, ed anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte dei privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all’uso pubblico, costituisce un vincolo conformativo e non anche espropriativo della proprietà privata, per cui la relativa imposizione non necessita della contestuale previsione dell’indennizzo, né delle puntuali motivazioni sulle ragioni poste a base della eventuale reiterazione della previsione stessa: va, infatti, attribuita natura conformativa del diritto di proprietà sui suoli a tutti i vincoli che, oltre a non essere esplicitamente preordinati all’esproprio in vista della realizzazione di un’opera pubblica, neppure si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione di interventi da parte dei privati (Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2017, n. 4748; Cfr., più di recente, Cons. Stato, Sez. IV, 23 ottobre 2024, n. 8481Id., 14 marzo 2025, n. 2099).

A specificazione della ricostruzione giurisprudenziale innanzi riportata si evidenzia che l’aggettivo “pubblico” apposto a fianco del sostantivo “parcheggio” non si riferisce al regime di appartenenza del bene, ma solamente alla sua modalità di fruizione, ossia all’intenzione amministrativa che il parcheggio, ancorché di titolarità di soggetti privati, sia “aperto al pubblico” e soddisfi, quindi, un interesse della collettività. Per tale ragione la destinazione urbanistica in discorso non è strettamente correlata all’ablazione del diritto dominicale del privato. Il parcheggio pubblico può essere, infatti, edificato tanto da soggetti privati, che siano l’attuale proprietario del fondo o che siano terzi che abbiano acquistato – secondo gli ordinari strumenti privatistici – idonei diritti reali sul suolo, quanto dall’amministrazione, che, però, all’uopo dovrà attivare una apposita procedura espropriativa, apponendo – solo in tal caso – il vincolo espropriativo e procedendo alla quantificazione dell’indennità di esproprio o di altre forme di ristorazione, quali i diritti edificatori compensativi. Frattanto, il terreno è suscettibile di essere adibito a ogni uso che non neutralizzi la futura realizzazione del parcheggio; pertanto, per ciò che rileva nel caso in esame, nulla vieta all’appellante di continuare a coltivare il fondo fintanto che non decida (liberamente) di alienarlo a terzi interessati alla realizzazione dell’opera oppure che il Comune non si determini ad acquisirlo forzosamente con la procedura espropriativa.

Coerente con tale esegesi è l’istituto dei “servizi costruiti”, disciplinato all’art. 14 del piano dei servizi (cfr. infra), giacché essi consistono in «opere destinate a servizi e funzioni pubbliche», tra cui, per l’appunto, i parcheggi, «da realizzarsi su aree a disposizione del soggetto attuatore ovvero messe a disposizione del medesimo dal Comune»: ne discende che, anche per la normativa urbanistica introdotta dal Comune di Sarzana, le opere di pubblico interesse possono insistere su aree private (del soggetto attuatore), mentre la loro acquisizione ad opera del Comune (mediante esproprio) costituisce una mera eventualità, che potrà concretizzarsi ove il soggetto attuatore non abbia e non riesca ad acquisire la titolarità del sedime.

10. Alla luce di ciò, sono prive di consistenza le doglianze con cui si lamenta il difetto di motivazione della scelta urbanistica e l’insufficienza delle controdeduzioni alle osservazioni presentate dalla ricorrente all’atto di adozione della variante (III e IV motivo d’appello). Appurato, infatti, che il vincolo apportato al fondo ha natura solo conformativa e rientra, pertanto, nel generale potere pianificatorio dell’amministrazione comunale, trovano applicazione i principi – già enunciati dal giudice di primo grado – per cui le determinazioni di pianificazione urbanistica sono sottratte al dovere motivazionale, in quanto atti amministrativi generali (cfr. art. 3, co. 2, l. 241/1990) e, correlatamente, l’amministrazione non è tenuta a prendere puntuale posizione sulle osservazioni formulate dai proprietari interessati in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione, dacché tali osservazioni non integrano forme di partecipazione procedimentale, parimenti esclusa per gli atti a contenuto generale ex art. 13 l. 241/1990, ma costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici, per cui il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della pianificazione (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 10 giugno 2014, n. 2973Id., 24 febbraio 2017, n. 874Id., 4 novembre 2020, n. 6803).

