11. Preliminarmente il Collegio deve respingere l’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione del principio di sinteticità degli atti sollevata negli scritti difensivi dell’Amministrazione.
Risulta, invero, per tabulas che l’atto di gravame rispetta i limiti dimensionali autorizzati con decreto del Presidente del C.G.A.R.S. n. 5 del 1° marzo 2024, in ossequio all’art. 5, comma 1, del D.P.C.S. n. 167 del 22 dicembre 2016.
11.1. A ciò, per completezza espositiva, deve essere aggiunto che, in pendenza della presente controversia, è entrato in vigore l’art. 1, comma 813, della legge n. 207 del 2024, il quale ha sostituito il comma 5 dell’art. 13-ter dell’allegato II al codice del processo amministrativo, disponendo che, “Indipendentemente dall’esito del giudizio, la parte che in qualsiasi atto del processo superi, senza avere ottenuto una preventiva autorizzazione, i limiti dimensionali stabiliti ai sensi del presente articolo può essere tenuta al pagamento di una somma complessiva per l’intero grado del giudizio fino al doppio del contributo unificato previsto in relazione all’oggetto del giudizio medesimo e, ove occorra, in aggiunta al contributo già versato“.
Prima dell’entrata in vigore della legge n. 207 del 2024, l’art. 13-ter dell’allegato II al codice del processo amministrativo disponeva:
– al comma 1, che “le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato“;
– al comma 3, che il menzionato decreto determinasse “i casi per i quali, per specifiche ragioni, può essere consentito superare i relativi limiti“;
– al comma 5, che “Il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti (quelli determinati con decreto del presidente del Consiglio di stato). L’omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione“.
La legge n. 207 del 2024, inoltre, ha aggiunto all’art. 13-ter i commi 5-bis e 5-ter, i quali, rispettivamente, dispongono:
a) “Il giudice, con la decisione che definisce il giudizio, determina l’importo di cui al comma 5 tenendo conto dell’entità del superamento dei limiti dimensionali stabiliti ai sensi del presente articolo nonché della complessità ovvero della dimensione degli atti impugnati o della sentenza impugnata” (comma 5-bis);
b) “Si applica l’articolo 15” (comma 5-ter).
11.2. Ciò posto, la predetta novella legislativa, in virtù dell’indirizzo reso dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 3 del 13 marzo 2025, è applicabile anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore.
Sul punto l’Adunanza Plenaria ha argomentato: “5. Ritiene al riguardo il Collegio che la nuova disposizione si applica anche per i ricorsi proposti prima del 1° gennaio 2025. 5.1. Si tratta, infatti, di una disposizione di natura processuale, attributiva al giudice di un potere valutativo in ordine all’incidenza del superamento, non autorizzato, dei limiti dimensionali degli atti processuali, sul celere e spedito andamento del giudizio. Tale natura si ricava, incontrovertibilmente, dall’incipit dell’art. 1, comma 813, della L. n. 207 del 2024, secondo cui, le modifiche apportate al citato art. 13-ter, comma 5, rispondono <<Al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio>>“.
11.3. Ne discende con assoluta evidenza che, in attuazione della citata norma sopravvenuta, anche ove fossero stati superati i limiti dimensionali – il che nel caso di specie non è – la sanzione processuale per l’eventuale superamento dei limiti dimensionali non sarebbe stata l’inammissibilità del ricorso, bensì il pagamento della sanzione pecuniaria prevista dal comma 5 dell’art. 13-ter dell’allegato II al codice del processo amministrativo.
Ed invero, come precisato dall’Adunanza Plenaria (cfr. sentenza n. 3 del 2025, punto 6), “Rispetto al testo entrato in vigore nel 2010, la nuova formulazione del comma 5 ha inciso sul potere decisorio del giudice, per il caso di superamento non autorizzato dei limiti dimensionali”.
12. Passando all’esame dei singoli motivi di doglianza dedotti da parte appellante, si palesa privo di pregio il primo motivo, recante critica al capo della sentenza di primo grado che ha dichiarato irricevibile e inammissibile l’impugnazione rivolta al verbale del 4 novembre 2021 e agli ordini di servizio n. 5 dell’11 marzo 2022 e n. 7 del 9 agosto 2022.
In particolare, per il primo giudice: il verbale del 4 novembre 2021 non ha natura di provvedimento amministrativo ma di atto negoziale e, comunque, è stato tardivamente impugnato; gli ordini di servizio configurano atti di natura endoprocedimentale, privi di immediata capacità lesiva.
12.1. Deduce sul punto l’appellante che l’interesse all’impugnazione dei predetti atti è sorto soltanto dopo il provvedimento di revoca e decadenza adottato dal Commissario straordinario e che la tardiva proposizione del ricorso giurisdizionale troverebbe fondamento nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia contrattuale che impone di portare a conoscenza del giudicante l’intera vicenda in fatto.
