1. Con ordinanza di demolizione n. 1/2019 (prot. n. 5405) del 4 settembre 2019, notificata al ricorrente in data 5 settembre 2019, ed adottata all’esito di un sopralluogo svolto in data 26.08.2019, il Comune di Grotteria ha accertato la realizzazione di una costruzione con struttura metallica e copertura in lamiera coibentata di altezza completamente difforme da quanto comunicato dall’odierno ricorrente con S.C.I.A. del 19.04.2019 prot. n. 2128, che aveva invece ad oggetto la realizzazione di una copertura in acciaio smontabile su un lastrico solare già esistente.
Con ricorso r.g. n. 684/2019, il Sig. Cosimo Commisso ha impugnato dinnanzi a questo TAR la suddetta ordinanza. Con sentenza n. 508/2021, non appellata, il Tribunale ha rigettato il ricorso.
2. Nelle more, l’Area Tecnica del Comune di Grotteria, in data 8/7/2020, effettuava un ulteriore accertamento dello stato dei lavori eseguiti sull’immobile di proprietà del ricorrente, riportato in catasto al foglio di mappa n. 45, particella 576 sub 2, con destinazione d’uso deposito.
Dal confronto tra gli elaborati progettuali allegati alla S.C.I.A prot. n. 2128 del 19.04.2019 e gli elaborati di progetto approvato con concessione edilizia prot. n. 4284 dell’11.07.1984, prat. edilizia 186/1982, l’Amministrazione comunale ha rilevato ulteriori difformità ed in particolare un ampliamento al piano terra con una maggiore superficie ed un maggiore volume, e cioè abusi consistenti “nella costruzione di una sopraelevazione ad un piano realizzato con struttura metallica e muratura di tamponamento in laterizi con copertura in lamiera coibentata, già oggetto di ordinanza n. 01/2019”.
Come specificato nel relativo verbale di sopralluogo, tali ulteriori opere abusive consistono nella costruzione di una sopraelevazione di un piano realizzato con struttura metallica, muratura di tamponamento in laterizi e copertura in lamiera coibentata dalle dimensioni di m. 13,83 di lunghezza x m. 10,06 di larghezza x m. 2,80 di altezza, realizzata sul solaio del fabbricato esistente, distinto in catasto con la p.lla n. 576 sub 2 fg. mappa n. 45 del Comune di Grotteria.
Dal confronto degli elaborati progettuali, è stata accertata, inoltre, una difformità tra lo stato attuale del fabbricato realizzato ed il progetto approvato, con la sopra richiamata concessione, consistente nell’ampliamento di mq. 60,71 e nella maggiore volumetria di mc. 218,56; opere in totale difformità dalla S.C.I.A., dal permesso di costruire, dall’autorizzazione paesaggistica e dall’autorizzazione del competente ufficio tecnico della Regione Calabria (ex Ufficio del Genio Civile).
Con l’ordinanza indicata in epigrafe è stata ordinata la demolizione di tali ulteriori opere.
3. Avverso anche tale ordinanza è insorto il ricorrente, con l’odierno ricorso notificato il 20/02/2021 e depositato il 22/03/2021, deducendo le seguenti censure:
I. “Illegittimità del provvedimento per contraddittorietà degli atti; violazione dell’art. 32 comma 37 della L. 326/2003, del principio del legittimo affidamento, nonché sull’errata applicazione del D.P.R. 380/2001 – Carenza motivazionale”: sostiene il ricorrente che le difformità oggetto dell’ordine demolitorio oggi impugnato sarebbero esistenti “da moltissimo tempo” e non potrebbero considerarsi interventi di “nuova” costruzione, dal momento che il Comune ha ordinato la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, in relazione a un abuso edilizio accertato 54 anni dopo la realizzazione delle opere.
Le sanzioni applicabili a tali interventi edilizi (eseguiti in assenza o in difformità dalla s.c.i.a.) sarebbero quelli previsti all’art. 37 T.U. Edilizia, per gli interventi edilizi c.d. «minori» (trattandosi di una “modifica di lieve entità”).
Le opere sarebbero risalenti agli anni 1984/85 e non sarebbe applicabile l’apparato sanzionatorio entrato in vigore successivamente alla realizzazione dell’opera.
