1.1.- Oggetto della domanda caducatoria di primo grado proposta da Ladinia s.r.l. era la deliberazione del Consiglio comunale di Ortisei n. 35 del 27 novembre 2023, avente ad oggetto: «Piano urbanistico – approvazione della modifica del piano urbanistico tramite individuazione di una zona per attrezzature collettive – Amministrazione e servizi pubblici» e l’«inserimento di una strada pedonale presso il sottocomparto “Ladinia” (p.ed. 1598, 168, 167/1, 167/2, p.f. 611/6, 2409/4, 609/10 C.C. Ortisei), ai sensi dell’art. 54, comma 1, della L.P. n. 9/2018 e presa di posizione sulle osservazioni presentate».
1.2.- Ladinia s.r.l. si dichiarava proprietaria delle particelle interessate («p.ed. 168, p.ed. 1289 e p.f. 611/6 in P.T. 54/II C.C; p.f. 614/4 in P.T. 805/II C.C.; p.ed. 167/2 in P.T. 1294/II C.C.»), site in zona residenziale «A3 – centro storico» (art. 11-ter norme di attuazione del PUC di Ortisei), su cui insisteva con un vecchio albergo con annessi giardino e parcheggio. In particolare, dette particelle sarebbero state ricomprese nella sottozona residenziale «A3 – centro storico – Hotel Ladinia», situata nel quadrante a sud-est di Piazza Sant’Antonio, nel centro di Ortisei.
1.3.- Con l’impugnata modifica urbanistica il Comune di Ortisei deliberava lo spostamento della stazione degli autobus dalla vicina Piazza Sant’Antonio all’areale di proprietà prevalente del signor Hans Ulrich Hofer e di Ladinia s.r.l.
1.4.- Le ragioni di illegittimità del provvedimento esposte da Ladinia s.r.l. erano compendiate: a) nella asserita errata destinazione dell’area a «Zona per attrezzature collettive – Amministrazione e servizi pubblici» e come «Zona per attrezzature pubbliche nel sottosuolo», in luogo della destinazione ad «Aree destinate alla viabilità e alla mobilità» come sarebbe stato richiesto dall’art. 31 l.p. n. 9 del 2018; b) nella utilizzabilità di altra area adiacente, già destinata a uso pubblico, mentre la scelta operata avrebbe determinato costi aggiuntivi e non sarebbe stata in linea con i principi di pianificazione e con le esigenze di mobilità sostenibile; c) le zone identificate come di interesse pubblico non avrebbero dovuto necessariamente diventare di proprietà pubblica, ma avrebbero potuto essere soggette a diritto di superficie; d) inoltre, il progetto della stazione degli autobus avrebbe messo a rischio l’attività alberghiera di Ladinia s.r.l., privandola degli spazi necessari per i parcheggi richiesti dalla normativa urbanistica.
1.5.- Il Comune di Ortisei si opponeva all’accoglimento del ricorso.
