Parte ricorrente rappresenta che:
– essa è comproprietaria, insieme ai sigg. Tavaroli Giuliano, Benedetti Angelo e Eichholzer Marina, della particella n. 373, subalterno n. 5, del foglio n. 71;
– a seguito di sopralluogo dei funzionari del Comune di Castelnovo ne’ Monti nel predetto immobile, è stata elevata l’ordinanza di demolizione n. 105 del 12 ottobre 2021, con la quale è stato ingiunto a tutti i comproprietari l’ordine di ripristino delle condizioni di legittimità del fabbricato;
– l’abuso consiste nell’addizione, realizzata prima dell’acquisto della ricorrente, di una parte di manufatto all’edificio preesistente, senza che vi fosse alcuna autorizzazione da parte dell’Autorità;
– a seguito della comunicazione dell’ordine di demolizione, essa ha informato gli altri condomini ed il Comune della sua opposizione a qualunque istanza di sanatoria, chiedendo il ripristino della legittimità violata, anche per riacquisire la piena legittimità del proprio immobile;
– tale opposizione alla sanatoria è stata rinnovata, anche in seguito, unitamente a solleciti di ottemperanza all’ordine di demolizione;
– il 5 ottobre 2022 il Settore Edilizia, nonostante quanto detto, ha comunicato che “in data 18/12/2021, prot. n. 21053, i signori Tavaroli Giuliano, Benedetti Angelo e Eichholzer Marina, in qualità di proprietari esclusivi delle particelle n. 373, subalterni n. 1 – 2 – 3 – 4, del foglio n. 71, e di comproprietari, con la signora Emanuela Schiavina, della particella n. 373, subalterno n. 5, del foglio n. 71, hanno presentato istanza per accertamento di conformità; la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità impone la sospensione del procedimento relativo all’esecuzione dell’ordinanza n. 105, prot. n. 15729 del 12/10/2021, sia per quanto attiene le parti dell’edificio in proprietà esclusiva degli istanti sia per quanto attiene le parti comuni, avendo i comproprietari titolo per richiedere la sanatoria degli illeciti nei quali sono coinvolti al fine di evitare le relative conseguenze sanzionatorie; l’istruttoria relativa all’accertamento di conformità è tuttora in corso; afferisce profili di carattere civilistico, non di competenza di questa amministrazione, la sussistenza o meno di un diritto della signora Emanuela Schiavina ad ottenere la rimozione di un’opera su bene in sua comproprietà realizzata senza titolo abilitativo per la quale è stata presentata istanza di sanatoria”.
Sintetizza la difesa attorea che, nonostante l’opposizione della ricorrente, il Comune ha ritenuto ammissibile la presentazione del titolo edilizio in sanatoria e, pur essendo decorso oltre un anno dalla ordinanza di demolizione, l’Ufficio non ha assunto alcun provvedimento avverso l’inerzia alla demolizione.
L’esponente affida il ricorso ad un unico motivo di impugnativa “Violazione degli artt. 11 e 36 del DPR 380/2001, invalidità derivata, difetto di legittimazione, eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, carenza dei presupposti di fatto”, con cui lamenta che il Comune intimato non ha valutato la sussistenza di uno dei presupposti per la richiesta di sanatoria, ossia la presentazione dell’istanza da parte di tutti i comproprietari.
In particolare, secondo la prospettazione attorea, ai sensi degli artt. 11 e 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, la domanda di rilascio di titolo edilizio in sanatoria di interventi già realizzati deve necessariamente provenire da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull’immobile, potendosi ritenere legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di c.d. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari. E nella fattispecie tale accordo tra i comproprietari sarebbe chiaramente assente, stante la reiterata opposizione (e richiesta di ripristino in ottemperanza all’ordine di demolizione) dell’esponente comproprietaria alla istanza di sanatoria, comunicata sia al Comune che agli altri comproprietari.
A fronte di tale doglianza, il Collegio rileva, quindi, che la domanda attorea attiene alla questione relativa alla necessità o meno dell’assenso di tutti i comproprietari alla presentazione di un titolo edilizio in sanatoria di opere abusive.
Sul punto è sufficiente richiamare la decisione del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 9054 del 12 novembre 2024 che, confermando un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, ha ampiamente esaminato l’onere istruttorio comunale in merito alla imprescindibile verifica della legittimazione del richiedente la sanatoria di un abuso edilizio, concludendo che, in caso di più proprietari, se l’istanza non sia presentata da tutti o con il relativo consenso, l’istituto della sanatoria è inapplicabile.
