1. Con un unico articolato motivo di censura, l’appellante deduce “error in iudicando: Violazione di legge (Artt. 2 e 3 l. 241/90) – Violazione del giusto procedimento – Violazione del principio di buon andamento della P.A. (Art. 97 Cost. – Art. 1 l. 241/90) – Violazione di Legge (Artt. 2 e 3 l. 241/1990 in relazione agli Artt. 13, 23 e 41 D.P.R. n. 327/01) – Eccesso di potere (difetto assoluto di Istruttoria – sviamento). Irragionevolezza e illogicità manifeste nella interpretazione resa del contesto normativo.”
In particolare, l’appellante evidenzia l’erroneità della sentenza appellata, in quanto dagli atti del procedimento e dalla documentazione prodotta dalla stessa parte resistente emerge che la Prefettura, dopo aver ricevuto l’istanza di procedere ai sensi dell’art. 41 del TUE, non aveva mai richiesto alcuna documentazione al Comune di Colliano, nonostante la stessa avesse affermato che lo aveva fatto per ben due volte.
L’appellante aggiunge che, in ogni caso, poi, la Prefettura era certamente in possesso, già da tempo, di tutta la documentazione necessaria e sufficiente per valutare l’istanza (nel dettaglio: l’ordine comunale di demolizione, rimasto ineseguito, e l’attestazione della sua persistente inottemperanza) ed assumere le conseguenti determinazioni, poiché questi atti erano stati puntualmente allegati all’istanza stessa. Tali dati risultavano assolutamente univoci nell’acclarare la sussistenza di tutti i presupposti idonei per procedere, senz’altro, all’avvio delle attività di demolizione previste dal citato art. 41.
2. Il motivo è fondato, per le ragioni di seguito illustrate.
Come già esposto in narrativa, il Tar ha affermato, con una laconica motivazione, che “I presupposti per l’accoglimento del ricorso avverso il silenzio sono costituiti dall’esistenza di un concreto obbligo di provvedere in capo all’amministrazione e dall’inerzia serbata da quest’ultima oltre il termine previsto per l’adozione del provvedimento. Nel caso in esame può sussistere al più un obbligo astratto di provvedere in virtù dell’art. 41 del D.P.R. n. 380 del 2001, il quale, nella versione novellata dall’art. 10- bis del D.L. n. 76 del 2020, conv. in L. n. 120 del 2020, innovando il sistema repressivo degli illeciti edilizi, concentra in capo al Prefetto il compito di curare le procedure di demolizione in un’ottica di semplificazione e di effettività delle sanzioni, in deroga alle competenze istituzionalmente devolute dagli artt. 27 ss. del D.P.R. n. 380 del 2001 ai Comuni, agli Enti gestori dei vincoli ed alle Regioni. E tuttavia tale obbligo può in concreto scattare solo al momento in cui vengano fornite all’amministrazione statale le informazioni necessarie e indispensabili relative agli abusi, il che nella specie non è mai avvenuto.”
3. Questa affermazione, però, è smentita, in punto di fatto, poiché risulta accertato che, contestualmente alla ricezione dell’istanza, l’Ufficio Territoriale del Governo fosse già in possesso di elementi istruttori idonei all’attivazione del procedimento di cui all’art. 41, poiché i documenti relativi all’inottemperanza della demolizione erano stati forniti dall’istante.
D’altro canto, a fronte della richiesta presentata dall’interessata, formulata in modo circostanziato e puntuale, l’amministrazione, qualora avesse ritenuto ancora insufficiente i dati probatori ricevuti, avrebbe potuto, alternativamente:
a) – dichiarare inammissibile l’istanza, per assenza di adeguato supporto probatorio;
b) – sollecitare il comune, o, in subordine, lo stesso istante, a fornire la pertinente documentazione integrativa, in applicazione dei principi del soccorso istruttorio.
Non è invece giustificata la mera inerzia, che non consente all’istante di comprendere le ragioni del sostanziale rifiuto di provvedere sull’istanza.