1.6.- Il T.r.g.a. – Sezione autonoma di Bolzano, con sentenza n. 177 del 2024 rigettava il ricorso sulla base di un iter argomentativo così articolato:
– poiché per la realizzazione del programmato spostamento della stazione degli autobus è necessario il ricorso allo strumento espropriativo, bene ha scelto il Comune di Ortisei di avvalersi della disciplina di zona dettata dall’art. 32 l.p. n. 9 del 2018, l’unica che sarebbe in grado di consentire sia l’apposizione di un vincolo preespropriativo, sia la stipula di eventuali convenzioni attuative con i privati;
– l’Amministrazione avrebbe agito nell’esercizio della propria discrezionalità in materia urbanistica la quale non avrebbe leso l’affidamento del privato, considerato, peraltro, che «la proposta di collocare la stazione degli autobus all’incrocio tra la strada Tresval e la via Rezia costituisce l’esito di un’attenta progettazione ingegneristica, iniziata nel 2016 ed aggiornata nel 2020 ad opera di uno studio tecnico svizzero appositamente incaricato dal Comune di Ortisei»;
– l’alternativa ipotizzata dalla ricorrente non sarebbe stata proposta in sede procedimentale, sicché non sarebbe stato possibile valutarne il rapporto costi – benefici, sarebbe progettualmente incerta (poiché ricadente anche su territorio del Comune di Castelrotto) e sarebbe realizzabile soltanto nel lungo periodo (mentre nel caso di specie la soluzione al problema del traffico e la valorizzazione del territorio per pedoni e ciclisti avrebbe rilevanza primaria);
– poiché la superficie complessivamente vincolata a carico della ricorrente ammonterebbe a 237,7 mq. e, dunque, si tratterebbe di una superficie assai ridotta sì da rendere ingiustificati tutti i timori paventati dalla ricorrente sull’eventuale riavvio di un’attività ricettiva nel vecchio albergo Ladinia, i posti auto a ciò necessari potrebbero essere ricavati tanto al di sotto dell’albergo (su di una superfice di 540 m²), quanto sull’antistante p.f. 616/6, nella parte non gravata dal vincolo nel sottosuolo (pari a 864,17 m²);
– sarebbe stata prevista una possibilità di accordo con Lavinia s.r.l. «riguardo al tracciato della strada pedonale»;
– complessivamente la scelta dell’Amministrazione non sarebbe stata sproporzionata.
2.- Avverso la predetta sentenza ha interposto appello Ladinia s.r.l. la quale ne ha chiesto la riforma sulla base delle seguenti doglianze:
i) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della L.P n. 9 del 10.07.2018 Territorio e paesaggio. Erronea considerazione della disciplina applicabile alla fattispecie di cui è causa. Sarebbe errata la lettura che degli artt. 31 e 32 avrebbe offerto il T.r.g.a., sul rilievo che oggetto della deliberazione consiliare impugnata è una previsione di viabilità e come tale, le aree oggetto di delibera avrebbero dovuto essere destinate alla viabilità e alla mobilità, come espressamente previsto dall’art. 31 l.p. n. 9 del 2018 e non a «Zona per attrezzature collettive – Amministrazione e servizi pubblici»;
ii) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, c. b), i) e m), 17, 18, l.p n. 9 del 2018; erronea considerazione della disciplina applicabile alla fattispecie. Il Comune disporrebbe di un diritto di superficie su un’area vicina, sempre adiacente alla strada di collegamento della Val Gardena, la «Tresval», la quale sarebbe dotata di tutti i presupposti per essere adibita a stazione degli autobus senza pregiudicare la proprietà di alcuno. La tesi del T.r.g.a. secondo cui la scelta sarebbe ‘blindata’ dalla discrezionalità amministrativa non terrebbe conto che, nel caso di specie, ci si troverebbe al cospetto di una scelta arbitraria e irragionevole che non considererebbe la «salvaguardia del terreno». Il tutto in un assetto nel quale la disciplina provinciale deporrebbe, tra l’altro, a favore della valorizzazione del patrimonio edilizio esistente, delle esigenze di mobilità e della limitazione del consumo di suolo;
iii) Violazione e falsa applicazione artt. 42 e 43 Cost.; artt. 832 e 834 c.c., art. 1 l.p. n. 10/1991, nonché art. 7 l.p. n. 17 del 1993 e del principio del giusto procedimento; erronea considerazione della disciplina applicabile alla fattispecie di cui è causa. La regola di proporzionalità avrebbe imposto la realizzazione della stazione degli autobus in forza di un diritto di superficie e non necessariamente attraverso l’espropriazione del diritto di proprietà, dovendo, in tesi, la società comprovare in vista di una futura ristrutturazione la adeguata presenza di parcheggi (aspetto su cui il T.r.g.a. non avrebbe reso una adeguata motivazione). La sproporzione tra l’interesse pubblico contestato, all’ottenimento di garage a rotazione nel sottosuolo dell’area Ladinia s.r.l. e il sacrificio del diritto di proprietà di quest’ultima sarebbe evidente; sproporzione che varrebbe, poi, anche per la destinazione pubblica che il comune vorrebbe imporre alla parte est della p.f. 611/6, che in nessun modo sarebbe toccata dall’area destinata ai bus.