11. Non è, inoltre, censurabile la scelta in sé di istituire un parcheggio nell’area per cui è causa (I e II motivo d’appello).

L’appellante non ha mai negato che la zona fosse carente di parcheggi – a nulla rilevando se tale carenza sia dovuta o meno a un eccessivo sfruttamento antropico dell’area – e tanto basta a ritenere conforme al pubblico interesse la decisione assunta dal Comune nel caso di specie. Del resto, la pubblica utilità del parcheggio era stata sottolineata dall’amministrazione già in relazione alla proposta effettuata da SEAC s.r.l.: nella riunione della commissione urbanistica del 1 marzo 2017, infatti, era stato evidenziato che «[l]a proposta può essere accolta in quanto di interesse a tutti i fruitori ed utenti dei vari comparti (ex Tesmec Reggiani, exMR81, Cooperativa 90) considerato anche che la zona risulta essere particolarmente carente di parcheggi pubblici» (doc. 10 Comune, depositato in primo grado). Essa è stata, poi, ribadita in sede di adozione della variante al PGT, ove, in relazione alla zona Reggiani-Tesmec, si espone che «[l]a variante prevede la riperimetrazione delle tre attività presenti e anche la possibilità di realizzare ulteriori parcheggi, oltre a quelli già esistenti e ormai saturi, in una terza zona, attraverso l’eliminazione di una strada di collegamento che non ha più significato di esistere» (doc. 2 Comune, depositato in primo grado), oltre che nella delibera di approvazione della variante, laddove, in risposta all’osservazione della ricorrente, si deduce che «[i]l parcheggio costituisce infrastruttura indispensabile per la vivibilità del comparto» (doc. 1 Comune, depositato in primo grado).

Non può riscontrarsi uno sviamento di potere per il sol fatto che l’istituzione del parcheggio avesse formato prima oggetto di una proposta privata, poiché, come condivisibilmente osservato dal giudice di primo grado, l’amministrazione comunale ben può avallare e far propria una iniziativa privata, se coincidente con le esigenze della collettività. Né si può sostenere che in questo modo il Comune di Grassobbio abbia scaricato sui cittadini, in termini di indennità di esproprio, un costo, per l’acquisto del terreno, che avrebbe dovuto essere sostenuto da SEAC s.r.l., per l’assorbente rilievo che la previsione urbanistica non integra un vincolo espropriativo e non prelude l’ablazione pubblica della proprietà dell’area.

12. Anche gli ultimi due motivi di appello, con i quali si lamenta l’indeterminatezza dei diritti edificatori asseritamente fissati in contropartita all’esproprio dell’area, sono privi di fondamento, poiché, avuto riguardo alla natura non espropriativa del vincolo apposto alla proprietà della ricorrente, non è richiesta la contestuale fissazione di un indennizzo e, di riflesso, neppure di diritti edificatori eventualmente sostitutivi dell’indennizzo medesimo.

La conclusione è confortata dalla piana lettura del PGT.