4. In punto di diritto, poi, non convince l’affermazione del TAR, secondo cui il termine per la conclusione del procedimento di competenza prefettizia, di cui all’art. 41 del testo unico dell’edilizia, inizia a decorrere soltanto dal momento in cui la prefettura ottiene, dal comune, l’intera documentazione afferente la demolizione, anche nelle ipotesi in cui l’amministrazione dell’interno sia stata notiziata, attraverso un’istanza dettagliata e documentata formulata da un soggetto privato posto in diretta correlazione con il manufatto abusivo in oggetto, della sussistenza dei presupposti per avviare la procedura di demolizione.
5. Al riguardo, infatti, entrano in gioco le regole elaborate dalla giurisprudenza per definire la decorrenza del termine di provvedere nei procedimenti avviati d’ufficio, nell’ambito dei quali va collocato l’iter amministrativo di cui al citato art. 41.
In tale cornice di riferimento è preferibile l’opinione secondo cui l’obbligo di provvedere e la correlata decorrenza del termine di conclusione del procedimento vadano riferiti al momento in cui l’amministrazione ottiene la notizia del fatto costitutivo dell’obbligo stesso.
6. Pertanto, è evidente che il termine per la conclusione del procedimento prefettizio di cui all’art. 41 non può iniziare a decorrere, automaticamente, allo scadere del termine di centottanta giorni stabilito per l’avvio del procedimento demolitorio di competenza comunale.
Tuttavia, non è irragionevole ritenere che detto termine inizi a decorrere in presenza di una sollecitazione circostanziata proveniente da soggetti pubblici o anche da soggetti privati, titolari di una posizione qualificata e differenziata, come quella – rilevante nel presente giudizio – del proprietario che intenda stimolare il prefetto ad attuare la demolizione dell’abuso edilizio realizzato sul suo terreno.
In tali casi, le eventuali esigenze istruttorie, rappresentate dall’amministrazione, possono incidere sugli sviluppi del procedimento e sulla sua durata, ma non possono comportare, automaticamente, il differimento della stessa decorrenza del termine di conclusione del procedimento.
7. Né in senso contrario si pone il disposto del comma 2 dell’art. 41 (ulteriormente analizzato infra), il quale prevede che “Entro il termine di cui al comma 1, i responsabili del comune hanno l’obbligo di trasferire all’ufficio del prefetto tutte le informazioni relative agli abusi edilizi per provvedere alla loro demolizione.”
Infatti, tale disposizione intende chiarire, anzitutto, che il potere sostituivo della prefettura non può esercitarsi prima del decorso del termine di centottanta giorni indicato dall’art. 41, al comma 1, in coerenza con i principi costituzionali volti a garantire l’autonomia degli enti locali anche nei rapporti con le amministrazioni statali.
8. In secondo luogo, la norma prevede che, per rendere effettivo il potere sostitutivo attribuito al prefetto, l’amministrazione comunale, la quale non attui la demolizione nei termini stabiliti, è tenuta a fornire al prefetto tutti gli elementi indispensabili per l’attivazione dei procedimenti demolitori.
Tale comunicazione rappresenta il canale ordinario attraverso cui il prefetto acquisisce la notizia del presupposto fattuale della sua competenza.
Ma la disposizione non impedisce che tale notizia possa essere acquisita mediante altri diversi strumenti informativi, quali esposti o specifiche richieste di provvedere.
9. Anche prescindendo dall’approfondimento di questo aspetto, va comunque rimarcato che, in concreto, nella presente vicenda contenziosa, la Prefettura aveva ricevuto elementi probatori più che sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’ordine di demolizione non eseguito dall’amministrazione comunale.