Deduce, inoltre, che gli ordini di servizio, al momento della loro adozione, “costituivano, nell’ambito delle negoziazioni e delle interlocuzioni tra le parti, un punto di approdo condiviso, su cui le stesse avevano trovato convergenza”, ma venuta meno la possibilità di stipulare il contratto è riemerso “il pieno e incondizionato interesse del R.T.P. a impugnare i predetti atti” (atto di appello, pag. 13).
12.2. Il motivo non può essere condiviso dal Collegio.
12.3. Risulta per tabulas che con il verbale del 4 novembre 2021 (“Verbale di avvio dell’esecuzione del contratto in via d’urgenza”), sottoscritto dal legale rappresentante dello Studio Plicchi S.r.l. (ing. Gianni Plicchi) e dal RUP (ing. Santo Pettignano), si è pattuito tra le parti, tra l’altro, che “con la sottoscrizione del presente atto l’aggiudicatario accetta incondizionatamente e senza riserva alcuna che, nel caso in cui, per qualsivoglia titolo, causa o ragione, nessuna esclusa, non si addivenga alla stipula del contratto, lo stesso avrà diritto esclusivamente al rimborso delle spese sostenute per le prestazioni espletate nei limiti delle utilità conseguite dalla Struttura Commissariale…”.
A fronte del chiaro contenuto pattizio della clausola, inserita in un atto sottoscritto da entrambe le parti del rapporto, e della specificità dell’impegno assunto dallo Studio Plicchi S.r.l. con la firma del verbale, non è meritevole di condivisione l’affermazione di parte appellante – strumentale a ottenere una rimessione in termini rispetto ad una impugnazione palesemente tardiva, che l’interesse all’impugnazione è sorto soltanto “una volta venuta meno la possibilità di stipula del contratto”.
Ed invero, la prefata clausola del verbale è stata stipulata proprio per disciplinare il rapporto di dare – avere nell’eventualità, ovviamente futura, di mancata stipula del contratto. Non si comprende, allora, come si possa sostenere che la clausola costituiva al momento della sua consapevole sottoscrizione della parte privata “un punto di approdo condiviso, su cui le stesse parti avevano trovato convergenza” (di qui l’assenza di interesse alla sua impugnazione), e che l’interesse alla sua impugnazione è sopravvenuto in virtù del verificarsi dell’evento previsto dalla clausola stessa.
Ne discende la correttezza della conclusione raggiunta dal primo giudice in ordine alla irricevibilità e comunque inammissibilità del proposto gravame.
12.4. Quanto agli ordini di servizio n. 5 dell’11 marzo 2022 e n. 7 del 9 agosto 2022, dalla loro piana lettura si evince, da un lato, la mancanza di qualsiasi innovatività in ordine alla previsione delle conseguenze per l’affidatario in via d’urgenza del contratto in caso di mancata stipula del contratto (i.e.: entrambi gli ordini di servizio riproducono alla lettera la clausola del verbale del 4 novembre 2021), dall’altro la loro indiscutibile natura di atti endoprocedimentali.
Osserva a questo proposito il Collegio:
a) con l’ordine di servizio n. 5 dell’11 marzo 2022 vengono impartite al raggruppamento istruzioni “di completare secondo quanto previsto dal capitolato prestazionale il PFTE . . . che dovrà essere consegnato entro 30 (trenta) giorni dal ricevimento del presente OdS”;
b) con l’ordine di servizio n. 7 del 9 agosto 2022 vengono impartite al raggruppamento istruzioni “di procedere con l’avvio della progettazione definitiva per l’eventuale appalto integrato di progettazione esecutiva e lavori… con richiesta di consegna di tutte le relazioni e elaborati … entro il 31.10.2022, termine che codesto RTP ha anticipato di potere osservare”.
In sintesi, entrambi gli ordini di servizio non possiedono alcuna autonoma capacità lesiva, sia perché privi di innovatività, limitandosi alla riproduzione sul piano letterale del contenuto della clausola del verbale del 4 novembre 2021, sia per la loro natura di atti recanti istruzioni al raggruppamento per evidenti esigenze acceleratorie, nell’ottica della massima soddisfazione del risultato dell’affidamento.
13. Del pari privo di pregio si palesa il secondo motivo, con il quale parte appellante riproduce in questo grado la denuncia di violazione delle norme e principi in materia di partecipazione procedimentale di cui alla legge n. 241 del 1990, lamentando, in particolare, di non avere avuto la possibilità – prima del decreto n. 17 del 13 gennaio 2023 oggetto di impugnazione dinanzi al TAR – di offrire il proprio apporto partecipativo e di esercitare il proprio diritto al contraddittorio e alla difesa endoprocedimentale.
