Processo – Giurisdizione – Competenza – Riforma Nordio, no all’interrogatorio preventivo nei casi di arresto in flagranza

Processo – Giurisdizione – Competenza – Riforma Nordio, no all’interrogatorio preventivo nei casi di arresto in flagranza

1. I ricorsi sono infondati.

2. La prima censura prospettata dallo (OMISSIS) è da disattendere.

In tema di intercettazioni telefoniche, la mancata allegazione, da parte del P.M., dei relativi decreti autorizzativi a corredo della richiesta di l’applicazione di misure cautelari e la successiva omessa trasmissione degli stessi al Tribunale del riesame a seguito di impugnazione del provvedimento coercitivo, non determina né l’inefficacia della misura, né l’inutilizzabilità delle intercettazioni, ma obbliga il Tribunale ad acquisire d’ufficio tali decreti ove la parte ne faccia richiesta (Sez. 1, n. 823 del 11/10/2016, dep. 2017, Fiammetta, Rv. 269291-01; confronta, in termini analoghi: Sez. 4, n. 26297 del 15/05/2024, Rv. 286817-01 e Sez. 1, n. 8806 del 15/02/2005, Ferrini, Rv. 231083-01).

Tanto è stato correttamente evidenziato nel provvedimento impugnato.

Del resto, è la stessa parte ricorrente ad ammettere che, “nella serata dello stesso giorno 24.03.25, alle ore 20.46, inviava una pec alla Procura procedente, richiedendo il deposito dei decreti autorizzativi del GIP in vista dell’udienza prossima del 26.03.25”: ovvero di aver proposto istanza al Pubblico Ministero, ritenuto dalla stessa parte ricorrente unico legittimo organo detentore degli atti.

Dunque, nessuna istanza in tal senso risulta formulata al Tribunale collegiale, che, pertanto, non aveva, per quanto detto, alcun dovere di disporre l’acquisizione dei menzionati decreti a pena di nullità.

3. Anche le censure – prospettate da entrambi i ricorrenti – in ordine all’omesso espletamento del preventivo interrogatorio di garanzia sono infondate.

È evidente che, in caso di arresto in flagranza di reato o fermo per il gravemente indiziato di delitto, l’art. 391 cod. proc. pen. preveda una autonoma disciplina in luogo di quella di cui al menzionato art. 291 cod. proc. pen.

Infatti, secondo l’art. 391, commi 3, 4 e 5, cod. proc. pen., «il Pubblico Ministero, se comparso, indica i motivi dell’arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale. Il giudice procede quindi all’interrogatorio del l’arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore. Quando risulta che l’arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386 comma 3 e 390 comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. […] Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall’articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo 274, il giudice dispone l’applicazione di una misura coercitiva a norma dell’articolo 291».

Dunque, l’art. 391 cod. proc. pen. non subordina alla sussistenza delle condizioni di cui all’art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen. l’adozione della misura cautelare, prevedendo, nel caso del fermo o dell’arresto, un distinto iter in cui risulta, comunque, garantito il diritto di difesa, in ragione della possibilità, per l’indagato, di essere sottoposto a interrogatorio dal giudice.

Tanto, peraltro, è stato già affermato da questa Corte (si veda Sez. 6, n. 23350 del 4/4/2025, non massimata).

3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

Trattandosi di provvedimento da cui non consegue la rimessione in libertà dei detenuti, una sua copia va trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen. (ai sensi del comma 1-ter del medesimo articolo).

Cass. pen., V, ud. dep. 08.08.2025, n. 29384

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