10. Il TAR, peraltro, oltre a fraintendere i profili fattuali della vicenda contenziosa, non ha considerato che le difese dell’amministrazione erano incentrate (e lo sono anche in questa fase di appello) essenzialmente su un diverso argomento, correlato all’interpretazione dell’art. 41 del testo unico dell’edilizia, con particolare riguardo alla applicabilità del potere sostitutivo affidato al prefetto anche agli atti di accertamento degli abusi e agli ordini di demolizione adottati in epoca anteriore all’entrata in vigore della modifica legislativa del citato art. 41.
11. Al riguardo, va evidenziato che l’art. 41 del Testo Unico dell’edilizia, come modificato dall’art. 10-bis del decreto legge n. 76 del 2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020), ha attribuito al Prefetto il nuovo potere di procedere all’esecuzione alle demolizioni delle opere abusive in sostituzione degli uffici comunali che, dopo averle ordinate, non abbiano proceduto ai conseguenti abbattimenti entro il termine di 180 giorni dall’accertamento dell’abuso.
La norma, introdotta in sede di conversione del decreto legge, è entrata in vigore il 15 settembre 2020 e non ha subito ulteriori modifiche o integrazioni.
12. La vigente formulazione dell’’art. 41, comma 1, del d.P.R. 380/2001 è la seguente:
“In caso di mancato avvio delle procedure di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall’accertamento dell’abuso, la competenza è trasferita all’ufficio del prefetto che provvede alla demolizione avvalendosi degli uffici del comune nel cui territorio ricade l’abuso edilizio da demolire, per ogni esigenza tecnico-progettuale.
Per la materiale esecuzione dell’intervento, il prefetto può avvalersi del concorso del Genio militare, previa intesa con le competenti autorità militari e ferme restando le prioritarie esigenze istituzionali delle Forze armate“.
L’art 41, comma 2, d.P.R. 380/2001 prevede inoltre che “Entro il termine di cui al comma 1, i responsabili del comune hanno l’obbligo di trasferire all’ufficio del prefetto tutte le informazioni relative agli abusi edilizi per provvedere alla loro demolizione.”
13. Nel sistema normativo che disciplina la sanzione edilizia della demolizione si rinviene, dunque, un elemento di chiusura, introdotto nell’articolo 41 d.P.R. 380/2001, come modificato dal decreto legge n. 76/2020, in base al quale, nel caso in cui l’amministrazione comunale omette di avviare la procedura di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall’accertamento dell’abuso, la relativa competenza è attribuita all’ufficio del Prefetto, che provvede alla demolizione, avvalendosi degli uffici del Comune nel cui territorio ricade l’abuso edilizio da demolire.
14. È utile ricordare che l’attuale disciplina stabilita dall’art. 41 deriva da due successivi interventi legislativi, che ne hanno modificato significativamente il contenuto.
La previgente formulazione dell’art. 41 era stata introdotta dall’art. 32, comma 49-ter, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
15. Tuttavia, con sentenza 28 giugno 2004, n. 196, la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittima la norma, in quanto essa attribuiva all’autorità prefettizia la competenza ad eseguire le demolizioni conseguenti ad abusi edilizi, sottraendo tale attribuzione ai comuni, titolari istituzionalmente delle funzioni in materia di vigilanza edilizia, anche nelle ipotesi in cui non fossero acclarate le ragioni oggettive della straordinaria ‘allocazione di tali funzioni amministrative in capo ad un organo statale.
16. L’attuale formulazione dell’art. 41 deriva dalla novella di cui all’art. 10-bis, comma 1, del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120 ed è visibilmente indirizzata a garantire l’effettività delle sanzioni edilizie e la loro concreta attuazione, dando certezza ai tempi delle demolizioni.
Il presupposto necessario della competenza statale attribuita alle Prefetture è costituito, ora, dall’inerzia dell’amministrazione comunale, protratta oltre il termine di centottanta giorni.
17. Sotto questo aspetto, quindi, la nuova disciplina risulta in linea con i parametri delineati dalla Corte costituzionale, correlati alla esigenza primaria di rispettare le autonomie territoriali.