13.1. Il capo di sentenza gravato sul punto ha statuito: “La corposa documentazione prodotta dalle parti evidenzia, quindi, che l’interlocuzione sostanziale è stata effettiva e satisfattiva dell’interesse partecipativo del RTP ricorrente”, in quanto:
– il Commissario straordinario ha inviato al raggruppamento ben 11 comunicazioni formali – nel lasso temporale dal 2 marzo 2022 al 14 ottobre 2022 – per contestare gravi inadempienze e ritardi, “in relazione ai quali la Stazione Appaltante ha ivi preannunciato le responsabilità conseguenti al comportamento tenuto dall’RTP”;
– anche i provvedimenti di contestazione e di applicazione delle penali “hanno certamente reso noto all’operatore economico le inadempienze e i ritardi lamentati dalla Stazione Appaltante, la quale ha ivi espressamente riservato l’adizione di ulteriori provvedimenti”;
– in particolare, nella contestazione di addebito, ai sensi dell’art. 22 del Capitolato Tecnico Prestazionale, volta all’applicazione delle penali previste dalla legge, il raggruppamento è stato invitato a fornire “ogni eventuale controdeduzione”, con la precisazione che all’esito la stazione appaltante avrebbe proceduto “secondo le modalità stabilite dal medesimo art. 22 CTP, con riserva di ogni valutazione circa la non prosecuzione del rapporto”;
– con le note del 30 settembre 2022 e del 14 ottobre 2022 il raggruppamento è stato invitato a far pervenire la documentazione prodromica al contratto, “con l’avvertimento che l’omessa consegna della succitata documentazione, o la mancata presenza, o ancora, la mancata disponibilità alla firma sarà considerata indisponibilità alla prosecuzione del rapporto, con ogni conseguenza di legge”;
– la nota prot. 449 del 31 dicembre 2022 “ha contenuto sostanziale di comunicazione di avvio del procedimento rispetto al successivo decreto di revoca e decadenza n. 17 del 13 gennaio 2023”, in quanto con essa il Commissario straordinario comunica l’interruzione del rapporto in virtù delle “gravi inadempienze riscontrate e contestate in capo a codesto RTP” e l’esigenza indifferibile, a tutela dell’interesse pubblico, di ricercare con urgenza soluzioni alternative e affidare celermente i lavori. Tale nota è stata riscontrata dal raggruppamento con controdeduzioni del 12 gennaio 2023, alle quali si riferisce espressamente, per confutarle, il Commissario straordinario nel provvedimento gravato dinanzi al TAR.
13.2. Tale lineare percorso logico – argomentativo può essere sostanzialmente condiviso dal Collegio.
13.3. Per giurisprudenza ormai sedimentata presso il giudice amministrativo di ultima istanza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2024, n. 8010), condivisa dalla Sezione (cfr. C.G.A.R.S. 29 aprile 2022, n. 528), “l’art. 7 L. n. 241 del 1990 deve essere interpretato non cedendo a suggestioni meramente formali, ma è necessario accertare che il privato sia stato messo a conoscenza delle ragioni che impongono all’amministrazione di adottare il provvedimento, sollecitando l’apporto collaborativo o meramente difensivo dello stesso. La giurisprudenza ha escluso che il principio del giusto procedimento sia violato nell’ipotesi in cui gli atti posti in essere dall’Amministrazione siano comunque conosciuti dall’interessato. L’interpretazione formalistica è stata esclusa dal sommo Consesso amministrativo: <<Sul punto deve essere richiamata la costante giurisprudenza di questo Consiglio per cui l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo non deve essere osservato in maniera meccanicistica e la validità dell’azione amministrativa non è inficiata se la conoscenza dell’inizio del procedimento sia comunque intervenuta e si sia concretamente raggiunto lo scopo al quale in via generale la previa comunicazione tende” (Cons. St., sez. II, 30 ottobre 2020 n. 6687)>>” (così, C.G.A.R.S. n. 528 del 2022).
In sintesi, nessuna violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990, né dei principi del giusto procedimento e delle necessarie garanzie partecipative, è riscontrabile quando il privato – pur non avendo ricevuto una comunicazione formale – abbia potuto comunque intervenire nel procedimento per fare valere, in un’ottica oppositiva o pretensiva, il proprio specifico interesse ad un determinato esito procedimentale. Ciò in quanto, in tali casi, la norma di cui si denuncia la violazione ha comunque raggiunto il proprio scopo, con pieno rispetto del principio generale del giusto procedimento.
13.4. Alla luce delle suesposte coordinate giurisprudenziali, il motivo di appello non può essere quindi condiviso.
E’ pacifico in atti che, come puntualmente ricostruito dal primo giudice, il raggruppamento appellante non solo ha ricevuto numerosissimi richiami formali, con contestazione di asseriti ritardi e inadempimenti, ma ha avuto la possibilità di produrre, prima del provvedimento commissariale n. 17 del 2023, specifiche e articolate osservazioni in data 12 gennaio 2023, sulle quali il Commissario straordinario prende posizione, confutandole (pag. 5 del decreto n. 17 del 2023).