Per un lungo lasso di tempo, l’Amministrazione comunale non avrebbe contestato tali difformità, circostanza questa che avrebbe ingenerato nel privato un affidamento incolpevole (avendo maturato, nel frattempo la convinzione “che l’immobile in questione, al piano terra, fosse conforme e non abusivo”), donde un obbligo di motivare l’ordinanza di demolizione.
Il Comune non avrebbe dato conto delle ragioni di pubblico interesse “che depongono per la demolizione del fabbricato, diverse da quelle finalizzate al mero ripristino della legalità, tenendo peraltro in debita considerazione gli interessi privati maturati nel frattempo”.
II. “Eccesso di potere per travisamento ed omesso accertamento dei fatti. Carenza di istruttoria”.
Il Comune avrebbe dovuto irrogare la sanzione pecuniaria (ex art. 37 T.U. Edilizia) in luogo di quella demolitoria (ex art. 31 TUE) concretamente disposta e non ha valutato la effettiva possibilità di demolire la parte di immobile illegittimamente eseguita senza arrecare pregiudizio alla porzione di immobile legittimamente realizzata.
L’intervento integrerebbe, al più, la diversa ipotesi contemplata dall’art. 34 dPR n. 380/2001 (interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire) e sarebbe pur sempre sanzionabile con una mera sanzione pecuniaria.
III. “Eccesso di potere per omessa istruttoria e per omessa comparazione dell’interesse pubblico concreto ed attuale”: l’Amministrazione – sostiene il ricorrente – non avrebbe accertato l’esistenza dell’interesse pubblico concreto e attuale in ordine alla restitutio in pristinum e non avrebbe compiuto alcuna comparazione di tale interesse con la posizione qualificata del privato esecutore dell’opera, non dando prevalenza all’affidamento del privato, e limitandosi al mero ripristino della legalità violata.
Ad onta della previsione contenuta agli artt. 36 e 37 TUE, mancherebbe una valutazione della possibilità del privato di ottenere il permesso di costruire in sanatoria o un accertamento di conformità.
IV. “Eccesso di potere; omessa motivazione ed indeterminatezza del provvedimento impugnato. Nullità e/o illegittimità dell’ordinanza di demolizione per violazione dell’art. 31 II° comma DPR 380/2001”: l’ingiunzione di demolizione sarebbe totalmente generica ed indeterminata in quanto ometterebbe di specificare gli elementi essenziali per l’individuazione delle opere assoggettate a demolizione, lasciando “intravedere la sua portata applicativa estesa all’intero intervento edilizio”.
L’ingiunzione di demolizione avrebbe dovuto specificare e delimitare le parti da demolire per riportare il fabbricato al suo precedente stato legittimo.
Dal provvedimento impugnato non emergerebbe “se l’intervento sanzionato riguardi: opere eseguite senza titolo su aree assoggettate a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad intervento di edilizia residenziale pubblica di cui art. 27 II° comma T.U.; opere abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale, di interesse archeologico o vincolati; o, infine se si tratti di interventi contemplati e sanzionati ai sensi dell’art. 31 T.U. sull’edilizia o di opere eseguite in assenza di Super DIA, Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) o Comunicazione Inizio Attività (CIA)”.
L’Amministrazione non avrebbe valutato se l’esecuzione dell’ordine demolitorio possa incidere, in violazione del principio di proporzionalità, sul diritto all’abitazione, anche di minori, richiedendo in tal caso un obbligo particolare di motivazione (e richiama, al riguardo, Corte eur.dir.uomo, 21 aprile 2016, ric.n.46577/15).
3. Per resistere al ricorso si è costituito, in data 22/07/2021, il Comune di Grotteria, eccependone l’infondatezza e chiedendone il rigetto, vinte le spese.
4. In data 5.6.2025 il Comune di Grotteria ha depositato una memoria di costituzione di un nuovo difensore in dichiarata “sostituzione” del precedente.