Infatti, il potere amministrativo assegnato all’amministrazione statale ha una evidente funzione sostituiva e mira a porre rimedio alle persistenti omissioni degli enti locali, senza menomare le loro attribuzioni istituzionali.
18. Nella presente vicenda contenziosa non occorre stabilire se l’art. 41, d.P.R. n. 380/2001 attribuisca al Prefetto una competenza “alternativa” e “sostitutiva”, che priva il comune del potere di attuare le demolizioni o se, viceversa, la norma introduca una competenza “concorrente”, che si affianca, senza sopprimerle, alle attribuzioni degli organi comunali.
Infatti, è comunque certo che, in presenza delle condizioni indicate dalla disposizione, il prefetto diventa competente alla demolizione e il suo potere è caratterizzato dalla nota della doverosità.
19. La modifica apportata all’art. 41 d.P.R. 380/2001 citato non ha sottratto alcuna attribuzione al giudice dell’esecuzione né all’ente locale, ma ha solamente disciplinato il potere di intervento sussidiario del Prefetto, per il caso dell’inerzia del comune competente, tenendo conto della citata sentenza n. 196 del 2004 della Corte costituzionale. Con tale decisione, tra l’altro, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo il comma 49 ter dell’art. 32 d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in l. 24 novembre 2003, n. 326, che attribuiva all’autorità prefettizia la competenza a far effettuare le demolizioni conseguenti ad abusi edilizi, in quanto tale disposizione sottraeva al comune la stessa possibilità di procedere direttamente all’esecuzione della demolizione, senza che vi fossero ragioni che imponevano l’allocazione di tali funzioni amministrative in capo ad un organo statale.
20. Proprio in considerazione dell’intervento della Corte costituzionale, il legislatore ha disciplinato il potere sussidiario di intervento del Prefetto nella esecuzione della demolizione, prevedendolo nel caso di inerzia del comune competente, e cioè in caso di mancato avvio delle procedure di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall’accertamento dell’abuso.
In coerenza con il quadro istituzionale scaturito dal nuovo titolo V della Costituzione, e come chiarito dalla Corte costituzionale (Corte Cost. 303/2003), lo Stato è divenuto il garante dell’omogeneità delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di tutti i cittadini sull’intero territorio nazionale.
Al fine di garantire tali posizioni fondamentali, è attribuito al Governo il potere di sostituirsi alle autonomie territoriali laddove si dimostrassero incapaci di assicurare determinati standard qualitativi dei servizi erogati. In particolare, il secondo comma dell’art. 120 Cost. costituisce uno dei principali strumenti a garanzia del principio dell’unità e indivisibilità della Repubblica sancito dall’art. 5 Cost., esercitabile in caso di “patologie” del sistema. La ratio del potere di ingerenza dello Stato è stata, pertanto individuata nella necessità di scongiurare impasse originate dall’inerzia delle amministrazioni territoriali.
Nella specie, la Prefettura di Salerno aveva tutte le informazioni necessarie ad agire atteso che per legge le ordinanze di demolizione sono trasmesse e notificate anche alla Prefettura. Peraltro, tutta la documentazione era stata allegata all’istanza trasmessa dalla ricorrente in data 2 novembre 2023.
21. La Prefettura eccepisce di non essere investita, nella fattispecie de qua, del potere sostitutivo previsto dal novellato art 41 d.P.R. 380/2001, in quanto, come affermato anche dalla circolare del Ministro dell’Interno del 16 febbraio 2021, tale potere riguarda esclusivamente gli abusi edilizi accertati successivamente alla data di entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 41 del testo unico, come modificato dall’art. 10 bis del d.l. 76/2020 (15 settembre 2020).