3.- Si è costituito in giudizio il Comune di Ortisei, il quale con memoria ha contrastato le pretese di parte appellante ed ha concluso per l’infondatezza dell’appello. Sostiene il Comune che:
– la destinazione a zona per attrezzature pubbliche sarebbe derivata dall’allegato A DPP n. 24 del 2020, il quale non presenterebbe la definizione di «aree destinate alla viabilità e mobilità» invocata dall’appellante: detta destinazione, come prevista dall’art. 32 l.p. n. 9 del 2018, sarebbe quella più idonea ed appropriata per la stazione degli autobus, in presenza di una attrezzatura pubblica funzionale allo svolgimento del servizio di trasporto pubblico;
– la zonizzazione del territorio costituirebbe frutto del potere discrezionale della pubblica amministrazione, così come l’individuazione del sito prescelto;
– la scelta del Comune di Ortisei sarebbe legata oltre che a motivi di viabilità e di sicurezza pubblica, all’esigenza di salvaguardare e rivalorizzare la storica piazza S. Antonio e alla necessità di regolare il flusso del traffico;
– il Comune avrebbe agito nel rispetto dei principi di cu all’art. 2 l.p. n. 9 del 2018;
– la particella 611/6 sarebbe destinata all’espropriazione poiché – in quanto già destinata a parcheggio – non necessiterebbe di interventi per la destinazione prevista;
– la porzione di area ricadente sul Comune di Castelrotto non potrebbe essere espropriata e sulla stessa peraltro, insisterebbe una pista di pattinaggio e comunque non sarebbe – nella valutazione del Comune – idonea;
– quanto all’utilizzabilità di un diritto di superficie, il Comune si sarebbe attivato per la conclusione un accordo con l’appellante che però non è intervenuto;
– i parcheggi necessari a Ladinia s.r.l. potranno essere realizzati sia nel sottosuolo dell’albergo stesso (p.ed. 168 c.c. Ortisei), sia sulla superficie di gran parte della p.f. 611/6 c.c. Ortisei (che rimarrebbe nella proprietà della Ladinia s.r.l.), sia nel sottosuolo della stessa (che non sarebbe coinvolta dalla modifica al PCTP);
– il Comune avrebbe gravato di vincolo solamente la proprietà privata strettamente necessaria per la realizzazione della stazione degli autobus: non si tratterebbe, in ogni caso, di un sacrificio ingiustificato del diritto di proprietà della ricorrente, bensì di un’operazione necessaria al fine di dare alla stazione degli autobus lo spazio che serve, garantendo così ai cittadini un miglior servizio e maggior sicurezza, e rivalorizzando il centro storico di Ortisei.
4.-In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato rispettive memorie di replica l’appellante ha eccepito l’inammissibilità della memoria di replica del Comune (cfr. verbale di udienza).
5.- All’udienza pubblica del 12 giugno 2025, presenti i procuratori delle parti, l’appello, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.
6.1.- Preliminarmente, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla parte privata, va dichiarata l’inammissibilità della memoria di replica del Comune di Ortisei depositata il 22 maggio 2025, la quale va pertanto stralciata dagli atti del giudizio. L’art. 73, comma 1, c.p.a, per il quale «le parti possono […] presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza, fino a venti giorni liberi», consente di trarre il corollario che l’oggetto della replica debba restare contenuto nei limiti della funzione di contrasto alle difese svolte nella memoria conclusionale avversaria, onde evitare che il deposito della memoria di replica si traduca in un mezzo per eludere il termine di legge per il deposito delle memorie conclusionali (Cons. Stato, sez. II, n. 6534 del 2019).