In particolare, la citata decisione si esprime in questi termini: “Orbene, come è noto, l’art. 11, comma 1, d.P.R. 380/2001 stabilisce che il permesso di costruire è rilasciato “al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”, sicché sull’amministrazione comunale, prima di rilasciare un titolo edilizio, grava l’onere di verificare la legittimazione del richiedente, accertando che costui sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia una ragione di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4 aprile 2012 n. 1990). Da ciò discende la conseguenza che, con riferimento alla richiesta di sanatoria dell’immobile realizzato senza titolo e agli adempimenti relativi ben può provvedere, oltre che il proprietario, anche ogni altro soggetto interessato al conseguimento della regolarizzazione, ma questo può validamente avvenire a condizione che sia correttamente rappresentata la titolarità dell’area su cui il manufatto sorge ed acquisito in modo univoco il consenso comunque manifestato dal proprietario (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2014 n. 4818, 26 gennaio 2009 n. 437 e 22 giugno 2000 n. 3520). Del resto l’art. 36 d.P.R. 380/2001, in tema di accertamento di conformità, a propria volta finisce per individuare “chi abbia titolo” nel “responsabile dell’abuso” oltre che nell’“attuale proprietario dell’immobile”, con ciò volendo evidentemente abbracciare sia la posizione dell’autore dell’illecito non proprietario, sia quella del subentrante nella titolarità dell’immobile ovvero del comproprietario, per tale ragione presumibilmente incolpevole, ma interessato a difendere il valore del proprio bene anche in forza della sua regolarizzazione, ma allorquando (e comunque) manifesti tale interesse ovvero vi sia la prova della sua non opposizione alla sanatoria. La suddetta (piana) interpretazione della disciplina in materia conduce a considerare inapplicabile l’istituto della sanatoria, laddove – come nell’ipotesi in esame – l’abuso sia realizzato da alcuni comproprietari in assenza di ogni elemento di prova circa la volontà degli altri comproprietari a chiedere e ottenere detta sanatoria, atteso che, diversamente opinando, l’amministrazione finirebbe per legittimare una sostanziale appropriazione di spazi di proprietà indivisa da parte di singoli comproprietari, in presenza di una possibile volontà contraria degli altri, i quali potrebbero essere interessati all’eliminazione dell’abuso anche in via amministrativa e non solo con azioni privatistiche (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 giugno 2008 n. 3282). D’altronde la giurisprudenza, adattando i principi di cui sopra alle situazioni lato sensu di contitolarità, ha da tempo affermato che il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che ha la totale disponibilità del bene, non essendo sufficiente la proprietà di una sola sua parte o quota. Il comproprietario, quindi, non può essere legittimato, per l’evidente ragione che diversamente opinando il suo contegno autonomo finirebbe per pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivide la posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento. In caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, di conseguenza, la domanda di rilascio di titolo edilizio – sia esso o meno titolo in sanatoria di interventi già realizzati – dovrebbe dunque provenire congiuntamente da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull’immobile, potendosi ritenere d’altra parte legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di cd. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (cfr., Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2016 n. 3823). Sicché deve ritenersi illegittimo il titolo abilitativo rilasciato in base alla richiesta di un solo comproprietario, dovendo l’amministrazione verificare la sussistenza, in capo al richiedente stesso, di un titolo idoneo di godimento sull’immobile ed accertare, altresì, la legittimazione soggettiva di quest’ultimo, la quale presuppone il consenso, anche tacito, dell’altro proprietario in regime di comunione (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 12 marzo 2020 n. 1766)”.
Nel caso di specie l’Amministrazione comunale, con la nota impugnata, ha così disposto: “Oggetto: ottemperanza ordinanza n. 105 del 12/10/2021. (…) i signori Tavaroli Giuliano, Benedetti Angelo e Eichholzer Marina, in qualità di proprietari esclusivi delle particelle n. 373, subalterni n. 1 – 2 – 3 – 4, del foglio n. 71, e di comproprietari, con la signora Emanuela Schiavina, della particella n. 373, subalterno n. 5, del foglio n. 71, hanno presentato istanza per accertamento di conformità; – la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità impone la sospensione del procedimento relativo all’esecuzione dell’ordinanza n. 105, prot. n. 15729 del 12/10/2021, sia per quanto attiene le parti dell’edificio in proprietà esclusiva degli istanti sia per quanto attiene le parti comuni, avendo i comproprietari titolo per richiedere la sanatoria degli illeciti nei quali sono coinvolti al fine di evitare le relative conseguenze sanzionatorie; – l’istruttoria relativa all’accertamento di conformità è tuttora in corso; – afferisce profili di carattere civilistico, non di competenza di questa amministrazione, la sussistenza o meno di un diritto della signora Emanuela Schiavina ad ottenere la rimozione di un’opera su bene in sua comproprietà realizzata senza titolo abilitativo per la quale è stata presentata istanza di sanatoria”.
La determinazione sopra riportata è, quindi, gravata in relazione alla disposta sospensione degli effetti del provvedimento demolitorio, per quanto attiene alle parti comuni abusive, avendo l’Amministrazione ammesso l’istanza di accertamento di conformità da parte di alcuni soltanto dei comproprietari, declinando la propria competenza in ordine alla “sussistenza o meno di un diritto della signora Emanuela Schiavina ad ottenere la rimozione di un’opera su bene in sua comproprietà realizzata senza titolo abilitativo per la quale è stata presentata istanza di sanatoria”.
Applicando le surriferite coordinate ermeneutiche al caso di specie, è, dunque, possibile giungere alla conclusione che la comprovata assenza di una concorde manifestazione di volontà di tutti i comproprietari circa l’istanza di sanatoria degli abusi accertati impedisce di ritenere legittimati i soli richiedenti relativamente alle parti comuni da regolarizzare e che l’Amministrazione, a fronte della chiara e reiterata manifestazione del dissenso da parte di uno dei comproprietari, ossia della ricorrente, ha errato nel ritenere sussistente la legittimazione alla richiesta di sanatoria da parte degli altri comproprietari, rendendo ciò la sanatoria in parte qua inapplicabile.
Di qui l’illegittimità del diniego opposto alla ricorrente e il conseguente obbligo del Comune di Castelnovo ne’ Monti di riprovvedere sull’istanza a suo tempo rigettata.
Alla luce delle illustrate considerazioni, quindi, il ricorso deve essere accolto.
Le spese di lite, tenuto conto della peculiarità della vicenda e stante la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione, possono essere dichiarate irripetibili; tuttavia, attesa la soccombenza del Comune intimato, va disposta a carico dello stesso la refusione del contributo unificato.
TAR EMILIA ROMAGNA – PARMA, I – sentenza 07.08.2025 n. 349