La difesa erariale sostiene che, nel caso di specie, poiché gli abusi sono stati accertati nel dicembre 2012, come dedotto dalla stessa parte appellante, la Prefettura non è titolare di alcun potere amministrativo diretto alla esecuzione delle demolizioni. Ne consegue che, pertanto, a fronte della sollecitazione del privato, non è configurabile alcun dovere di provvedere: l’inerzia serbata sull’istanza formulata dall’attuale appellante è perfettamente legittima, non già per ragioni formali (l’assenza di idonea documentazione), ma per motivi sostanziali, in quanto, nel caso di specie, difetta, in radice, la stessa competenza dell’organo prefettizio.
22. La tesi esposta dall’amministrazione non è condivisibile, per le ragioni di seguito illustrate.
Dal punto di vista sistematico, è necessario chiarire la natura giuridica dei poteri riguardanti l’esecuzione coattiva dell’ordine di demolizione dell’abuso edilizio, evidenziando che essi non sono soggetti all’applicazione dei principi riguardanti le sanzioni in senso stretto, comprensivi della regola generale della irretroattività.
Infatti, anche prescindendo dalla considerazione che lo stesso provvedimento di demolizione appartiene alla categoria delle “sanzioni ripristinatorie”, non può dubitarsi che l’attuazione coattiva della demolizione si colloca in una fase del tutto estranea al perseguimento di finalità punitive, ancorché intese in senso amplissimo, a nulla rilevando che l’onere economico dell’attività andrà posto a carico del responsabile dell’abuso.
23. Nel caso in esame, del resto, l’innovazione legislativa riguarda il solo profilo della competenza alla realizzazione coattiva della demolizione, senza alcuna incidenza sulla posizione sostanziale dei destinatari dell’ordine di demolizione.
Né potrebbe ragionevolmente sostenersi che l’evidente maggior grado di effettività della sanzione demolitoria (derivante dalla competenza statale, supportata dall’amministrazione della difesa) abbia introdotto una maggiore afflittività della sanzione.
In sintesi, quindi, la norma in esame non ha riguardo a istituti di diritto sostanziale, che delineano l’area dell’abuso edilizio e il suo trattamento sanzionatorio.
24. Ne consegue che l’art. 41, riguardando la distribuzione delle competenze tra amministrazioni, è soggetto al principio generale della successione nel tempo delle leggi amministrative, incentrato sul tradizionale criterio del “tempus regit actum”: la normativa sopravvenuta si applica ai procedimenti iniziati in epoca successiva alla sua entrata in vigore, ancorché il fatto storico che costituisce il presupposto dell’intervento amministrativo sia riferito ad un momento antecedente.
25. A tale riguardo, peraltro, va svolto un chiarimento.
Il presupposto oggettivo dell’intervento sostitutivo del prefetto non va identificato nell’abuso edilizio o nel suo accertamento, ma, piuttosto, nel persistente inadempimento del comune, correlato alla inottemperanza all’ordine demolitorio.
Pertanto, l’art. 41 trova fisiologica applicazione anche a tutte le fattispecie in cui l’inadempimento comunale persiste dopo il 15 settembre 2020, a nulla rilevando che tale inerzia sia iniziata in un momento precedente.
È appena il caso di evidenziare, peraltro, che, in tali eventualità, il potere sostituivo prefettizio non potrà essere esercitato prima del decorso del termine di centottanta giorni decorrenti dalla entrata in vigore dell’art. 41 nella sua attuale formulazione (15 settembre 2020). Tale lasso di tempo, invero, è finalizzato a comporre in modo equilibrato il principio di autonomia dell’ente locale con l’esigenza di assicurare il rapido ed efficiente intervento ripristinatorio.
Si tratta, infatti, di norme che non interferiscono con le garanzie fondamentali e con le libere scelte di azione dei soggetti, sfuggendo pertanto anche alla eventuale applicazione dell’irretroattività sfavorevole.
26. Dunque, per definire la portata applicativa dell’art. 41, nella sua attuale formulazione, occorre fare riferimento ai criteri generali riguardanti la successione delle leggi incidenti sulle competenze amministrative e sul procedimento.