5. All’udienza pubblica del 25 giugno 2025, il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.
6. Il ricorso è infondato.
6.1. Va premesso che quelli oggetto dell’ordinanza di demolizione oggi impugnata sono interventi abusivi ulteriori rispetto a quelli già sanzionati con la precedente ordinanza di demolizione n. 1/2019 (cfr. TAR Reggio Calabria n. 508/2021) ed è noto che gli interventi ulteriori eseguiti su manufatti abusivi non sanati né condonati ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale cui ineriscono strutturalmente (Cons. Stato sez. VI, 06/02/2024, n.1201), sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione.
6.2. In disparte tale considerazione di ordine generale, le singole censure sono infondate.
7. Il primo e il secondo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, vanno rigettati.
8. Come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino” (Cons. Stato Ad. Plen. 17 ottobre 2017 n. 9).
Invero, il decorso del tempo rispetto all’adozione del provvedimento demolitorio non può ex se consolidare l’affidamento del proprietario nel mantenimento della costruzione, non potendosi lo stesso configurare come legittimo giusta la illiceità originaria della stessa (Cons. Stato sez. II n. 4247/2024).
8.1. Nel caso di specie, poi, come correttamente dedotto dalla difesa del Comune di Grotteria con la memoria depositata nel corso del giudizio, l’Amministrazione comunale è venuta a conoscenza dell’abuso solo a seguito del sopralluogo dell’8/07/2020 proprio perché tali opere sono state realizzate in un arco temporale intercorrente tra il (primo) sopralluogo effettuato in data 26.08.2019 (che ha rilevato soltanto la presenza di una costruzione con struttura metallica e copertura in lamiera coibentata di altezza completamente difforme da quanto trasmesso nella S.C.I.A. del 19.04.2019 prot. n. 2128) – e che ha, poi, condotto all’adozione dell’ordinanza di demolizione n. 1/2019 – e il (secondo) sopralluogo dell’8/07/2020, richiamato nell’ordinanza di demolizione oggi impugnata.
Dal confronto tra la documentazione fotografica contenuta nei due verbali di sopralluogo (docc. 4 e 7 del 26/07/2021 prod. Comune) e quella versata in atti dal Comune di Grotteria relativa allo stato dei luoghi a seguito del sopralluogo dell’8/07/2020 (docc. 8-11 del 26/07/2021 prod. Comune) emerge che le ulteriori opere oggetto della (seconda) ordinanza di demolizione, oggi impugnata, non erano presenti all’epoca del primo sopralluogo (basterebbe, a tal fine, confrontare la foto n. 10 relativa allo stato dei luoghi a seguito del sopralluogo dell’8/07/2020 e l’ultima fotografia contenuta nel verbale di sopralluogo del 26.08.2019).
8.2. Trattandosi di interventi di “nuova” costruzione, gli stessi avrebbero richiesto il permesso di costruire ai sensi degli artt. 3 co. 1 lett. e) TUE e 10 co. 1 lett. a) TUE ovvero la segnalazione certificata di inizio di attività in alternativa al permesso di costruire, ai sensi dell’art. 23 TUE (ma nel caso di specie, parte ricorrente non ha dimostrato che, in alternativa al permesso di costruire, gli interventi potessero essere realizzati mediante segnalazione certificata di inizio di attività).
8.3. Le considerazioni che precedono in ordine alla tipologia di intervento (nuova costruzione) e al titolo edilizio richiesto dalla legge (permesso di costruire), escludono l’applicabilità al caso di specie dell’invocato art. 37 TUE (che riguarda gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività).
8.4. Il motivo relativo alla mancata applicazione della sanzione pecuniaria è, comunque, infondato.
Com’è noto, la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria deve essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione. La prospettata impossibilità di eseguire la demolizione ingiunta con le ordinanze citate non afferisce dunque alla legittimità del provvedimento impugnato, ma alla sua concreta eseguibilità, fase in cui va valutata l’applicabilità della sanzione pecuniaria (in termini per tutte, T.A.R. Reggio Calabria n. 192 del 24/02/2023).
9. Va pure rigettato il terzo motivo di ricorso in quanto non risulta che l’interessato abbia presentato istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 TUE.