Ne discende con assoluta evidenza che lo Studio Plicchi S.r.l. non solo ha avuto conoscenza per tempo del possibile esito, poi verificatosi, della decadenza dall’affidamento del servizio, in seguito alle numerose contestazioni di ritardi e inadempimenti comunicate dall’Ufficio del Commissario straordinario, ma ha potuto partecipare attivamente al procedimento prima della sua conclusione, facendo pervenire proprie osservazioni.
Di qui la non configurabilità della denunciata violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
14. Del pari privi di pregio si palesano il terzo e quarto motivo di appello che, in quanto intimamente connessi e concernenti profili di illegittimità del medesimo decreto commissariale n. 17 del 13 gennaio 2023, possono essere di seguito congiuntamente esaminati.
14.1. Con il terzo motivo, parte appellante deduce l’erroneità della sentenza di primo grado “nella parte in cui ha stabilito la legittimità della revoca/decadenza, attesa la mancata consegna delle garanzie e delle polizze fideiussorie prodromiche alla sottoscrizione del contratto”. In particolare, deduce che il primo giudice avrebbe errato nel non riconoscere che l’incertezza esistente in ordine al tipo di contratto da stipulare (appalto con progettazione trifasica ovvero appalto integrato di progettazione esecutiva e lavori) non avrebbe permesso al raggruppamento di fornire la garanzia definitiva ex art. 103 del d. lgs. n. 50 del 2016 e le polizze assicurative obbligatorie per la responsabilità civile professionale.
14.2. Il motivo non può essere condiviso dal Collegio.
14.3. Con il capo di sentenza gravato, il primo giudice ha:
– accertato che “l’amministrazione ha sollecitato l’operatore economico alla produzione delle garanzie di legge al fine della stipula del contratto con plurime note (prot. n. 224 del 9 novembre 2021, prot. n. CSNOS-0391 del 30 settembre 2022, del 14 ottobre 2022) e, stante l’inidoneità delle polizze RC professionali trasmesse dal RTP soltanto in data 28 ottobre 2022 – ossia a quasi un anno di distanza dalla prima richiesta della Stazione Appaltante –, quest’ultima, con nota Prot. n. CSNOS-0434 del 3 novembre 2022, ha richiesto al Raggruppamento la relativa integrazione, rimasta inevasa; con nota del 14 dicembre 2022, è stata poi inviata un’ulteriore richiesta dalla stazione appaltante al raggruppamento ricorrente, anche in tal caso non esitata”;
– ritenuto “che il fatto che il r.t.i. ricorrente a fine del 2021 abbia fornito una bozza della garanzia non è sufficiente a superare la dovuta decadenza in assenza del testo definitivo, a fronte delle plurime richieste come sopra elencate; in ogni caso, a tale data non risultano inviate le polizze (nemmeno in bozza), nonostante la richiesta della stazione appaltante”;
– ritenuto che “Non può costituire giustificazione il fatto che, essendo il Commissario a fine mandato, la richiesta della produzione della garanzia definitiva piuttosto che essere finalizzata alla stipula del contratto fosse, in tesi, da ascriversi solo all’intendimento della stazione appaltante di incamerare la stessa a fronte di contestati inadempimenti (cfr. pag. 13 memoria conclusionale del raggruppamento ricorrente), anzi ciò disvelando le ragioni della mancata produzione da parte del raggruppamento”;
– ritenuto che “Né può costituire giustificazione di tale inadempimento l’argomento sostenuto dalla parte ricorrente che, nelle more (e in particolare a seguito dell’ordine commissariale n. 7 del 9 agosto 2022), l’oggetto e l’ammontare del contratto fossero divenuti indefiniti e che ciò ostasse al rilascio delle garanzie e delle polizze da parte delle compagnie assicurative e dell’assunzione dei relativi costi, non emergendo in atti tale impossibilità, che spettava al ricorrente provare”; ed invero, “va osservato che l’inadempienza del raggruppamento nella produzione delle dette garanzie si pone già in epoca antecedente al contestato ordine di servizio ed è concomitante all’esecuzione anticipata del contratto”;
– accertato che “… già in data 9 novembre 2021 la stazione appaltante aveva chiesto detta produzione al raggruppamento <<ai fini della sottoscrizione del contratto>>, da rendersi <<entro e non oltre 10 giorni dal ricevimento della presente>>. A detta nota aveva fatto riscontro, in data 16 dicembre 2021, la produzione di bozza di garanzia definitiva (ma non delle polizze assicurative, parimenti richieste), la quale veniva ritenuta conforme con nota del 21 gennaio 2022 dalla struttura di supporto del Commissario, che invitava il raggruppamento a procedere <<con l’emissione della fideiussione>>, emissione che però non è mai intervenuta”, di talché “Non emerge, in atti, inoltre la prospettata impossibilità per la compagnia assicurativa di emettere il testo definitivo delle garanzie”;
– accertato che “In disparte la dedotta circostanza che la garanzia definitiva in bozza c’era già ed era stata ritenuta conforme dalla stazione appaltante con invito ad emetterla, in ogni caso risulta in atti che successivamente all’ordine di servizio contestato siano state emesse (con conseguente prova della possibilità di emetterle) le polizze RC professionali, trasmesse dall’r.t.i. in data 28 ottobre 2022, ma in forma incompleta, tant’è che la stazione appaltante, con nota del 3 novembre 2022, chiedeva al raggruppamento la relativa integrazione, mai pervenuta all’ente”;
– accertato che l’affermazione del raggruppamento ricorrente (pag. 22 del ricorso) di non avere inviato alla struttura commissariale apposita lettera di impegno, datata 15 novembre 2022, ricevuta dalla Elba Assicurazioni S.p.a., in ragione del rifiuto della predetta struttura “di procedere alla stipula del contratto”, non trova conferme agli atti di giudizio, giacché “tale rifiuto non è riscontrabile nel caso in esame ove la stazione appaltante, come su esposto, ha più volte sollecitato la detta produzione ai fini della stipulazione del contratto”.