Ora, in questa prospettiva, il potere sostitutivo assegnato al prefetto è riferito al fatto obiettivo dell’inerzia comunale, protratta per centottanta giorni.
Dunque, la norma non circoscrive affatto il proprio perimetro applicativo ai soli abusi accertati dopo la sua entrata in vigore.
Sul piano intertemporale, è plausibile ritenere, peraltro, che, per gli abusi accertati prima dell’entrata in vigore della norma, il termine di centottanta giorni vada computato con decorrenza da tale data.
27. Ai fini della decisione, non assume rilievo la citata circolare interpretativa (circolare n. 13001/113/110/Ufficio IV Affari Interni del 16 febbraio 2021), adottata dal Ministero dell’interno, la quale sostiene l’inapplicabilità del potere prefettizio agli abusi edilizi antecedenti la data del 15 settembre 2020, in ragione del suo carattere pacificamente non vincolante (così ex multis Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2012, n. 4859, secondo cui “Le circolari amministrative, in quanto atti di indirizzo interpretativo, non sono vincolanti per i soggetti estranei all’amministrazione, mentre per gli organi destinatari sono vincolanti solo se legittime, potendo essere disapplicate qualora siano contra legem“).
Per queste ragioni, la circolare amministrativa contra legem non costituisce parametro di legittimità dell’atto applicativo e il giudice deve disapplicarla d’ufficio, anche in assenza di richiesta delle parti (Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 28 gennaio 2016, n. 310; in termini identici anche Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 4 dicembre 2017, n. 5664; in tal senso cfr. inoltre, ex aliis, Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze 17 aprile 2018, n. 2284, 8 gennaio 2016, n. 30, Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 29 novembre 2013, n. 5714).
Né, a fortiori, il soggetto interessato all’attivazione del potere prefettizio ha l’onere di impugnare la circolare, qualora abbia proposto un tempestivo ricorso avverso l’atto applicativo o per accertare l’illegittimità del silenzio amministrativo.
In conclusione, la disciplina del procedimento prefettizio, finalizzato all’esecuzione coattiva della demolizione degli abusi edilizi, è assoggettata al principio generale del tempus regit actum, secondo cui vanno applicate le norme vigenti al momento in cui il procedimento deve essere attivato.
28. Non sarebbe corretto affermare che, in tal modo, l’operatività dell’art. 41 anche in relazione agli abusi accertati in epoca anteriore alla sua entrata in vigore presenterebbe carattere “retroattivo”.
Infatti, la competenza del prefetto riguarda un nuovo procedimento che ha il suo presupposto sostanziale non già nel fatto pregresso dell’accertamento dell’abuso, ma nel dato, attuale, della persistente inesecuzione della sanzione ripristinatoria.
29. Il Collegio ritiene opportuno affrontare un profilo ulteriore della corretta interpretazione dell’art. 41 del TUE, il quale assume rilievo ai fini della decisione, benché esso non abbia formato oggetto di specifiche deduzioni difensive.
Si tratta di stabilire se l’intervento sostituivo del prefetto sia previsto. alternativamente:
A) solo nel caso in cui il comune si sia limitato ad accertare la sussistenza dell’abuso, ma, poi, abbia omesso di adottare l’ordine di demolizione;
B) oppure, anche nell’ipotesi (verificatasi nella presente vicenda contenziosa) in cui il comune abbia adottato l’ordinanza di demolizione, ma questa non sia stata eseguita.
Il collegio aderisce alla seconda prospettiva ermeneutica, pur prendendo atto della non perspicua locuzione dell’art. 41, il quale fa riferimento al“mancato avvio delle procedure di demolizione.”
La norma va letta in stretto raccordo con l’art. 27, comma 2, e con l’art. 31 del TUE:
Secondo l’art. 27, comma 2, “Il dirigente o il responsabile, quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi.”
L’art. 31, a sua volta, con riguardo agli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, prevede che:
“2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. Il termine di cui al primo periodo può essere prorogato con atto motivato del comune fino a un massimo di duecentoquaranta giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ingiunzione o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine.