La valutazione della possibilità del privato di ottenere il permesso di costruire in sanatoria o un accertamento di conformità presuppone, pur sempre, la “presentazione della domanda” da parte dell’interessato, trattandosi di un procedimento comunque attivato ad istanza di parte.
10. Passando all’esame delle doglianze dedotte con l’ultimo motivo di ricorso, ritiene il Collegio che le stesse siano infondate, per le ragioni già indicate da questo Tribunale con la richiamata sentenza n. 508/2021 al punto 6.3., che va richiamato ai sensi degli artt. 74 e 88 co.1 lett. c) c.p.a..
10.1. In sintesi, va ribadito che, quanto alla presunta genericità e indeterminatezza dell’oggetto dell’ordine demolitorio, il provvedimento impugnato appare sufficientemente chiaro nell’individuare e descrivere le porzioni di fabbricato prive di titolo edilizie, e dunque da demolire (e sopra descritte al § 2).
La motivazione dei provvedimenti finalizzati alla repressione degli abusi edilizi è adeguata e sufficiente qualora contenga la puntuale descrizione delle opere abusive e la constatazione della loro abusività (cfr. sul punto Consiglio di Stato, A.P., 17 ottobre, n. 2017, n. 9 e Consiglio di Stato, sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7094).
11. Parimenti infondata è la censura volta a stigmatizzare la presunta violazione del principio di proporzionalità, in relazione al diritto all’abitazione, anche di minori, alla luce della giurisprudenza della CEDU.
La giurisprudenza amministrativa, in linea generale, ribadendo il carattere vincolato e doveroso dell’ordine demolitorio, ha chiarito che le reali condizioni fisiche e materiali dei soggetti interessati, ove effettivamente compromesse, possono rilevare nella successiva e diversa fase dell’esecuzione del provvedimento recante l’ordine demolitorio ma non possono incidere sulla legittimità del provvedimento repressivo sanzionatorio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2023, n. 5705; Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio 2024, n. 4039; Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2024, n. 10000 ed ivi precedenti giurisprudenziali).
Ed è noto che il legislatore, a tal proposito, modificando, di recente, l’art. 31 co. 3 TUE con la legge 24 luglio 2024, n. 105 ha previsto che “Il termine di cui al primo periodo può essere prorogato con atto motivato del comune fino a un massimo di duecentoquaranta giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ingiunzione o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine”.
È stato precisato, inoltre, che “proprio il riferimento alla sentenza della Corte EDU del 2016, e alla valorizzazione in essa contenuta del solo diritto a salvaguardare la propria (unica) casa di abitazione costituisce un chiaro vaglio dell’esatto perimetro da attribuire al principio di proporzionalità: esso, cioè, non può essere invocato in relazione a qualsivoglia posizione giuridica soggettiva, ma solo, nello sviluppo datone, con riferimento alla prima. E soprattutto ciò non può avvenire in deroga alle regole processuali sulla ripartizione dell’onere della prova, imponendo al giudice di individuare i parametri su cui si è basata la scelta, nonché, a monte, all’Amministrazione un’integrazione motivazionale sull’interesse pubblico che almeno in linea generale e salvo i casi in cui sia la parte a contrapporre la propria situazione, sono soddisfatti dal mero riferimento all’abusività della situazione riscontrata. L’eccezionalità delle contingenze, la buona fede, nonché la assoluta mancanza di alternative devono dunque essere addotte e provate dal ricorrente, tenuto conto altresì della dimensione dell’abuso, e dunque della proporzionalità, a valori invertiti, dello stesso rispetto ai bisogni primari del soggetto agente” (Cons. Stato sez. II n. 4247/2024).
Nella specie, invece, non solo manca tale allegazione, ma viene omessa la mera enunciazione di tali circostanze.
12. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
13. Sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
14. Va, in ultimo, disposta l’ammissione in via definitiva del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, essendogli stato riconosciuto il beneficio in via soltanto provvisoria con provvedimento n. 78 del 5.10.2021 della preposta Commissione istituita presso questo TAR, e non emergendo, comunque, che abbia “agito in giudizio con mala fede o colpa grave” (art. 136 co. 2 TU spese di giustizia).
TAR CALABRIA – REGGIO CALABRIA, I – sentenza 18.08.2025 n. 587