1.-E’ materia del contendere la legittimità del provvedimento del SUAP 12 dicembre 2024, prot. 41640 di rigetto della richiesta di permesso di costruire in deroga presentata dalla ricorrente volta alla realizzazione di una tettoia per deposito di materiali in fabbricato ubicato in Sassuolo (fg. 1 mapp. 77).
Sostiene parte ricorrente, in particolare, come l’intervento richiesto – da ritenersi a suo dire pertinenziale alla propria concessione mineraria in Piemonte ai sensi della speciale normativa di cui al R.D. 1443/1927- non possa dirsi precluso dalla pianificazione estrattiva comunale (PAE) e provinciale (PIAE) riguardando esse solamente l’attività di estrazione di materiali da cava e non già quella mineraria.
2.- Preliminarmente va respinta l’eccezione comunale di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e/o di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.
Successivamente all’emanazione del provvedimento qui impugnato è stata indetta ed è tutt’ora pendente una Conferenza di Servizi ex art. 53 L.R. 24/2017 volta alla realizzazione dell’intervento richiesto in variante alla pianificazione comunale e sovracomunale. Se in futuro il provvedimento gravato è dunque suscettibile di essere sostituito da un nuovo provvedimento assunto all’esito della Conferenza, allo stato attuale il diniego impugnato risulta tutt’ora efficace e preclusivo alla realizzazione del richiesto intervento, si che non può escludersi con certezza la permanenza dell’interesse alla decisione, secondo d’altronde la volontà manifestata da parte ricorrente negli atti e nelle memorie depositate.
L’inutilità di una pronuncia di merito sulla domanda articolata dalla parte può affermarsi solo all’esito di una indagine condotta con il massimo rigore, onde evitare che la declaratoria in oggetto si risolva in un’ipotesi di denegata giustizia e quindi nella violazione di un diritto costituzionalmente garantito. In particolare, la dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse presuppone che, per eventi successivi alla instaurazione del giudizio, debba essere esclusa l’utilità dell’atto impugnato, ancorché meramente strumentale o morale, ovvero che sia chiara e certa l’inutilità di una pronuncia di annullamento dell’atto impugnato (ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 13 giugno 2023, n.5774).
L’eccezione va dunque respinta.
3.- Venendo al merito il ricorso è infondato e va respinto.
4.- Non può anzitutto negarsi, almeno in linea di principio, che l’intervento richiesto sia pertinenziale all’attività mineraria svolta dalla ricorrente (in base a concessione ottenuta nella Regione Piemonte) ai sensi del richiamato art 23 R.D. 1443/1927 secondo cui sono pertinenze minerarie ““gli edifici, gli impianti fissi o esterni” nonché “le opere e gli impianti destinati all’arricchimento dei minerali” non essendo il rapporto pertinenziale (in virtù di tale speciale disciplina) ancorato all’estensione del perimetro della concessione mineraria di riferimento.
Tale caratteristica specifica dei beni pertinenziali minerari trova conferma oltre che nell’art. 32 R.D. 1443/1927 nel d.P.R. n. 128/1959 che all’art. 1 dispone che le norme ivi contenute “si applicano” agli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ex art. 23 R.D. n. 1443 del 1927 “anche se ubicati fuori dal perimetro della concessione”.
La stessa Regione Piemonte d’altronde nella pendente Conferenza di Servizi ha espresso parere favorevole confermando la suindicata pertinenzialità laddove la tettoia “sia effettivamente esclusivamente destinata al ricovero del materiale estratto dalla miniera piemontese”.
Tutto ciò che è funzionalmente collegato all’attività mineraria pur non essendo parte integrante della miniera può dunque essere considerato pertinenza mineraria laddove sia nella disponibilità come nella fattispecie del titolare del bene principale ovvero del concessionario e sia necessario (e non soltanto utile) per lo sfruttamento del giacimento.
Secondo la giurisprudenza infatti affinché un bene prestato al servizio di una risorsa mineraria possa essere considerato una pertinenza della medesima, è necessario che il suo rapporto con la cosa principale rivesta i caratteri della necessità e non, invece, della mera utilità, come è per l’accezione civilistica della pertinenza; di conseguenza è pertinenza della fonte mineraria il bene che non arrechi al proficuo sfruttamento del giacimento una mera utilità, ma che si ponga come elemento necessario alla risorsa affinché ne sia consentito lo sfruttamento, ovvero che formi con la cosa principale un’unione strutturale trovandosi con la medesima in un reale rapporto di servizio immediato e attuale (Consiglio di Stato sez. V, 3 febbraio 2015, n.513).