4. L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
4-bis. L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.”
30. La locuzione “procedure di demolizione” non riguarda l’ingiunzione di cui all’art. 31, ma concerne l’attivazione degli strumenti diretti alla realizzazione coattiva della demolizione, una volta appurato che il responsabile non abbia provveduto nel termine di novanta giorni.
D’altro canto, va osservato che l’atto di accertamento dell’abuso è normalmente contestuale alla stessa ingiunzione demolitoria. Ne consegue che il termine dilatorio di centottanta giorni stabilito per l’attivazione dei poteri sostitutivi del prefetto, decorrente dall’accertamento dell’abuso, corrisponde, nella sostanza, al termine di novanta giorni decorrente dall’accertamento – tempestivo – dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.
31. È opportuna un’altra puntualizzazione riferita al presupposto applicativo della norma, che fa riferimento, come ricordato, al “mancato avvio delle procedure di demolizione”.
La dizione utilizzata indica chiaramente che deve essere accertata la totale inerzia del comune, che, nel termine previsto, abbia omesso di avviare le attività relative alle demolizioni.
Nel caso di specie, salvi gli ulteriori approfondimenti riservati all’amministrazione, risulta che il comune abbia assunto un atteggiamento totalmente inerte, sicché non emergono dubbi circa la piena operatività della norma.
Esula dal presente giudizio, pertanto, la questione se, nella nozione di “mancato avvio” possano rientrare anche le ipotesi di atti meramente dilatori o genericamente programmatici, o i casi in cui l’amministrazione comunale, dopo avere iniziato il procedimento, lo abbia ingiustificatamente abbandonato o sospeso.
32. La Sezione, accertata la fondatezza dell’appello, peraltro, deve precisare la portata dell’effetto conformativo derivante dalla presente sentenza di accoglimento, tenendo conto delle ricadute operative derivanti dalla riconosciuta applicazione della norma anche agli abusi risalenti nel tempo.
È dato di comune esperienza, infatti, che il numero dei provvedimenti di demolizione rimasti ineseguiti nell’intero territorio nazionale – e in alcune realtà locali in particolare – è eccezionalmente ampio e comprende numerosi abusi di vecchissima data.
La previsione legislativa del potere sostitutivo degli organi prefettizi, introdotta nel 2020, muove dalla consapevolezza che gli Uffici territoriali del Governo sono titolari di qualificate competenze giuridiche, amministrative e tecniche, accompagnate da una profonda conoscenza delle realtà locali, idonee a porre rimedio alle inerzie delle amministrazioni comunali, spesso derivanti da difficoltà oggettive di tipo economico, tecnico, sociale e, non di rado, di ordine pubblico, come testimoniato dalle attività di prevenzione delle infiltrazioni malavitose, talvolta incidenti proprio sulla vigilanza edilizia ed urbanistica.
33. Per altro verso, l’attribuzione di un potere sostitutivo di così rilevante ampiezza oggettiva, non accompagnato dall’assegnazione di risorse materiali, finanziarie e organizzative adeguate, comporta il rischio di aggravare le responsabilità degli organi prefettizi, frustrando l’obiettivo di un graduale ripristino della legalità edilizia ed urbanistica.
È quindi indispensabile escludere, o quanto meno mitigare, i possibili effetti distorsivi della lettura interpretativa diretta all’applicazione estesa della norma
A tal proposito diviene necessario, allora, precisare il contenuto dei poteri definiti dall’art. 41, con particolare riferimento alla determinazione dei termini entro cui l’amministrazione è tenuta a provvedere.
34. Al riguardo, va ribadito che il citato articolo 41, riferendosi alla competenza attribuita al prefetto, utilizza la formula generica “provvede alla demolizione”, senza indicare, peraltro, il relativo termine conclusivo e lo stesso contenuto degli atti attribuiti alle sue funzioni sostituive.