Nella descrizione della variante proposta (doc. 7 ricorrente, depositato in primo grado) è illustrato che essa «è finalizzata a individuare una nuova area di parcheggio pubblico da attuarsi attraverso il nuovo meccanismo relativo alla possibilità di realizzazione di “servizi costruiti” che viene introdotta con un nuovo articolo integrativo alla disciplina del Piano dei Servizi». In sostanza, ai fini della costruzione del parcheggio, che è progettato su un’area di proprietà privata, appartenente all’appellante, può essere sfruttato lo strumento, di nuovo conio, dei “servizi costruiti”. Essi sono disciplinati all’art. 14 del piano dei servizi allegato al PGT, a mente del quale «[n]ell’ambito dei piani attuativi, comunque denominati, o di permessi di costruire convenzionati, lo standard da cedersi ai sensi dei DM 1444/68 piuttosto che nell’entità prevista da altre leggi nazionali o regionali in relazione alle destinazioni urbanistiche insediate secondo la disciplina del PdR e del PdS ovvero ancora di quella negoziata tra le parti, può venire soddisfatto, in tutto o in parte, anziché con la cessione di aree, mediante la realizzazione di opere destinate a servizi e funzioni pubbliche, definiti quali “Servizi Costruiti Compensativi”, da realizzarsi su aree a disposizione del soggetto attuatore ovvero messe a disposizione del medesimo dal Comune. I Servizi Costruiti Compensativi sono realizzati dai soggetti attuatori a spese degli stessi e le relative opere saranno cedute all’Amministrazione unitamente alle aree sulle quali esse sono state realizzate, ove non già di proprietà del Comune». Dunque, i “servizi costruiti” compensano non l’ablazione della proprietà privata in sede di esproprio, bensì l’esigenza di standard urbanistici derivanti da nuove costruzioni. Questo comporta la possibilità che gli attuatori di interventi edilizi acquistino, ovviamente in via consensuale, i terreni – fra i quali quello della ricorrente – su cui devono sorgere attrezzature pubbliche per realizzarvi opere funzionali alla collettività, in luogo della cessione di aree a soddisfazione degli standard, oppure che il Comune stesso acquisisca, anche mediante esproprio, le suddette aree, ma sia l’una sia l’altra costituiscono delle eventualità, che possono realizzarsi solo se la specifica area venga individuata come luogo di realizzazione di “servizi costruiti” compensativi di nuovi interventi edificatori. In tal caso, la cessione dei fondi per servizi costruiti può essere compensata con “diritti volumetrici”: ai sensi dell’art. 14, infatti, «a fronte della cessione delle aree di PGT preindividuate […] il Comune riconoscerà diritti volumetrici di volta quantificati nella stessa tavola, che potranno essere sfruttate negli ambiti strategici per i quali le schede di piano ammettano la relativa facoltà, ovvero nelle fondiarie individuate dal Piano delle Regole». Del possibile sfruttamento di tali diritti volumetrici si occupa l’art. 13 del piano dei servizi.

Alla luce di quanto sopra, è errato sostenere che l’art. 13 disciplini i diritti edificatori compensativi dell’esproprio e, per conseguenza, pretendere che questi siano compiutamente indicati nella norma. In verità, l’art. 13 regolamenta, in generale, l’utilizzabilità di diritti volumetrici che possono essere conseguiti all’esito di un’eventuale cessione (o esproprio) di aree destinate a servizi, anche nell’ambito dell’istituto dei diritti costruiti.

Rimane fermo che l’area della ricorrente non è oggetto di esproprio, poiché il parcheggio può essere realizzato anche su iniziativa privata. Se, invece, l’area verrà ceduta a privati attuatori oppure verrà espropriata (se e quando il Comune decida di realizzare in proprio il parcheggio), potranno essere riconosciuti alla ricorrente i diritti volumetrici di cui all’art. 13. In altre parole, come illustrato dal Comune nella memoria depositata in giudizio, «nessuno obbliga la ricorrente a cedere le proprie aree. Il relativo accordo di cessione sarà evidentemente accettato da controparte, laddove il riconoscimento dei diritti volumetrici, la soddisfi. In caso contrario, in difetto di un accordo e nella permanenza dell’interesse pubblico alla realizzazione del parcheggio, l’amministrazione procederà mediante il ricorso alle procedure coattive di cui al DPR 327/2001».

13. In conclusione, si impone il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.

14. In ragione della particolarità della questione giuridica affrontata, le spese del secondo grado di giudizio vengono compensate.

Cons. di Stato, IV, sent., 25.06.2025, n. 5538

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