14.4. Tale lineare percorso logico – argomentativo sfugge alle proposte doglianze.
14.5. In primo luogo, rileva il Collegio che nessuna modifica contrattuale è intervenuta nel mese di agosto 2022, come erroneamente dedotto da parte appellante (atto di appello, pag. 18), giacché con l’ordine di servizio n. 7 (Avvio progettazione definitiva) del 9 agosto 2022 il Commissario straordinario ha soltanto impartito al raggruppamento disposizione di procedere con l’avvio della progettazione definitiva “per l’eventuale appalto integrato di progettazione esecutiva e lavori”. Trattasi, all’evidenza, di un ordine di servizio che – come correttamente statuito dal TAR – non ha innovato, né avrebbe potuto farlo unilateralmente, lo schema contrattuale o l’importo della commessa, ma si è limitato a disporre – in virtù dei ritardi accumulatisi nell’esecuzione in via d’urgenza delle prestazioni contrattuali (v. verbale del 4 novembre 2021) – l’avvio della predisposizione della progettazione definitiva anche in funzione di un “eventuale” appalto integrato.
Che tale ordine di servizio non abbia innovato né l’oggetto del contratto, né l’importo della commessa, è peraltro confermato dal contenuto di note successive del Commissario straordinario con destinatario il raggruppamento, le quali richiamano importi e contenuto del contratto già oggetto di negoziazione tra le parti (v. verbale di negoziazione del 28.10.2021, richiamato nelle note commissariali del 30.09.2022 e 14.10.2022).
14.6. In secondo luogo, e in disparte quanto già sopra evidenziato, la tesi di parte appellante, in base alla quale l’incertezza esistente in ordine all’oggetto del contratto e agli importi delle prestazioni a carico della struttura commissariale rendeva impossibile l’acquisizione delle garanzie previste dalla legge (i.e.: garanzia ex art. 103 d. lgs. n. 50 del 2016 e polizze di responsabilità professionale), trova diretta smentita nelle formali richieste del Commissario straordinario al raggruppamento, nelle quali l’oggetto e gli importi delle garanzie risultano precisamente indicati.
Risulta invero per tabulas che il Commissario straordinario:
– con la nota prot. CSNOS 391 del 30.09.2022, dopo avere dichiarato “irricevibile” la proposta di rimodulazione dell’iter progettuale trasmessa dal raggruppamento in data 21.09.2022 e avere rilevato come “l’affermazione di codesto RTP di non intendere dare avvio alla progettazione definitiva, così contravvenendo all’OdS, costituisce nuovo inadempimento, che verrà sanzionato nei termini di CTP”, ha invitato il raggruppamento “ai fini del perfezionamento del contratto, a far pervenire, entro 10 giorni dal ricevimento della presente…la garanzia definitiva ai sensi dell’art. 103 D. Lgs. 50/2016 per la fase di progettazione, pari ad euro 2.091.588,12…polizze assicurative RC Professionale (RCP), RC Terzi (RCT) e RC prestatori di lavoro (RCO) conformemente alle indicazioni contenute nello schema di contratto allegato al verbale di negoziazione del 28.10.2021”;
– con la nota prot. CSNOS 412 del 14.10.2022, richiamando la precedente nota del 30.09.2022, ha invitato “in via ultimativa” il raggruppamento a far pervenire “entro e non oltre 10 giorni dal ricevimento della presente”, la “Garanzia definitiva ai sensi dell’art. 103 D. Lgs. 50/2016 per la fase di progettazione, pari ad euro 2.091.588,12” nonché le “Polizze assicurative RC Professionale (RCP), RC Terzi (RCT) e RC prestatori di lavoro (RCO) conformemente alle indicazioni contenute nello schema di contratto allegato al verbale di negoziazione del 28.10.2021”.
Ciò posto, le richieste del Commissario straordinario, conformi a legge, perimetravano perfettamente l’oggetto e il contenuto delle garanzie che il raggruppamento avrebbe dovuto consegnare ai fini della stipula del contratto.