Nella fattispecie il deposito oggetto di domanda di permesso di costruire appare funzionale alle esigenze di coltivazione mineraria benché invero non risulti certo il richiesto rapporto di necessità e non di mera utilità con il bene principale.
Ne discende in prima approssimazione anche l’interesse pubblico alla realizzazione dell’intervento edilizio per cui è causa, sia ai sensi dell’art. 20 L.R. 15/2013 in tema di permesso di costruire in deroga che dell’art. 53 L.R. 24/2017 in tema di realizzazione di opere in variante, essendo il manufatto oggetto della richiesta di permesso di costruire appunto funzionale al deposito di materiali di miniera.
Come infatti osservato dalla giurisprudenza, le concessioni minerarie sono correlate all’interesse pubblico perseguito attraverso un loro adeguato sfruttamento” (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 febbraio 1992, n. 139) ovvero al “perseguimento del pubblico interesse al razionale sfruttamento dei giacimenti minerari, al cui soddisfacimento deve essere volta l’attività estrattiva, anche se affidata alla mano privata” (Consiglio di Stato, sez. VI, 6 febbraio 1981, n. 22).
5.- Giova evidenziare per quel che qui rileva, che il R.D. n. 1443/1927 ben distingue le coltivazioni dei minerali in miniere e cave, essendo l’attività mineraria riservata all’Amministrazione ed esercitabile da parte dei privati mediante concessione amministrativa mentre l’attività di sfruttamento delle cave pertiene ai proprietari fondiari, pur fatto salvo il potere pubblicistico di avocazione, ed è soggetta in base alla legislazione regionale al regime dell’autorizzazione conformemente alla pianificazione estrattiva. Va al contempo rilevato che nell’attuale formulazione dell’art. 117 Cost in tema di riparto della potestà legislativa non risultano più menzionate tra le materie né le “cave e torbiere” né le “miniere”, si da rientrare nella generale competenza regionale residuale di cui al comma quarto art. 117 fermo naturalmente restando il limite dato dall’interferenza con la competenza statale esclusiva di cui al comma secondo sulle cd. materie trasversali o “non materie” (ex multis Corte Costituzionale n. 134/2021) nonchè della competenza esclusiva statale in tema di “produzione dell’energia”.
6.- Ciò premesso la pianificazione estrattiva sovracomunale e comunale, come condivisibilmente argomentato da parte ricorrente, non riguarda l’attività mineraria.
Secondo infatti il PIAE stesso della Provincia di Modena (doc. n. 17 art. 1 “definizioni”) il perimetro applicativo del Piano va circoscritto alle attività di cui al comma terzo dell’art. 2 del R.D. 1443/1927 ovvero alle cave e non alle miniere. Anche l’estratto del PAE del Comune di Sassuolo (doc. n. 18) conferma tale previsione.
Soltanto dunque l’attività estrattiva nelle cave è soggetta alla pianificazione estrattiva e non la coltivazione mineraria.
A maggior ragione poi tale pianificazione non riguarda, come nel caso di specie, la localizzazione non già di una miniera ma di una sua pertinenza ai sensi del citato art. 23 R.D. 1443/1927.
Del resto è lo stesso Comune resistente a confermarne (vedi pag. 3 memoria depositata il 17 giugno 2025 e diniego prot. 35187 del 24 luglio 2024 doc. n. 3) la non applicabilità della pianificazione estrattiva.
Ciò nonostante l’intervento proposto dalla ricorrente risulta allo stato incompatibile con la strumentazione urbanistica comunale vigente di cui al RUE ed al PSC, secondo cui sono consentiti solo interventi strettamente connessi con gli usi agricoli consentiti per gli ambiti AAP o opere di nuova costruzione solo se finalizzate alla conduzione agricola del fondo. Anche l’attività di estrazione mineraria è infatti soggetta alla pianificazione urbanistica assicurando la compatibilità ambientale ed il recupero del territorio.
La circostanza della inapplicabilità della pianificazione estrattiva di cui al PIAE e al PAE alle miniere, rende poi ancora più evidente la necessità di un approfondimento delle tematiche di tipo ambientale come peraltro rilevato dalle amministrazioni da ultimo partecipanti alla Conferenza.
7.- Alla luce delle suesposte argomentazioni il ricorso deve essere respinto, come da motivazione.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite attesa la complessità e la particolarità della controversia.
TAR EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA, II – sentenza 04.08.2025 n. 922