Ancora, si è osservato che «[l]a giurisprudenza del giudice amministrativo ha chiarito che ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a., […] le repliche sono ammissibili solo ove conseguenti ad atti della controparte ulteriori rispetto a quelli di risposta alle iniziative processuali della parte stessa (ricorso, motivi aggiunti, memorie, documenti, ecc.), atteso che la ratio legis si individua nell’impedire la proliferazione degli atti difensivi, nel garantire la par condicio delle parti, nell’evitare elusioni dei termini per la presentazione delle memorie e, soprattutto, nel contrastare l’espediente processuale della concentrazione delle difese nelle memorie di replica con la conseguente impossibilità per l’avversario di controdedurre per iscritto (Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5676). Né la memoria di replica può essere considerata prima memoria se depositata, come nel caso all’esame del Collegio, oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 73 c.p.a. (Cons. St., sez. III, 28 gennaio 2015, n. 390; 4 giugno 2014, n. 2861)» (Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2019, n. 2855).
6.2.- Ciò, naturalmente, fatta salva la possibilità di replicare alla produzione di nuovi documenti, come parimenti previsto dall’art. 73, comma 1.
6.3.- E’ del tutto evidente che, nel caso di specie, l’impiego della memoria di replica per introdurre, per la prima volta, l’esistenza di un fatto storico rilevante è avvenuto in modo irrituale, integrando una condotta processuale non sincronizzabile con la logica, la ratio e la complessiva disciplina dei termini dettata dall’art. 73, comma 1, c.p.a.
7.- Nel merito, la vicenda attiene al corretto esercizio della funzione di pianificazione urbanistica la quale è tradizionalmente rimessa all’autonomia dei Comuni, fin dalla l. n. 2359 del 1865 («Espropriazioni per causa di utilità pubblica»). Essa «rientra in quel nucleo di funzioni amministrative intimamente connesso al riconoscimento del principio dell’autonomia comunale» (Corte cost. n. 179 del 2019), ed è oggi individuata tra le «funzioni fondamentali» dei comuni ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., il cui sistema «assegna in modo preminente ai Comuni, quali enti locali più vicini al territorio, la valutazione generale degli interessi coinvolti nell’attività urbanistica ed edilizia» (Corte cost. n. 119 del 2020).
8.- Il ‘merito’ della scelta relativa alla localizzazione di un’opera pubblica – quale è quella di cui trattasi – resta, in linea di massima, sottratto al sindacato del giudice amministrativo, con le sole eccezioni della illogicità, del travisamento e della contraddittorietà, fermo restando che l’amministrazione procedente è tenuta a dare conto, nella relativa determinazione, dell’avvenuta valutazione e considerazione di tutti gli interessi coinvolti e, segnatamente, di quelli sacrificati; resta tuttavia inibito al sindacato giurisdizionale sull’eccesso di potere ogni possibilità di sovrapporre una nuova graduazione di interessi in conflitto alla valutazione che di essi sia stata già compiuta dall’organo competente, in quanto profilo attinente al merito in senso stretto dell’azione amministrativa (cfr., in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, n. 9745 del 2022).
9.- Sul versante sovranazionale e in relazione alla violazione dell’art. 1 Protocollo n. 1 CEDU («Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale […]»), è stato evidenziato che in un ambito «così complesso e difficile come quello della pianificazione urbana, gli Stati contraenti godono di un ampio margine di apprezzamento nel condurre la loro politica urbanistica» (Terazzi S.r.l. c. Italia, n. 27265/95, § 85, 17 ottobre 2002; Elia S.r.l. c. Italia, n. 37710/97, § 77, CEDU 2001-IX; e Saliba c. Malta, n. 4251/02, § 45, 8 novembre 2005)» e «in assenza di una decisione manifestamente arbitraria o irragionevole, la Corte non può sostituire la propria valutazione a quella delle autorità nazionali per quanto riguarda la scelta dei mezzi più idonei per ottenere, a livello nazionale, i risultati perseguiti da tale politica» (Corte eur. dir. uomo, 3 marzo 2015, sez. IV, ric. n. 56449/07, Alessandro Scagliarini e altri contro Italia).