14.6. Dall’accertata infondatezza del terzo motivo di appello nei termini suesposti discende l’inammissibilità del quarto motivo.
Con esso parte appellante censura la sentenza di prime cure nella parte i cui il primo giudice ha accertato “profili di inammissibilità, come evidenziato dalla difesa erariale, per la mancanza di censure specifiche avverso la violazione del protocollo di legalità, che, invero, ha costituito una delle autonome ragioni fondanti del provvedimento impugnato…”.
Per giurisprudenza ormai sedimentata (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 15 aprile 2025, n. 3235), “in presenza di un atto c.d. plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale; in sostanza, in caso di atto amministrativo, fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le una dalla altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2017, n. 2910; sez. V, 12 settembre 2017, n. 4297; sez. V, 21 agosto 2017, n. 4045) (Cons. Stato, IV, 30 marzo 2018, n. 2019) (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 settembre 2019, n. 6190)“.
Risulta per tabulas che il decreto commissariale n. 17 del 13 gennaio 2023, oggetto di gravame, configura provvedimento plurimotivato e che le contestate violazioni del protocollo di legalità (i.e.: implementazione della banca dati di cui all’art. 4 del protocollo di legalità e impegni derivanti dall’applicazione del medesimo art. 4, punti 2 e 3) sono puntualmente descritte nel predetto decreto commissariale e poste a sostegno della decadenza pronunciata a carico del raggruppamento odierno appellante.
Pertanto, una volta acclarato che il profilo motivazionale del decreto commissariale fondato sulla mancata consegna alla stazione appaltante delle obbligatorie garanzie previste dalla legge resiste alle proposte doglianze, la censura formulata con riferimento ad altri profili, come quello delle contestate violazioni del protocollo di legalità, si palesa inammissibile, non potendo, comunque, l’eventuale suo positivo vaglio condurre alla riforma della sentenza di primo grado e all’annullamento del decreto commissariale censurato.
15. Del pari privo di pregio si palesa il quinto motivo.
15.1. Con esso parte appellante ha riproposto anche in questo grado la domanda di condanna dell’Amministrazione a stipulare il contratto e “a pagare i compensi dovuti al R.T.P., nonché a rifondere i costi e le spese sostenute dal R.T.P. per lo svolgimento di tutte le prestazioni espletate, come quantificate in corso di causa” (atto di appello, pag. 23).
15.2. In primo luogo, tale motivo risulta parzialmente rinunciato, avendo il difensore di parte appellante dichiarato, all’udienza pubblica del 26 giugno 2025, di non avere più alcun interesse alla stipula del contratto, nelle more stipulato dall’Amministrazione con altro operatore economico.
15.3. In secondo luogo, quanto alla domanda di rifusione dei costi e delle spese affrontati dal raggruppamento, essa – per la sua evidente genericità – non riesce a scalfire le condivisibili conclusioni cui è pervenuto il primo giudice, secondo cui:
– con disposizione n. 18 del 30 marzo 2023 il Commissario straordinario ha ordinato il pagamento di quanto dovuto al raggruppamento, trattenendo soltanto la quota del 10% a titolo di penali;
– quanto ai costi delle indagini compiute, per stessa ammissione del raggruppamento, essi erano stati oggetto di negoziazione con l’Amministrazione, con accollo degli stessi in capo all’odierno appellante;
– la pretesa alla remunerazione di tali costi in virtù del decreto di decadenza n. 17 del 2023 “passa per la contestazione del verbale di negoziazione, la cui impugnazione è inammissibile per tutte le ragioni esposte”.
15.4. A ciò va peraltro aggiunto, in punto di quantificazione delle somme di cui parte appellante invoca il pagamento ed a conferma della evidente genericità della doglianza, che l’atto di appello reca un espresso rinvio ad una futura quantificazione “in corso di causa” e una riserva “di ulteriore quantificazione di compensi, costi e spese” (pag. 23), a cui l’appellante non ha poi fatto seguito né nei propri scritti difensivi, né con eventuale produzione documentale successiva.
16. Si palesa infondato anche il sesto motivo di appello, con cui parte appellante censura il capo della sentenza di prime cure che ha escluso il diritto all’indennizzo richiesto dal raggruppamento ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990.
16.1. Sul punto la sentenza di prime cure ha statuito: “il partecipante a gara pubblica, che agisce per l’annullamento del provvedimento dichiarativo della sua decadenza dall’aggiudicazione dell’appalto pubblico, non può pretendere il pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies, l. 7 agosto 1990, n. 241, atteso che la disciplina che questo detta è applicabile esclusivamente agli atti di revoca, mentre nel caso in esame viene in considerazione un atto anche di decadenza, legittimo e assorbente per quanto sopra esposto”.
16.2. Ad avviso dell’appellante il primo giudice avrebbe errato nel non considerare che “Il provvedimento impugnato in primo grado contiene si una decadenza, ma prima ancora esso dispone una revoca, e di tale circostanza il giudice non ha tenuto ingiustamente conto” (atto di appello, pag. 24).
