Il ricorrente, Sostituto Commissario Coordinatore della Polizia di Stato in quiescenza dal 1° aprile 2021, in data 17.10.2017 è stato attinto da O.C.C. n.-OMISSIS- emessa dal Gip Napoli Nord nel procedimento penale nrg -OMISSIS-
Per tale motivo, il Questore di Caserta ne ha disposto precauzionalmente la sospensione cautelare dal servizio, confermata con apposito decreto dal Capo della Polizia.
In data 19. Dicembre 2019 il procedimento penale si è concluso con sentenza di assoluzione, divenuta irrevocabile il 26 giugno 2020.
In data 8 febbraio 2020 il Capo Della Polizia ha revocato il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio, reintegrando il ricorrente nelle funzioni d’Ufficio previa sottoposizione ai previsti accertamenti di natura psicofisica che, tuttavia, davano esito sfavorevole, sicchè il ricorrente veniva giudicato temporaneamente non idoneo ai servizi di istituto per motivi di salute e collocato in aspettativa retribuita per malattia
Con istanza del 9 febbraio 2021 il ricorrente chiedeva la corresponsione delle somme dovutegli per non aver fruito del congedo ordinario e dei permessi maturati durante i periodi di sospensione cautelare dal servizio e di collocamento in aspettativa per motivi di salute (monetizzazione delle ferie e dei permessi maturati e non fruiti per motivi di servizio), fino al collocamento a riposo per raggiungimento dei limiti massimi di età, disposto con decreto emanato dalla Prefettura di Caserta del 27 ottobre 2020, divenuto efficace a far data dal 1° aprile 2021.
L’istanza di monetizzazione del congedo ordinario e dei permessi maturati e non fruiti veniva formulata sulla scorta di quanto previsto dal comma 14 dell’articolo 14 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, dal comma 1 dell’articolo 18 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254 e dal comma 4 dell’articolo 11 del D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, nonché sulla base di quanto stabilito dal parere del Consiglio di Stato – Commissione Speciale del 4 ottobre 2010, sulla base delle sentenze della Corte Costituzionale 616/1987 e 158/2001 ed altresì della pronuncia delle Sezioni unite della Corte di Cassazione n. -OMISSIS- e, ancora, sulla scorta della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 20 luglio 2016 (causa C-OMISSIS-) tesa ad interpretare la direttiva 2003/88/CE Parlamento europeo e del Consiglio.
In data 7 settembre 2021, trascorsi sette mesi dalla richiesta senza ottenere risposta, il ricorrente formulava apposito atto di diffida e messa in mora.
Il successivo 6 ottobre 2021 la Questura di Caserta comunicava al ricorrente di non aver ancora provveduto in quanto ancora in attesa di risposta ad apposito quesito formulato al Ministero dell’Interno.
Di qui la azione quivi esperita avverso il silente e inerte contegno della Amministrazione, e per l’accertamento del diritto a fruire della invocata monetizzazione.
Si costituiva in giudizio la P.A chiedendo il rigetto delle avverse pretese.
Con ordinanza n. -OMISSIS-questo Tribunale disponeva la conversione della azione ai sensi dell’art. 32 c.p.a., qualificando la domanda proposta quale azione di accertamento della spettanza del diritto reclamato – in sede di giurisdizione esclusiva – da trattarsi con il rito ordinario ed osservando che la giurisprudenza amministrativa ammette l’azione avverso il silenzio solo rispetto al mancato esercizio del potere, dunque, quando la posizione giuridica vantata dal privato sia di interesse legittimo; mentre allorquando si deduca la lesione di un diritto soggettivo, reputa necessario proporre un’azione di accertamento volta ad ottenere il riconoscimento di tale diritto (ex plurimis, CdS, V, 25 febbraio 2009, n. 1116; CdS, IV, 10 marzo 2014, n. 1087).
Nel caso di specie, ad avviso del Tribunale, non vi era dubbio alcuno, secondo la prospettazione della stessa parte ricorrente, che la posizione giuridica azionata in giudizio, e della quale è invocata una piena tutela, fosse una posizione di diritto soggettivo, in quanto ciò che il Giudice – munito di giurisdizione ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. i) c.p.a. – è chiamato ad accertare è il diritto del lavoratore a percepire dall’Amministrazione di cui è stato dipendente una prestazione patrimoniale che trova il fondamento nella legge.
All’udienza pubblica straordinaria in epigrafe indicata la causa è passata in decisione.
Il ricorso va dichiarato in parte improcedibile e in parte infondato per le ragioni di seguito sinteticamente esposte.
Risulta dagli atti che, dopo la proposizione del ricorso, la P.A. ha liquidato al ricorrente la somma di € 6084, pari alla monetizzazione di 53 giorni di congedo e permessi (41 + 12) maturati e non fruiti dall’interessato dopo la riammissione in servizio e fino al collocamento in quiescenza (dal 07.02.2020 al 01.04.2021).
In parte qua, il ricorso risulta, dunque, improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse.
Il ricorrente insiste per ottenere anche la monetizzazione del congedo e dei permessi maturati e non fruiti negli anni 2015, 2016 e 2017, deducendo che al momento dell’adozione nei suoi confronti del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio (17.10.2017) doveva ancora fruire di giorni 34 relativi all’anno 2015, giorni 45 per l’anno 2016 e giorni 38 per l’anno 2017.
Tale pretesa non può essere accolta poiché dal 2015 al 16 ottobre al 2017 l’odierno istante non risulta aver presentato alcuna domanda di ferie respinta dalla P.A. né ha documentato esigenze di servizio che gli hanno impedito di fruire del congedo ordinario.
Come chiarito da T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 17/04/2020, n.13, il diritto alla monetizzazione delle ferie non godute sorge solo a fronte di esigenze obiettive di servizio attestate esplicitamente dal superiore gerarchico. L’art. 14, comma 14, del d.P.R. n. 395 del 1995 ha, infatti, previsto che si possa ammettere il pagamento del congedo ordinario non fruito nella sola ipotesi che, all’atto della cessazione dal servizio, detto congedo non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio. In buona sostanza il diritto alla monetizzazione del congedo ordinario matura ogniqualvolta il dipendente non ne abbia potuto usufruire (cioè, non abbia potuto disporre e godere delle ferie) a cagione ed in ragione di obiettive esigenze di servizio o comunque per cause da lui non dipendenti o a lui non imputabili. Il diritto alla monetizzazione delle ferie non godute sorge solo a fronte di esigenze obiettive di servizio che devono essere documentate ed attestate esplicitamente dal superiore gerarchico non essendo sufficiente a tale scopo la mera inerzia o un comportamento concludente del medesimo (in termini anche Consiglio di Stato sez. VI, 26/01/2009, n.339; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 07/03/2022, n.2627).
Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato in parte improcedibile e in parte infondato.
Le spese di lite possono essere compensate, tenuto conto che la P.A., dopo l’instaurazione del giudizio, ha riconosciuto la debenza di parte delle somme richieste dal ricorrente, in tal modo implicitamente riconoscendo la fondatezza delle relative pretese.
TAR CAMPANIA – NAPOLI, VI – sentenza 11.08.2025 n. 5898