È ragionevole ritenere che, in tal modo, il legislatore abbia inteso riferirsi (anche) alla realizzazione coattiva della effettiva demolizione del manufatto abusivo.
Ma è altrettanto indiscutibile che tale attività materiale debba essere preceduta dall’adozione dei necessari provvedimenti amministrativi, volti a definire tempi e modalità dell’attività da eseguire.
In tale prospettiva, allora, l’obbligo di provvedere, ai sensi dell’art. 41, va riferito proprio all’atto con cui l’amministrazione dell’interno:
a) definisce, in primo luogo, la sussistenza concreta dei presupposti fattuali e giuridici per addivenire alla materiale demolizione dell’abuso;
b) delinea, in secondo luogo, le misure amministrative e tecniche necessarie per realizzare l’obiettivo, mediante l’indicazione dei tempi e delle modalità delle iniziative da assumere.
Mentre la verifica dei presupposti per l’attivazione della procedura coattiva ha carattere vincolato (per quanto possa richiedere, in concreto, accertamenti di una qualche complessità), la valutazione delle modalità e dei tempi degli interventi per realizzare la materiale demolizione presenta profili di amplissima discrezionalità organizzativa, a cui non è estranea la correlazione con esigenze programmatorie e di razionale impiego delle risorse, oltre che di leale collaborazione con gli enti locali direttamente interessati e con le altre amministrazioni coinvolte (nella specie, il Genio della difesa, come pure i soggetti pubblici competenti alla gestione dei vincoli insistenti sulle aree interessate).
35. La riconosciuta ampiezza della discrezionalità del Ministero dell’interno si riflette sul ventaglio delle opzioni organizzative utilizzabili di volta in volta, comprensive sia di accordi (generali o specifici) con gli enti locali, sia di azioni sollecitatorie nei riguardi dei responsabili degli abusi e dei detentori dei manufatti.
Inoltre, la discrezionalità della Prefettura, posta in rapporto con il numero elevato di procedimenti demolitori assegnati alla sua competenza, si può riflettere sulla determinazione cronologica del programma di interventi esecutivi, siano essi effettuati materialmente, o compiuti con altri strumenti amministrativi.
Non può escludersi, quindi, che il risultato conclusivo della concreta demolizione si consegua solo all’esito di un percorso complesso e non immediato. Ma è indispensabile che l’organo prefettizio assuma una posizione chiara e motivata sulle istanze di applicazione dell’art. 41, provenienti dai privati qualificati, o da soggetti pubblici.
36. Nel caso di specie, quindi, risulta sostanzialmente non contestato che il comune abbia adottato un ordine di demolizione, inoppugnato, che è rimasto totalmente ineseguito.
Pertanto, l’effetto conformativo della presente sentenza di accoglimento consiste nell’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione appellata di provvedere sull’istanza formulata dall’attuale appellante, nei seguenti termini:
I) l’amministrazione dell’interno dovrà stabilire, in primo luogo, se sussistano o meno, in concreto, i presupposti fattuali per l’attivazione del procedimento di cui all’art. 41 del TUE;
II) Nell’ipotesi in cui risulti accertata la sussistenza di un ordine di demolizione rimasto inattuato, l’amministrazione dovrà indicare le misure ritenute più idonee per realizzare il risultato della effettiva demolizione dei manufatti abusivi, definendo anche i relativi tempi di attuazione.
III) Quanto ai costi, la Prefettura dovrà definire anche gli aspetti riguardanti gli oneri economici della demolizione e la loro imputazione, totale o parziale, all’amministrazione comunale, tenendo conto della speciale disciplina prevista dagli artt. 31 e 41 TUE.
37. L’appello deve essere, conseguentemente, accolto e, pertanto deve essere dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato sull’istanza dalla Prefettura, che è tenuta a provvedere nei sensi indicati in motivazione.
In considerazione della novità della questione trattata, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
CONSIGLIO DI STATO, VII – sentenza 06.08.2025 n. 6962