16.3. Il motivo non può essere condiviso dal Collegio.
16.4. Si rammenta che, per giurisprudenza costante, anche presso questo Consiglio di Giustizia Amministrativa (cfr. C.G.A.R.S. 22 luglio 2024, n. 567), “La qualificazione degli atti amministrativi oggetto di giudizio spetta, dunque, al giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2023, n. 2801; 3 agosto 2022, n. 6821; sez. VI, 26 novembre 2021, n. 7913; sez. V, 4 ottobre 2021, n. 6606) e costituisce un potere ufficioso non vincolato né dall’intitolazione dell’atto né tanto meno dalle deduzioni delle parti in causa (Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3387), dovendo l’esatta qualificazione di un provvedimento essere effettuata solo alla luce del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, e anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante, né può prevalere sulla sostanza, e inoltre neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato (Consiglio di Stato, sez. V, 02/02/2024, n.1076; sez. V, 28 agosto 2019, n. 5921; sez. IV, 18 settembre 2012, n. 4942). Il giudice amministrativo è, dunque, chiamato ad interpretare gli atti amministrativi impegnandosi in un’attività ermeneutica che, per costante giurisprudenza, soggiace alle stesse regole dettate dagli artt. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, dovendo in ogni caso il giudice ricostruire l’intento dell’Amministrazione, ed il potere che essa ha inteso esercitare, in base al contenuto complessivo dell’atto (cd. interpretazione sistematica), tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo e del fatto che, secondo il criterio di interpretazione di buona fede ex art. 1366 c.c., gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 5 settembre 2011, n. 4980; sez. V, n. 238 del 16.1.2013; sez. III, n. 4364/2013)”.
16.5. Dalla piana lettura del decreto commissariale n. 17 del 13 gennaio 2023, oggetto di gravame, si evince:
– l’oggetto del provvedimento recita, tra l’altro: “Revoca e decadenza dell’affidamento”;
– la motivazione del provvedimento non contiene alcun richiamo né formale, né sostanziale alla fattispecie di revoca disciplinata dall’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, non rinvenendosi neppure riferimenti a “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” ovvero “a mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento” o a “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”, elementi tutti indicati dalla predetta disposizione normativa;
– il dispositivo del provvedimento stabilisce: “decreta … 1. di dichiarare l’RTP… decaduto dall’affidamento e per l’effetto di revocare il decreto n. 10 del 2.11.2021, con ogni conseguenza di legge”.
16.6. In assenza di qualsiasi riferimento nella ampia motivazione del provvedimento a circostanze che avrebbero potuto astrattamente giustificare, ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, l’esercizio del potere di revoca, a fronte di una diffusa motivazione in ordine ai plurimi inadempimenti formalmente contestati al raggruppamento in corso di rapporto, in primis quello di consegna delle garanzie previste dalla legge su cui si è già sopra ampiamente argomentato, la lettera del dispositivo lascia univocamente intendere che la volontà dell’Amministrazione (e il potere concretamente nella specie esercitato) era quella di dichiarare la decadenza del raggruppamento dall’affidamento disposto con decreto commissariale n. 10 del 2 novembre 2021 “con ogni conseguenza di legge”.
Con il corollario che l’uso della espressione “e per l’effetto revocare” il decreto n. 10 del 2021, nel dispositivo del provvedimento gravato, non ha alcun significato qualificatorio, né di sussunzione dell’atto nella fattispecie normativa di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 (lo si ripete, norma mai neppure menzionata nel provvedimento), bensì di mera esplicitazione dell’efficacia discendente dalla dichiarata decadenza.
In sintesi, il Collegio non può che condividere la qualificazione compiuta dal TAR del decreto commissariale n. 17 del 2023 in termini di atto dichiarativo della decadenza, non ravvisando elementi sufficienti per pervenire alla diversa qualificazione patrocinata dall’appellante.
16.7. Una volta condivisa la qualificazione del provvedimento commissariale come atto dichiarativo della decadenza, ne discende con evidenza la correttezza dell’altra conclusione cui è pervenuto il primo giudice in ordine alla non spettanza di alcun indennizzo ai sensi dell’art. 21-quinquies, comma 1, ultimo periodo, della legge n. 241 del 1990.
Nella giurisprudenza del giudice amministrativo di ultima istanza si è precisato che “Dall’ordinaria revoca dei provvedimenti amministrativi, oggi disciplinata dal citato art. 21-quinques, vanno distinte le fattispecie di “revoca – sanzione” o “revoca – decadenza”, mediante le quali l’amministrazione può disporre, nei casi previsti dal legislatore, il ritiro di un provvedimento favorevole come specifica conseguenza della condotta del destinatario, quando essa violi specifiche previsioni normative; in questi casi, infatti la revoca non dipende da valutazioni di opportunità, ma è la conseguenza (vincolata) di una violazione della legge. E’ evidente come in queste ipotesi, non si pone neanche il problema della corresponsione di un indennizzo, essendo il ritiro del provvedimento legato ad una condotta addebitabile alla parte privata, e non certo a valutazioni di opportunità da parte dell’amministrazione” (così, Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2010, n. 4534).