10.- Data tale premessa può passarsi all’esame dei singoli motivi di doglianza posti a base dell’appello, il quale è complessivamente infondato.
11.- Il primo motivo è infondato.
11.1.- In primo luogo va rilevato il testo della disposizione dell’art. 31, comma 1, l.p. n. 9 del 2018, secondo cui «Le aree destinate alla viabilità e alla mobilità comprendono le piazze, le strade, i percorsi pedonali e ciclabili, i parcheggi di superficie e interrati e le aree per le infrastrutture per il trasporto pubblico» non può essere letto, secondo le correnti regole interpretative, nel senso che il percorso di mobilità debbano essere attratti tutti alla proprietà pubblica, risultando, diversamente, detta disposizione indicare il perimetro delle «aree destinate alla viabilità e alla mobilità». A ciò va aggiunto quanto evidenziato dal Comune circa la vincolatività delle previsioni di cui al DPP n. 24 del 2020 in punto di definizione delle destinazioni.
11.2.- E’ evidente che all’interno di detto perimetro ricadano anche cespiti da acquisirsi al patrimonio pubblico nelle forme e modalità di legge, compresa quella espropriativa (in quest’ultimo caso, previa apposizione del corrispondente vincolo urbanistico).
11.3.- Per converso, corretta si rivela la destinazione dell’area ad attrezzature collettive e pubbliche, risultando essa comprensiva di quanto destinato a viabilità e mobilità, e, dunque, in linea con gli interventi programmati.
12.- Parimenti infondati sono il secondo e terzo motivo d’appello, i quali, per la omogeneità sostanziale delle questioni prospettate, possono essere esaminati congiuntamente.
13.- La scelta del sito in cui realizzare la nuova stazione rappresenta espressione di una valutazione discrezionale dell’Amministrazione, sindacabile solo entro i limiti sopra indicati. Peraltro, l’appellante non ha evidenziato concreti motivi di manifesta irragionevolezza o illogicità nella decisione urbanistica adottata, sicché ogni doglianza circa l’opportunità della localizzazione prescelta risulta di limitata rilevanza sul piano del sindacato giurisdizionale, soprattutto in presenza di una motivazione adeguata, quale quella di specie, a fondamento della decisione stessa.
Va inoltre considerato che le motivazioni addotte dal Comune per giustificare la localizzazione della stazione – fondate su esigenze di sicurezza pubblica e fluidità del traffico – risultano sufficienti a dimostrare il corretto esercizio del potere discrezionale. Ciò, indipendentemente dalla ritenuta inadeguatezza dei siti alternativi proposti dalla parte privata, alcuni dei quali ricadono peraltro in aree appartenenti ad altri enti territoriali e non risultano idonei a soddisfare gli obiettivi perseguiti dal Comune.
14.- Alla stessa stregua, l’opzione di ipotizzare la costituzione di un diritto di superficie intercetta anch’essa la discrezionalità del Comune – che ben può scegliere di essere proprietario a titolo originario – e la stessa non sarebbe utile a conseguire risultati che necessiterebbero, all’evidenza, di un accordo tra le parti che, fin qui, non risulta essere stato raggiunto. In tal senso nessuna violazione della regola di proporzionalità viene in evidenza, così come conforme a legge si mostra l’espropriazione riguardante la porzione est della particella 611/6 c.c., dichiarata dal Comune di utilità alle progettate attività.
15.- Conclusivamente, l’appello va rigettato con conseguente conferma nell’esito dell’impugnata sentenza.
16.- Le spese del grado possono essere compensate tra le parti in ragione degli specifici profili della controversia.
CONSIGLIO DI STATO, VI – sentenza 25.07.2025 n. 6625