In definitiva, nel caso controverso l’Amministrazione ha legittimamente esercitato, per le ragioni già ampiamente suesposte, il potere di dichiarare la decadenza del raggruppamento dall’affidamento disposto con decreto commissariale n. 10 del 2021, di talché – in assenza di un provvedimento di revoca ascrivibile all’archetipo normativo di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 – non può essere riconosciuto alcun diritto all’indennizzo.
17. Passando all’esame dei motivi – contenuti nel ricorso introduttivo e nei due ricorsi per motivi aggiunti – non esaminati dal primo giudice e formalmente riproposti con l’atto di appello (pagg. 26 ss.), il Collegio ne rileva la integrale infondatezza.
17.1. In particolare:
a) infondati si palesano le censure di omessa motivazione del provvedimento di “revoca” con riferimento agli elementi costitutivi di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 nonché in relazione all’ingiustificato aumento dei costi applicato dal raggruppamento, in quanto – come ampiamente sopra argomentato – il decreto commissariale n. 17 del 2023 non integra un provvedimento di “revoca”, bensì di decadenza, legittimamente emesso per inadempimenti accertati a carico del medesimo raggruppamento, segnatamente per la mancata consegna delle garanzie e polizze assicurative previste dalla legge (sub 2 e 2.1., pagg. 26-27 atto di appello);
b) inammissibili si palesano le censure concernenti la asserita inesistenza di ritardi nella consegna degli elaborati da parte del raggruppamento (sub. 2.2., pag. 28), la contestazione della mancata esecuzione della progettazione definitiva (sub 2.3., pag. 29) e del proposito del raggruppamento di mettere in discussione i contenuti dell’originario schema di contratto e del capitolato tecnico (sub 2.5., pag. 31), giacché attingono profili motivazionali, di un provvedimento plurimotivato, la cui eventuale fondatezza – per quanto già argomentato – non potrebbe comunque determinare l’annullamento del provvedimento stesso;
c) infondate si palesano le censure di eccesso di potere per contraddittorietà (sub 3.1., pag. 32) e di eccesso di potere sotto forma di sviamento (sub 3.2., pag. 33) in quanto il potere di dichiarare la decadenza è stato nella specie esercitato dall’Amministrazione a fronte di inadempimenti reiterati del raggruppamento, formalmente e tempestivamente contestati, di talché la modifica dell’iter procedurale non era lo scopo originario del Commissario straordinario, come erroneamente dedotto dall’appellante, bensì la soluzione conseguente alla interruzione del rapporto resasi necessaria a causa del comportamento dell’originario affidatario;
d) infondate si palesano le censure mosse all’esercizio del potere commissariale di dichiarare la decadenza (sub 4, pag. 34) e di rifiutare la stipula del contratto (sub 5, pag. 35), giacché, quanto al primo, si è già evidenziata la sua piena legittimità, quanto al secondo, la corretta ricostruzione della vicenda controversa effettuata dal primo giudice ha permesso di accertare che la mancata stipula del contratto è da attribuire in via esclusiva al raggruppamento e, in particolare, agli inadempimenti ad esso contestati;
e) inammissibili si palesano le censure (sub 7.2., pag. 35), contenute nel primo ricorso per motivi aggiunti e proposte nei riguardi del decreto commissariale n. 18 del 2023 – recante indizione della nuova procedura negoziata senza pubblicazione di bando e previa indagine di mercato, ai sensi dell’art. 32 della direttiva 2014/24/UE – giacché, come condivisibilmente statuito dal primo giudice, il raggruppamento non ha formalmente manifestato il proprio interesse, dopo la pubblicazione dell’avviso da parte della Struttura commissariale, alla partecipazione alla procedura negoziata, di talché, in ossequio ai principi autorevolmente enunciati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 9 del 2014, non è legittimato a gravarne gli atti;
f) inammissibili, per le medesime ragioni indicate sub e), si palesano tutte le censure (sub 7.3., pag. 38) contenute nel secondo ricorso per motivi aggiunti e proposte nei riguardi del decreto commissariale n. 18 del 6 marzo 2023, recante affidamento ai sensi dell’art. 32 della direttiva 2014/24/UE al costituendo R.T.I. con mandataria Proger S.p.a., e del verbale di negoziazione in data 1.3.2023 tra il Commissario straordinario e l’amministratore delegato della Proger S.p.a.
18. In conclusione, l’appello va integramente respinto.
19. Le spese del grado seguono per legge la soccombenza e vengono liquidate a carico di parte appellante come da dispositivo.
CGA, GIURISDIZIONALE – sentenza 14.08.2025 n. 663